L’IMMAGINE DEL CORPO MILITARE TRA REALTA’ E ILLUSIONE di Cleto Iafrate
“Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame? –
Chiedeva la perfida regina allo specchio magico; che, puntualmente, rispondeva:
«Voi siete la più bella di tutte, o mia Regina.»
Un giorno, la Regina pose la solita domanda e si senti rispondere dallo specchio:
«Voi siete certamente molto bella, o mia Regina, ma Biancaneve è più bella! »
La Regina per l'ira e la rabbia ruppe lo specchio e ordinò al cacciatore di eliminare Biancaneve, perché la faceva sentire vecchia e rugosa. E lei di lifting e maquillage non voleva proprio sentir parlare.
Passiamo dalle fiaba alla realtà.
Un militare è stato sanzionato disciplinarmente con sette giorni di consegna di rigore[1] per avere postato nel suo profilo Facebook alcune foto dell'accampamento militare in cui si trovava assieme ad altri militari adibiti alla sorveglianza del sito Expo.
Le fotografie ritraevano le tende e l'intero accampamento allagati e in precarie condizioni.
Il militare ha impugnato, innanzi al TAR competente[2], la sanzione disciplinare inflittagli per avere tenuto una “condotta...in contrasto con i principi etici che costituiscono i fondamenti dell’identità militare, quale la disciplina, l’integrità morale e lo spirito di corpo”.
Il TAR ha rigettato il ricorso adducendo motivazioni alquanto singolari: “i social network in particolare Facebook non possono essere considerati come siti privati, in quanto non solo accessibili ai soggetti non noti cui il titolare del sito consente l'accesso, ma altresì suscettibili di divulgazione dei contenuti anche in altri siti. In sostanza, la collocazione di una fotografia o di un testo su Facebook implica una sua possibile diffusione a un numero imprecisato e non prevedibile di soggetti e quindi va considerato, sia pure con alcuni limiti, come un sito pubblico”.
Il Tar ha aggiunto che il ricorrente aveva indubbiamente diritto a fare presente disagi e critiche sulla situazione in cui si era trovato ad operare, ma avrebbe dovuto utilizzare altri mezzi riservati.
La sentenza in esame si inserisce nel delicato rapporto che il potere intende stabilire con l’informazione. Tale rapporto è ago della bilancia che mette in evidenza l’architettura complessiva di un ordinamento giuridico.
E’ vero che i social network, in particolare Facebook, sono delle piazze virtuali, ma è altrettanto vero che al potere non è dato stabilire ciò che è bene che si sappia e ciò che invece il popolo non deve sapere; se così fosse, non ci sarebbe più un popolo ma dei sudditi.
La decisione del TAR mi fa venire in mente Il Principe di Machiavelli. L’autore sottolinea la necessità che il Principe sia benvoluto dal popolo; benevolenza, tuttavia, da ottenersi attraverso la simulazione delle virtù, la dissimulazione dei vizi.
Si consideri che le foto dal profilo Facebook del militare finirono in un articolo pubblicato da Libero il 7 maggio 2015, dal titolo “Immigrati in caserma, soldati in tenda”, nel quale si affermava che il trattamento riservato ai richiedenti asilo sia migliore di quello pensato per i militari di vigilanza ad Expo. Ne scaturì un dibattito pubblico sull’opportunità di tenere “i nostri ragazzi” – come spesso vengono definiti nei discorsi istituzionali – in tenda e nel fango.
Punire il militare che ha pubblicato le foto equivale a rompere lo specchio per nascondere le rughe e sottende un’idea di potere basato sull’illusione e la manipolazione del consenso popolare.
Cleto Iafrate
Direttore del “Laboratorio delle idee” di Ficiesse
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[2] TAR Friuli Venezia Giulia, sez. I, sentenza n. 562/16; depositata il 12 dicembre 2016.