REPUBBLICA.IT. GABRIELLI (CAPO POLIZIA): "IO SERVO LO STATO NON IL GOVERNO. SUL SEGRETO DELLE INDAGINI IL CSM MI HA OFFESO” di Carlo Bonini

domenica 11 giugno 2017

REPUBBLICA.IT. GABRIELLI (CAPO POLIZIA): "IO SERVO LO STATO NON IL GOVERNO. SUL SEGRETO DELLE INDAGINI IL CSM MI HA OFFESO” di Carlo Bonini

L’ira del capo della Polizia dopo le polemiche suscitate dal caso Consip e dalla sua direttiva che obbliga gli agenti ad informare i superiori sugli sviluppi delle inchieste. "Le nuove norme - spiega - mirano proprio ad evitare prassi opache"

ROMA -  Seduto nel suo ufficio al Viminale, il capo della Polizia Franco Gabrielli va dritto. E non sono parole rubate. "Non sopporto il paradigma della doppia morale. Il "si fa, ma non si dice". Mi offende come servitore dello Stato aver dovuto leggere in questi giorni le motivazioni con cui la sesta commissione del Consiglio superiore della magistratura raccomanda al plenum di sollecitare il governo Gentiloni a modificare la norma che, lo scorso agosto, ha introdotto l'obbligo per la polizia giudiziaria di trasmettere alla scala gerarchica notizie sulle informative di reato e sui loro sviluppi. Perché quella norma, si dice, sarebbe un tentativo fraudolento di sterilizzare l'azione della magistratura. Una grave interferenza nel segreto delle sue indagini. Come se il sottoscritto e i vertici delle forze dell'ordine non avessero giurato fedeltà alla Costituzione, ma alla maggioranza di governo del momento".

La storia repubblicana qualche doppia fedeltà l'ha documentata.
"Io servo la mia funzione con onore e disciplina. E, soprattutto, do una notizia".

Quale?
"Il Re è nudo. E, in questo Paese, lo sanno anche i bambini. Per quanto riguarda l'Arma dei carabinieri, esiste un obbligo di riferire in via gerarchica al Comandante generale dal 2010. Fu introdotto con un regolamento, neanche con una legge. E, tuttavia, nessuno fiatò. Nella Guardia di Finanza vige lo stesso principio. E, per quanto mi riguarda, non avevo certo bisogno di una legge per acquisire notizie dalla polizia giudiziaria. Il capo della Polizia, da sempre, quelle notizie le ha. E avrebbe continuato ad averle. In ogni caso. La differenza è che ora, grazie alla legge, questo flusso informativo di notizie riservate è trasparente, regolamentato, dunque fissa delle responsabilità in capo alla catena gerarchica. A partire dal sottoscritto. La verità, quindi, è che quella legge non serve né al presidente del Consiglio, né ai colletti bianchi che finiscono sotto inchiesta. Serve a impedire che gli ufficiali di polizia giudiziaria si trovino stretti tra un pm e la loro catena gerarchica. E che se qualcosa va storto, se le notizie finiscono dove non dovrebbero, a volare siano solo gli stracci".

Gli sviluppi anche di queste ultime ore della vicenda Consip e l'inchiesta sulle fughe di notizie e depistaggi del Noe dei carabinieri qualche dubbio lo fanno venire sull'uso interno agli apparati che delle notizie di indagine viene fatto.
"Il lavoro che la Procura di Roma sta facendo sulla vicenda Consip dimostra esattamente il contrario di ciò che a questa storia si è fatto dire. Se la trasmissione delle notizie in via gerarchica è disciplinata e quindi trasparente, viene sottratta a prassi non scritte e opache. A ricatti o paranoie. Rende le responsabilità chiare. Perché è agevole ricostruire chi doveva sapere cosa. E, a quel punto, chi ha sbagliato paga. E paga in modo esemplare il tradimento del giuramento di fedeltà alla Costituzione. Sia nell'ipotesi che abbia tradito il vincolo del segreto per avvantaggiare chicchessia. Sia in quella che, coprendosi con il segreto, abbia per questo commesso abusi o illeciti di polizia giudiziaria. Mi creda, il livello di disonestà intellettuale utilizzato nella vicenda Consip per sostenere che in questo Paese esistono pochi cavalieri bianchi le cui mani vengono legate da vertici di Polizia corrivi con la Politica e le sue convenienze, servi di un progetto eversivo che avrebbe dovuto cambiare prima la Costituzione e poi mettere in un angolo la magistratura, è pari solo allo sconforto che provo pensando al pregiudizio da cui questa falsità muove".

Di quale pregiudizio parla?
"Quello per il quale quando si parla di Corpi dello Stato e Istituzioni, si ritiene che una categoria interpreti meglio il principio di fedeltà repubblicana di altre. Bene, la mia esperienza di poliziotto mi ha insegnato che l'abito, non necessariamente, e soprattutto spesso, non fa il monaco. Quindi, non credo di dire un'eresia se chiedo che alla catena gerarchica custode di notizie riservate vada garantita la stessa presunzione di innocenza e buona fede che, in questo Paese, viene riconosciuta a qualsiasi pm. E poi, me lo lasci dire, dobbiamo metterci d'accordo una volta per tutte".

Su cosa?
"Parliamo di sicurezza, prevenzione, nuovi modelli di difesa civile. E allora qualcuno mi dovrebbe spiegare di cosa si dovrebbe occupare o come potrebbe incidere un capo della Polizia o il vertice di una forza dell'ordine privo di qualsiasi notizia. Ormai, al mondo, non esiste più nessuno, quando si parla di sicurezza, che non riconosca che l'unico principio cui ispirare strategie di prevenzione efficaci sia quello olistico. Vale a dire il principio che dimostra come organismi complessi, come nel caso della sicurezza, non siano riconducibili alla semplice somma delle loro parti. Noi che vogliamo? Sosteniamo che lo scambio di informazioni è fondamentale, ad esempio, nelle strategie antiterrorismo e di prevenzione e sicurezza. Ma come la mettiamo se, a quanto pare, la circolazione di quelle notizie è un attentato alla qualità della nostra democrazia e alla sacralità del segreto di indagine? Poi che diciamo ai 1500 feriti di piazza san Carlo?".

Perché ora fa riferimento alla notte di sangue di Torino?
"Perché la questione è sempre la stessa. E gli inglesi la riassumono in una parola. Accountability. Responsabilità. Due giorni fa ho detto: i feriti di Torino hanno diritto di sapere cosa è successo. Bene. Chiedo: è eversivo che il capo della Polizia venga informato in via gerarchica dal questore di Torino dello stato di avanzamento della ricerca della verità? E' eversivo che il capo della Polizia invii una circolare in cui chiede a prefetti e questori che, di qui in avanti, le

 

ragioni della safety debbano prevalere su quelle in senso stretto dell'ordine pubblico? E che queste responsabilità vengano condivise con i sindaci? Cosa c'è di antidemocratico in chi si assume delle responsabilità? Ma forse è proprio questo che fa paura". 


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