CORRIERE.IT: LEGNINI: «GRAVE LA FUGA DI NOTIZIE». E IL PM WOODCOCK ATTACCA IL CSM

giovedì 09 marzo 2017

Il magistrato: riflettiamo sulla legge che obbliga a informare i capi delle forze di polizia

di Fiorenza Sarzanini

Il tono è garbato, a tratti ironico. L’affondo è pesante. Perché al vicepresidente del Csm Giovanni Legnini che esprime «apprezzamento» nei confronti della Procura di Roma perché dopo la fuga di notizie sull’inchiesta Consip «ha immediatamente avviato un’indagine penale e iniziative finalizzate a preservare il prosieguo delle indagini», risponde direttamente il pubblico ministero di Napoli Henry John Woodcock. E tanto basta per comprendere quanto sia alto il livello di tensione dopo la scelta dei magistrati capitolini di togliere la delega ai carabinieri del Noe.

L’accusa di Legnini

Il vicepresidente del Csm durante il plenum parla della questione che la scorsa settimana ha contrapposto i due uffici giudiziari impegnati nelle indagini sulle presunte attività illecite dell’imprenditore Alfredo Romeo, arrestato per corruzione. Ma anche di Tiziano Renzi, padre dell’ex premier Matteo, destinatario di un avviso a comparire per traffico d’influenze illecite; e del ministro dello Sport Luca Lotti, indagato per rivelazione del segreto d’ufficio. E afferma: «Il tema del segreto di indagine non possiamo farlo gravare sugli organi di informazione, ma riguarda gli uffici giudiziari». Un’accusa neanche troppo velata proprio alla Procura di Napoli, titolare del fascicolo da diversi mesi e dunque, secondo Legnini, «custode» del fascicolo. Perché, ricorda subito dopo, la «gravità delle fughe di notizie si concretizza nel rischio di ledere il principio costituzionale di non colpevolezza».

La replica di Woodcock

Il magistrato napoletano lascia passare qualche ora e poi decide di rispondere, specificando che «il vicepresidente Legnini sostiene una tesi giusta e corretta, perché la prima vittima delle fughe di notizie è il pubblico ministero» visto che «se devo andare a interrogare una persona e sui giornali viene pubblicato il contenuto degli atti processuali, le mie verifiche sono bruciate». Esattamente quel che accaduto nei giorni scorsi alla vigilia dell’interrogatorio del padre di Renzi. «Solo un cretino potrebbe agevolare una cosa del genere», commenta il pm. Poi entra nel dettaglio e affonda: «Io apprezzo e concordo con quanto detto oggi dall’onorevole Legnini in ordine all’assoluta impellenza di una riflessione circa gli strumenti organizzativi idonei per tutelare il segreto investigativo. Proprio a tale riguardo, e in questa prospettiva, credo che abbia grande rilievo e rivesta straordinaria attualità la riflessione delle ultime settimane sull’applicazione dell’articolo 18 comma 5 del decreto 177 del 19 agosto 2016». Il riferimento giuridico è alla legge varata la scorsa estate dal governo guidato da Matteo Renzi che obbliga tutti i carabinieri, poliziotti e finanzieri a riferire ai propri capi il contenuto delle indagini avviate. Senza dunque tutelare — come invece accadeva prima dell’entrata in vigore della norma — l’obbligo del segreto da parte della polizia giudiziaria. «È un tema — conclude Woodcock — che deve essere affrontato nei suoi termini generali e astratti, e in ordine al quale io personalmente sono perfettamente d’accordo con quanto rappresentato dal procuratore della Repubblica di Torino Armando Spataro». E cioè: rispettiamo la legge, ma in casi particolari ci assumiamo la responsabilità di vietare la divulgazione delle informazioni ai capi delle forze dell’ordine.

8 marzo 2017 (modifica il 8 marzo 2017 | 23:42)

http://www.corriere.it/cronache/17_marzo_09/legnini-grave-fuga-notizie-indagine-consip-8372ff28-044f-11e7-9858-d74470e8bbec.shtml?refresh_ce-cp


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