RAPPRESENTANZA MILITARE: IL VERO CAMBIAMENTO PARTE DAL PLURALISMO E DALL'INDIPENDENZA. ATTESE, QUESTE, NON PROROGABILI. Di Antonio Todisco

martedì 09 febbraio 2016

L’uomo in generale (e il militare in particolare) è resistente al cambiamento, ma in una società in continua evoluzione, come la nostra, cambiare è necessario altrimenti è la società stessa che muore. Il cambiamento inizia dal metodo, dalle idee e dai progetti di cui i cittadini/lavoratori devono essere necessariamente protagonisti consapevoli.

Le organizzazioni meno inclini al cambiamento erano (e sono) proprio quelle di stampo “feudale” nelle quali il rinnovamento veniva camuffato da una sorta di decentralizzazione di poteri a livello territoriale, dove la partecipazione proattiva del suddito-lavoratore, alla vita della comunità, era semplicemente fittizia, se non impossibile.

Non a caso, infatti, nella società feudale, molti schiavi, acquistata la libertà, diventarono coloni, ma rimanendo vincolati alla terra a loro assegnata, per pagare le tasse alla signoria del posto si trasformarono in servi della gleba, ovvero in “diversamente-schiavi”. Pertanto non potendo accedere alla sfera dei diritti fondamentali della persona, pilastri della società civile evoluta dei nostri tempi, a questi era preclusa ogni possibilità di autodeterminazione.

In questo scenario di fondo, s’innesta il teatro delle organizzazioni militari di oggi e dell’attuale modello della rappresentanza del personale. Nelle organizzazioni militari, infatti, i problemi sollevati dalla base si perdono nei meandri della burocrazia e nei legacci degli organismi stessi, che soffrono limitazioni legislative e regolamentari di stampo medievale non più in linea con i dettami di una società europea evoluta.

Una delle caratteristiche fondamentali degli organismi deputati alla tutela del personale dovrebbe essere l’indipendenza dall'amministrazione di appartenenza; tuttavia questo requisito, nel sistema della Rappresentanza militare, nel 2016 è ancora un sogno. Questa carenza si riflette inevitabilmente anche sulla partecipazione alla vita professionale del lavoratore e finisce con l’avere ripercussioni sull'efficienza stessa dell'organizzazione militare. Condizione, questa, appesantita enormemente anche dalla mancanza di pluralismo degli organi deputati alla rappresentanza del personale.

Se a tutto ciò aggiungiamo che l’attuale mandato, come il precedente, ha ottenuto la proroga di un anno alla sua scadenza naturale, appare evidente che il diritto dei lavoratori militari di poter scegliere e/o valutare l’operato dei propri rappresentanti è stato letteralmente schiacciato da interessi trasversali che vedono, nella scusa del riforma della Rappresentanza Militare, un pretesto per rinviare un ammodernamento del sistema che di fatto non è più rinviabile.

Il vero cambiamento, quindi, deve portare in se il seme del pluralismo e dall’indipendenza, ma anche dalla certezza del diritto: un mandato elettorale non può essere prorogato. Bisogna consentire ai lavoratori di partecipare attivamente a tutti gli ambiti della vita professionale, consentendo loro una piena rappresentatività sindacale che superi i rischi della frammentazione delle sigle, ma trovi, nell’unitarietà (e non nell’unicità), un modello che sia in linea con gli standard già previsti dall’Unione Europea.

 

Antonio Todisco

Segretario della Sezione Territoriale

Tricase – Capo di Leuca


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