SUICIDI IN POLIZIA: UN FENOMENO FIN TROPPO SOTTOVALUTATO

mercoledì 15 febbraio 2017

Di Daniele Tissone

Segretario generale Silp CGIL

Due nostri colleghi, due poliziotti, ci hanno prematuramente lasciati a distanza di pochi giorni. Sto parlando di Andrea e di Antonello. Tutto è avvenuto in circostanze tragiche, attraverso un gesto che ha interrotto le loro vite, definito spesso assurdo o ingiustificabile. Un gesto che genera nei familiari e negli amici più cari un dolore sordo, quasi impalpabile, ma fortissimo.

Andrea lo conoscevo; di Antonello mi hanno parlato tante persone che lo conoscevano bene. Due "ragazzi" tranquilli, ben voluti dai colleghi. Due persone che, almeno apparentemente, non mostravano segni di disagio o problemi particolari. Nel 2016 ci sono stati 9 suicidi nella sola Polizia di Stato, col nuovo anno altri due operatori hanno compiuto lo stesso, terribile gesto.

Nei convegni professionali - organizzati anche dal Silp Cgil - e nei seminari scientifici si parla spesso di questo argomento, si sviluppano analisi importanti e si ricercano soluzioni. Non è facile muoversi o intervenire. Personalmente, credo che almeno un paio di aspetti non possano essere sottaciuti. Il primo è che il lavoro del poliziotto è altamente stressante, "pesante per definizione" come direbbe qualcuno.

Il secondo è che l'unica arma vincente che possiamo utilizzare è quella della prevenzione, che vale per noi e per tutte le categorie a rischio. Lo dimostrano i recenti provvedimenti presi in Francia a seguito del generalizzato malessere tra gli operatori nonché in relazione ad un innalzamento degli episodi di suicidio: un approccio che è stato di valutazione del fenomeno e, successivamente, di reale prevenzione.

Per prevenire nel miglior modo possibile e adottare azioni di tutela specifiche è, in ogni caso, necessario conoscere a fondo la problematica e questa "conoscenza" non può prescindere da una metodologia di raccolta e di elaborazione dei dati per comprendere cosa stia effettivamente accadendo nei corpi di Polizia e per monitorare nel miglior modo possibile il fenomeno.

La stragrande maggioranza dei suicidi in Polizia e nelle Forze dell'Ordine avviene attraverso l'arma in dotazione: si tratta di una questione che porta con sé implicazioni relative anche alla sicurezza dei familiari del lavoratore in divisa, che non possiamo sottovalutare. Il tema principale resta sempre uno solo: che cosa fare? A mio avviso, soltanto una adeguata campagna di prevenzione può darci la reale dimensione del problema e può contribuire a sensibilizzare tutti i poliziotti, trattando il tema per quello che è: senza sottovalutazione e senza demonizzazione.

Difficilmente il fenomeno potrà essere debellato in toto, non mi faccio illusioni, anche perché le cause sono molteplici e non sempre riguardano soltanto la nostra professione, anche se il "fattore lavoro" assume spesso un carattere di primazia. Possiamo però lavorare affinché questi "numeri di morte" siano e diventino meno drammatici. Da qui dobbiamo partire (meglio, ripartire) e potremo farlo solo se comprenderemo senza dubbio alcuno che tipo di specifica influenza ha il nostro lavoro sul disagio di una persona, di un uomo (o di una donna), di un collega che decide di cancellare il bene più prezioso che abbiamo.

Andrea che, come ripeto, conoscevo bene, era una persona "tranquilla". Ma che cosa vuol dire nel dettaglio? Esistono dei "sintomi sentinella" in grado di permetterci di comprendere che qualcosa non va, al di là di una apparente tranquillità?

A questo obiettivo deve tendere il monitoraggio a cui ho fatto cenno, perché aumentare la nostra conoscenza e la nostra percezione del problema è l'unico modo per fornire alle persone che svolgono attività stressanti un supporto concreto in caso, soprattutto, di eventi post traumatici, evitando il cosiddetto fenomeno dell'accumulo di esperienze negative, spesso trascurato dalla nostra Amministrazione. Fenomeno che si può limitare con specifici "debriefing".

Nel contempo, come mi auguro sia stato fatto nel caso di Andrea e Antonello, occorre implementare da parte dei nostri specialisti le autopsie psicologiche, in buona sostanza delle perizie post mortem che servono per raccogliere i dati riguardanti la vittima di un omicidio o anche di un suicidio per costruire un adeguato profilo psicologico della stessa, per ricostruire il suo stato mentale prima del decesso, per valutare in che misura queste specifiche condizioni possano aver svolto un ruolo nella genesi dei fatti che ne hanno determinato la morte.

Tutto avviene attraverso una ricerca discriminativa di elementi e testimonianze provenienti dalla storia clinica, se esistente, ma soprattutto dalle relazioni sociali e affettive, dai rapporti di lavoro e da tutte le altre fonti per formulare una valida ipotesi probabilistica sull'accaduto, fondamentale per prevenire eventi simili in futuro.

Mi chiedo, anche, perché non sia mai stato implementato il supporto dei "Pari", di poliziotti non psicologi che, avendo vissuto esperienze traumatiche ed eventi critici in servizio, e opportunamente formati, possono fornire un primo, fondamentale contributo nella prevenzione del disagio anche di natura cognitiva.

Un messaggio voglio lanciare forte e chiaro: sono stufo di sentir dire che i suicidi in Polizia sono "fisiologici" perché diretta conseguenza della natura della nostra professione e non mi interessano più di tanto le statistiche in relazione ad altri paesi europei. Quello che chiediamo con forza come Silp Cgil alla nostra Amministrazione è di iniziare a discutere concretamente di questa problematica, di affrontare il tema in modo serio, facendoci sapere come si intende affrontarlo. Si tratta di una questione non più rinviabile.

Alla luce anche delle tante nostre iniziative sul tema dello stress lavoro correlato, ribadiamo la necessità di avere risposte urgenti. Perché le condizioni di vita e di lavoro del personale vanno migliorate oggi. Non domani. Perché domani non vogliamo piangere un altro collega che decide di farla finita. Su questo tema siamo e saremo sempre presenti, nell'interesse di chi rappresentiamo e soprattutto nell'interesse della Polizia di Stato.

 


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