L'OCCASIONE MANCATA DELLA REVISIONE DEI RUOLI DELLE FORZE DI POLIZIA E LA NECESSITA' DI UNA RIPARTENZA CHE COINVOLGA LA SOCIETA' CIVILE NEL DIBATTITO SUL SISTEMA DI SICUREZZA E DIFESA DEL PAESE - di Francesco Zavattolo Segretario generale Ficiesse

mercoledì 29 marzo 2017

Il 14 Marzo scorso alla Camera è iniziata la discussione sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, in attuazione dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge n. 124 del 07 agosto 2015 inerente la “riorganizzazione dell’amministrazione dello Stato”.

 Il testo licenziato dal Governo, nonostante i buoni propositi dichiarati dal Ministro Madia in occasione della sua audizione presso le commissioni riunite I e XI della Camera il 02 aprile 2014 , non brilla né per coraggio né per innovazione.

 Siamo davanti ad un testo pensato per risolvere (in parte ed in ritardo) la stagnazione delle dinamiche di carriere interne della Polizia di Stato, per recuperare anni di mancati rinnovi contrattuali e per ristorare i danni creati al personale dal c.d. blocco stipendiale e – fortunatamente –  anche per adeguare i titoli di studio per l’accesso alle carriere del comparto. 

Nell’ottica sopra accennata si è, di fatto, rinunciato a risolvere le reali criticità col risultato: dello svilimento dei gradi a meri incrementi economici, della distorsione di quelli che dovrebbero essere i corretti rapporti tra grado-funzione-responsabilità, della perdurante assenza di misurazioni oggettivi dei risultati effettivamente conseguiti sui singoli territori in termini di decremento dei reati e di maggiore sicurezza a vantaggio dei cittadini. 

Anzi, per certi versi queste criticità sono state addirittura aumentate giacché, solo per fare un esempio, gli ulteriori gradi/qualifiche istituiti nei vari ruoli non sono giustificati da reali motivi di servizio e funzionalità ma dalla sola esigenza di giustificare gli incrementi economici. 

Il testo in esame è quindi il risultato di una gestione unilaterale e autoreferenziale delle amministrazioni, alle quali è stato concesso il potere d’interpretare se stesse senza confronto, senza dibattito e senza contraddittorio con i cittadini e la società civile. 

Allo stesso tempo è la conseguenza di una grave assenza della Politica che, anziché ergersi a interprete autorevole dei bisogni del Paese, ha ancora una volta indirizzato la propria azione verso il solo consenso limitandosi ancora una volta a svolgere un mero ruolo notarile. 

Detto tra noi, le ingenti risorse (1 miliardo di euro) impiegate per questo riordino produrranno davvero pochi effetti in termini di efficienza e funzionalità.

Eppure la “delega” concedeva ampi spazi di manovra al Governo – revisione del reclutamento, dello stato giuridico, valutazione del merito, soppressione o istituzione di ruoli, gradi ecc. – pur riconducendo tutto nell’alveo della rigidità di un comparto in cui si cerca di mantenere, contemporaneamente, sullo stesso unico palcoscenico, attori tra di loro assai diversi: fanti e carabinieri, avieri e finanzieri, poliziotti e marinai. Senza alcuna seppur minima flessibilità.   

Una politica lungimirante avrebbe invece valorizzato queste dicotomie, riempendo di contenuti le previsioni di una “razionalizzazione e il potenziamento dell'efficacia delle funzioni di polizia, anche in funzione di una migliore cooperazione sul territorio, al fine di evitare sovrapposizioni di competenze e di favorire la gestione associata dei servizi strumentali”, e non si sarebbe limitata a sopprimere il Corpo Forestale dello Stato e a produrre un riordino delle carriere che pensa a tutto, fuorché a migliorare l’efficienza e la produttività delle istituzioni deputate ad assicurare i beni supremi della sicurezza e della difesa

In questo senso è (ed era) il caso di affrontare le criticità del comparto a 360° gradi, agendo anche sotto il versante delle relazioni sindacali e soprattutto della struttura delle contrattazione e della retribuzione. Aspetti che, con il totale svilimento delle carriere all’interno dei ruoli operato con questo riordino, assumono ancor più importanza ed urgenza. 

Si parla molto di “meritocrazia”, come un mantra in grado di risollevare le sorti della P.A., ma da sola non è sufficiente a fare da volano per una società ancorata a logiche corporative e “provinciali”. I servizi pubblici richiedono motivazioni e impegno che non sempre trovano ristoro nel solo spirito di servizio o nella sola carriera. In questo senso una piena e corretta contrattazione di primo e soprattutto di secondo livello consentirebbe alle rappresentanze del personale insieme alle amministrazioni di remunerare le attività dei Corpi di Polizia e di orientare sforzi e sacrifici verso gli specifici obiettivi strategici nell’interesse di ognuno dei tra loro diversissimi territori del nostro Paese. 

Per apprezzare quanto è potente lo stimolo e l’incentivo della contrattazione di secondo livello ricordo che l’a.d. di Volkswagen, Martin Winterkorn, alla domanda della giornalista italiana Giovanna Boursier, del programma Report, se non fossero troppi 6.200 euro di premio di produzione per ciascun dipendente per l’anno 2014, rispose: “E’ grazie a questi premi che otteniamo questi risultati!” 

Lungi dall’immaginare un servizio pubblico primario come la sicurezza incardinato nelle logiche del mercato, noi siamo convinti che si debba approfittare degli spunti positivi delle riforme Madia per disegnare un nuovo sistema di sicurezza che metta al centro dell’interesse e dell’attenzione di tutti i beni primari delle libertà civili e della democrazia. 

Auspichiamo, quindi, in tal senso, l’avvio di un forte dibattito pubblico, alimentato dalle associazioni e organizzazioni civiche come Ficiesse, dalle rappresentanze sindacali e militari del personale in divisa, dai sindacati confederali e dalla politica per dare attuazione a una legge delega che nonostante i buoni propositi ha evidentemente prodotto, finora, solo pochi frutti acerbi.

 

FRANCESCO ZAVATTOLO

Segretario Generale Ficiesse


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