R.IT: TARANTO, TANGENTI DAGLI IMPRENDITORI: LA MARINA CHIEDE UN MILIONE DI DANNI AI 9 UFFICIALI NELL'INCHIESTA
R.IT: TARANTO, TANGENTI DAGLI IMPRENDITORI: LA MARINA CHIEDE UN MILIONE DI DANNI AI 9 UFFICIALI NELL'INCHIESTA
Rito abbreviato per il capitano Roberto La Gioia: è l’ufficiale che per primo confessò 'il sistema del 10 per cento', la tangente fissa sugli appalti imposta con le minacce ai fornitori dagli ufficiali della base tarantina di VITTORIO RICAPITO
25 novembre 2016
TARANTO - La Marina militare chiede i danni agli ufficiali coinvolti nell'inchiesta delle tangenti imposte agli imprenditori nella base di Maricommi a Taranto. Un milione di euro è il conto per i danni morali, ancora da quantificare quelli materiali, presentato all'udienza preliminare nei confronti di nove ufficiali, un sottufficiale e un dipendente civile per i quali la Procura di Taranto ha chiesto il rinvio a giudizio per concussione. Rito abbreviato per il capitano Roberto La Gioia, l'ufficiale che per primo confessò ai carabinieri il 'sistema del 10 per cento', la tangente fissa sugli appalti imposta con le minacce ai fornitori dagli ufficiali della base tarantina. Udienza preliminare aggiornata al 14 febbraio per decidere sulle costituzioni di parti civili e richieste di riti alternativi.
Per il presunto giro di tangenti estorte, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per 11 imputati accusati di concussione: l'ex direttore della base Fabrizio Germani; gli ex vicedirettori Marco Boccadamo, Giuseppe Coroneo e Riccardo Di Donna, gli ex comandanti del 4° e 5° reparto Roberto La Gioia, Giovanni Cusmano, Alessandro Dore e Giovanni Caso; l'ufficiale di Stato maggiore Attilio Vecchi; un sottufficiale responsabile di deposito, Antonio Summa, e un dipendente civile della base, Leandro De Benedectis. Secondo l'accusa del pm Maurizio Carbone, la percentuale fissa sull'importo degli appalti era imposta con la minaccia di rallentare i pagamenti o escludere le aziende dal giro d'affari.
Arrestato dai carabinieri a marzo 2014 mentre intasca una tangente nel suo ufficio, il capitano La Gioia confessa e contribuisce a decifrare i file di alcune pen drive che contengono la lista di chi paga e la successiva spartizione delle somme. Dall'inchiesta emerge che c'è una fetta per tutti. Una parte delle mazzette arriva perfino a Roma, ad Attilio Vecchi, un alto ufficiale dello Stato maggiore che si occupa di garantire i fondi per le forniture destinate alla flotta di stanza a Taranto.
Nel giro di due anni l'inchiesta del sostituto procuratore Maurizio Carbone registra sequestri per mezzo milione di euro e tre ondate di arresti. Le tangenti viaggiano negli uffici in maniera spudorata perfino dopo l'arresto in flagranza del capitano La Gioia. Nonostante gli investigatori abbiano la contabilità occulta, gli imprenditori sono reticenti. Ammettono di aver pagato e fanno i nomi solo dopo l'arresto degli ufficiali coinvolti.
"Ci dicevano che era una prassi, una disposizione dei superiori ai quali andavano le bustarelle", racconta ai carabinieri uno di loro. Un altro spiega di aver pagato negli anni tangenti per 150mila euro pur di lavorare. Un altro ancora, invece, riferisce di aver segnalato al vice direttore della base di aver subìto minacce e richieste ma è finito escluso da tutte le gare e fallito nel giro di un anno. Quella che gli ufficiali definiscono "una prassi", un "contributo natalizio", per i magistrati è un vero e proprio sistema di pizzo imposto "in modo rigido e con brutale e talora sfacciata protervia, come fa la malavita organizzata", scrive il gip Pompeo Carriere nella prima ordinanza di custodia cautelare.
Le indagini del pm Carbone non si sono fermate. E neanche il giro di tangenti, a quanto pare. Si cambia sistema: il pizzo, secondo gli investigatori, non è più imposto ma concordato con un cartello di imprenditori che così escludono la concorrenza e pilotano tutte le gare. A settembre 2016 un altro clamoroso arresto in flagranza: il nuovo comandante di Maricommi, il capitano Giovanni Di Guardo, mandato dalla Marina militare a fare pulizia dopo lo scandalo delle tangenti e gli arresti viene pizzicato mentre riceve dall'imprenditore
Vincenzo Pastore, sindaco di Roccaforzata, una bustarella per pilotare una gara d'appalto da 11 milioni di euro.
Qualche giorno più tyardi finisce in manette per corruzione anche il braccio destro dell'ufficiale, la tenente Francesca Mola, primo ufficiale donna a finire in carcere. Neanche un mese dopo, nuova ondata di arresti. In carcere finisce anche la compagna di Di Guardo, insieme con alcuni imprenditori accusati di associazione per delinquere. (R.it)