IN RICORDO DEL GENERALE RAMPONI - di Giuseppe Fortuna

venerdì 05 maggio 2017

 

I Caini conoscono tutti, personalmente, i loro comandanti generali. Anche soltanto perché le immagini dei loro volti, sorridenti o austeri, stanno appese in ogni ufficio del Corpo vicino al tricolore.

I Caini classificano generalmente i loro comandanti generali in quattro categorie: eccellenti, buoni, sufficienti e scarsi. E ognuno inserisce nomi e cognomi  in questa o quella colonna a seconda di cosa ha percepito, visto, letto, ricevuto o subìto negli anni in cui la foto è rimasta appesa al muro.

Ho conosciuto il generale Luigi Ramponi da un osservatorio privilegiato, quello dell’Ufficio Stampa  del Comando generale. Sentii la sua voce al telefono il giorno stesso della nomina, quando ancora ricopriva la carica di sottocapo di Stato maggiore della Difesa.

Fin dalla prima parola si capiva di avere di fronte una personalità inusuale. E da quelle immediatamente successive  si intuivano facilmente altre caratteristiche. Era autoritario. Molto autoritario. Ma nel contempo ironico e capace di cogliere e apprezzare l’ironia altrui. Decideva lui ogni cosa, non di rado senza sentire ragioni. Ma, incredibilmente, almeno in quegli anni e in quell’ambiente, azzeccandoci "sempre".

L’impatto tra noi ufficiali addetti fu forte. Anche perché venivamo da un biennio trascorso con un altro comandante eccezionale,  il generale Gaetano Pellegrino, che però di Ramponi era l’esatta antitesi.

Ovviamente, come sempre avviene “al Coge”, ci mettemmo nulla ad adattarci e si aprì un periodo ricchissimo di iniziative e di realizzazioni, ma anche di autentico piacere per chi riusciva a cogliere qualche sua fulminea battuta e a raccontarla a mensa.

Oggi, che non c’è più, Gli inviamo con affetto un saluto commosso e deferente: buon viaggio, Comandante!

 

GIUSEPPE FORTUNA


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