CASO ANFI, LA DEMOCRAZIA APPARENTE - di Giuseppe Fortuna

lunedì 27 maggio 2002

La vicenda delle elezioni Anfi presenta molteplici aspetti davvero singolari.

E' curioso, ad esempio, che una associazione tanto diffusa sul territorio, com'è l'Anfi, introduca per l'elezione del suo presidente nazionale il requisito della residenza obbligatoria a Roma che sacrifica in modo immotivato e gratuito il diritto di elettorato dei soci - e sono la stragrande maggioranza - che risiedono fuori della capitale.

Altrettanto curioso è che nello statuto ci si sia dimenticati di prevedere un limite temporale per la rielezione del presidente, disposizione tanto più necessaria quanto meno condivise sono le regole consuetudiarie e di bon ton dell'alternanza.

Meno curiose le modalità di elezione delle cariche nazionali che, senza entrare nel dettaglio, si atteggiano in modo simile al meccanismo delle liste.

Senonché, il meccanismo delle liste funziona bene a patto che sia permesso ai candidati:

1) di organizzarsi in almeno due liste concorrenti;

2) di svolgere azione di propaganda a parità di condizioni.

E sta proprio qui il punto di maggior delicatezza di tutta la vicenda.

Il nuovo statuto, infatti, si dilunga sulle modalità di elezione degli organi nazionali e territoriali in venti lunghi, dettagliatissimi articoli ma, sorprendentemente, si dimentica di dettare una seppur minima regola in tema di propaganda.

Con la conseguenza che ognuno è libero di fare come vuole.

Una libertà di cui sembra si sia avvalso per primo proprio il Presidente nazionale uscente (e subito rientrante), che dall'alto della sua posizione non avrebbe esitato a spedire lettere per pubblicizzare la sua personalissima "lista", senza curarsi della valanga di critiche che tale comportamento ha puntualmente e giustamente suscitato.

Insomma, è chiaro che l'Anfi vive in una situazione di democrazia apparente perché non sono garantite a tutti gli aventi diritto, come si dovrebbe, pari opportunità per proporsi, concorrere e prevalere nell'agone elettorale.

Che si può fare? Alcuni propongono ricorsi agli organi interni o al giudice civile. Noi ci sentiamo di richiamare l'attenzione delle autorità tutorie - Ministro e Comandante generale GDF - alle quali spetta il compito, morale prima ancora che giuridico, di adoperarsi per riportare serenità e concordia in una associazione così importante per il Corpo.

 

GIUSEPPE FORTUNA


Tua email:   Invia a: