REPUBBLICA: QUESTO NON E' UN LAVORO PER VECCHI (parte sicurezza) Alberto Custodero

giovedì 31 marzo 2016

TRATTO DA REPUBBLICA.IT LE INCHIESTE: QUESTO NON E' UN LAVORO PER VECCHI (PARTE SICUREZZA)  Alberto Custodero.

Professori sempre più stanchi e stressati protagonisti di episodi di bullismo alla rovescia; infermieri anziani costretti a turni di notte che sperano di ottenere l'inidoneità ai servizi più pesanti; poliziotti che dovrebbero correre dietro ai ladri pur avendo superato i 60. Sono alcune delle paradossali conseguenze dell'innalzamento dell'età pensionabile e del blocco del turnover nella pubblica amministrazione, un settore dove ormai solo il 3% dei lavoratori ha meno di 30 anni

 
"Pattugliare le strade a 60 anni non è cosa"
 

ROMA - Agenti coi capelli bianchi. E stressati. L'età media degli ufficiali tra le forze dell’ordine è di 53 anni, quella tra i sottufficiali di 46. "Il ricambio generazionale – dice Giuseppe Tiani, segretario generale del Siap – è stato interrotto da quella oscena norma voluta tra il 2008 e il 2009 dal governo di centrodestra Berlusconi, ministro dell’Interno il leghista Maroni, che aveva bloccato il turnover al 20 per cento: ogni cento che uscivano, solo 20 entravano".

Gli ispettori hanno un’età media tra 56 e 58 anni, 43 mila assistenti capo, la gran parte impegnata in reparti operativi, sono tra i 54 55 anni. Una norma del Contratto nazionale del lavoro prevede che gli ultracinquantenni, nel comparto sicurezza, non siano più adibiti a compiti operativi. "La realtà è drammatica – aggiunge Tiani – personale alle soglie dei 60 anni costretto a stare sulle pattuglie in strada. Colleghi con più di trent’anni di servizio sottoposti al turno conosciuto come ‘h 24’, che è massacrante perché ti sfasa il metabolismo. L’orario ruota così: dalle 19 alle 24 il primo giorno, dalle 13 alle 19 il secondo, dalle 7 alle 13 il terzo. E poi la notte da mezzanotte alle 7. Faticosissimo recuperare, impossibile avere una vita privata. Si regge quando si è giovani. A una certa età è facile crollare".


Il problema dell’invecchiamento è molto sentito anche tra i dirigenti. Lorena La Spina, segretario nazionale dei Funzionari (Anfp), spiega: "Il problema dell'età media molto elevata (circa 47 anni) nella Polizia di Stato è fortemente avvertito anche dalla categoria dei funzionari. A causa di scelte errate del passato, c’è stata una forte limitazione delle possibilità di progressione interna. E ora l'età media di accesso alla dirigenza è di circa 49 anni, con oltre vent’anni di servizio”. Ma, osserva la segretaria Anfp, “il 55% circa dei funzionari non ci arriverà mai, a causa dell'esiguo numero di posti disponibili". L’età media cresce, e crescono i carichi di lavoro. “Anche ad oltre cinquant'anni di età – continua La Spina - siamo chiamati a gestire i più delicati e complessi servizi di controllo del territorio e di ordine pubblico, garantendo una costante reperibilità ed assumendo decisioni essenziali per la sicurezza personale e collettiva, spesso in pochi minuti”.

Eccesso di stress e sindrome di burnout, nel mondo delle divise, vanno di pari passo. "È un fenomeno - sottolinea ancora Tiani - che non riguarda certo tutti i centomila poliziotti, però esiste. Ci sono mansioni che creano forti impatti emotivi sugli operatori. Gli agenti della stradale si trovano di continuo a vedere corpi straziati degli incidenti. I colleghi della polizia ferroviaria vivono un incubo analogo durante il rilevamento dei suicidi sotto i treni. Gli uomini delle Volanti e delle Squadre Mobili sono sempre in contatto con morti ammazzati. Particolarmente esposti quelli che lavorano nelle zone di mafia dove periodicamente ci sono stragi di camorra, di mafia e di ‘ndrangheta con centinaia di morti all’anno".

Tra chi soffre perché somatizza le sofferenze cui si viene a contatto durante il lavoro ci sono gli agenti che lavorano nelle cosiddette "fasce deboli", ruoli di grande responsabilità spesso sottovalutati. "Sono donne e uomini – ricorda Tiani – che lavorano per anni e anni a negli uffici dei Tribunali dei Minori, accanto a drammi familiari, a minori e donne vittime di violenze. Impossibile operare con un pieno distacco, e quelle indagini finiscono per lasciare un segno indelebile negli animi di chi indaga".

C’è, poi, da alcuni anni, una nuova realtà a creare stress

emotivi non indifferenti. “Pensate – osserva il segretario del Siap - a quegli agenti che per tutto l’anno sono addetti sulle coste al primo intervento durante gli sbarchi. Si trovano a raccogliere immigrati morti o semimorti sulla battigia delle nostre spiagge, assisterli nei Centri di identificazione ed espulsione, che non sono certo degli alberghi, ascoltare le loro drammatiche storie: per quanto puoi esser duro di cuore, alla fine ti stringe il cuore. E ti logora". 

 


Tua email:   Invia a: