IL PARERE DELLO STUDIO LEGALE CORONAS SUI CONSIGLI DEL "LUOGOTENENTE X"
Pubblichiamo di seguito la risposta pervenuta dallo Studio legale Coronas alle affermazioni contenute nelle email inviate dal "Luogotenente X" ai soci Ficiesse che hanno partecipato al ricorso per il riconoscimento dei benefici demografici da nascita figli n.1454/2009 presentato a T.A.R. del Lazio (vgs. http://www.ficiesse.it/home-page/11106/il-luogotenente-x-insiste_-consigli-ancora-sbagliati-ai-soci-ficiesse-che-hanno-partecipato-al-ricorso-collettivo-sui-benefici-economici-da-nascita-figli).
Il titolo è della redazione del sito.
LETTERA DELLO STUDIO LEGALE CORONAS
ALL'ASSOCIAZIONE FINANZIERI CITTADINI E SOLIDARIETÀ
DEL 15 GIUGNO 2017
Egregio Segretario Generale,
riscontriamo quanto richiesto, riportando di seguito ciò che questo Studio legale ha già avuto modo di evidenziare all’attenzione di altri partecipanti al ricorso n.1454/2009.
Con sentenza n.6763/2011, il Consiglio di Stato s’è espresso negativamente circa la spettanza dei benefici demografici al personale di livello non dirigenziale, ritenendo incompatibile il meccanismo degli aumenti periodici e degli scatti con il sistema retributivo introdotto dal 1° gennaio 1987.
Questo indirizzo negativo è stato costantemente confermato da tutte le sentenze che si sono poi occupate della questione (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, Sezione IV, 04.02.2014, n.497).
In tale mutato contesto e salvo futuri cambiamenti di giurisprudenza in senso favorevole, il ricorso n.1454/2009 è destinato quindi ad essere rigettato, con possibile e molto probabile condanna alle spese, essendosi ormai consolidato l’orientamento negativo inaugurato dal Consiglio di Stato sin dal 2011 (v. T.A.R. Cagliari, sentenza n.216/2015, recante condanna in solido dei ricorrenti alle spese nella misura di €.2.000,00; T.A.R. Cagliari, sentenza n.437/2014, recante condanna in solido dei ricorrenti alle spese nella misura di €.2.000,00).
La situazione creatasi è tale che ottenere dal T.A.R. la decisione del ricorso n.1454/2009, anche al solo fine ormai di proporre poi un’azione di equa riparazione per irragionevole durata del giudizio, costituisce un tentativo altamente rischioso.
Infatti, l’art.2, comma 2-quinquies, dell’attuale testo della legge n.89/2001 (c.d. legge Pinto) esclude il diritto all’indennizzo per la parte che “ha agito o resistito in giudizio consapevole della infondatezza originaria o sopravvenuta delle proprie domande o difese”.
Con questa disposizione – entrata in vigore il 1° gennaio 2016 –, il legislatore ha recepito quello che era ormai ed è tuttora l’indirizzo della giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia, ovvero che: “secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte in tema di equa riparazione, il patema d'animo derivante dalla situazione di incertezza per l'esito della causa è da escludersi non solo ogni qualvolta la parte rimasta soccombente abbia proposto una lite temeraria, difettando in questi casi la stessa condizione soggettiva di incertezza sin dal momento dell'instaurazione del giudizio, ma anche quando la consapevolezza dell'infondatezza della pretesa sia sopravvenuta prima che la durata del processo abbia superato il termine di durata ragionevole (ex plurimis e da ultimo, Cass., sez. 6 - 2, sent. n. 4890 del 2015; … la consapevolezza della infondatezza della pretesa deve ragionevolmente ritenersi raggiunta nel caso in cui si sia consolidato un orientamento sfavorevole della giurisprudenza, ovvero sia stata dichiarata l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata a fondamento della pretesa, o lo stesso legislatore sia intervenuto a precisare, in senso riduttivo, la portata della norma invocata nel giudizio presupposto” (cfr., tra le ultime, Cass. civ., VI-2, 12.01.2017, n.665).
Il caso del ricorso n.1454/2009 è, appunto, quello di una pretesa che era inizialmente fondata – in quanto assistita da una giurisprudenza favorevole al momento della proposizione – , ma che è divenuta poi infondata – per via del sopravvenuto indirizzo negativo del Consiglio di Stato.
Poiché lo sfavorevole mutamento di giurisprudenza s’è prodotto nel 2011 e, dunque, prima che “la durata del processo abbia superato il termine di durata ragionevole” (tre anni), i partecipanti al ricorso n.1454/2009, secondo l’orientamento inaugurato dalla Corte di Cassazione fin dal 2014 e tuttora seguito, non si trovano nella condizione di poter chiedere ed ottenere un’equa riparazione.
Tutto ciò significa, che provocare la decisione del T.A.R. sul ricorso n.1454/2009 espone non soltanto al rischio concreto di un rigetto con condanna alle spese di giudizio da parte del T.A.R., ma anche a quello, ugualmente concreto, di un rigetto del successivo ricorso per equa riparazione da parte della Corte d’Appello, con pure possibile condanna alle spese di giudizio e, forse, anche alla Cassa Ammende.
Ora, se è vero che gli oneri derivanti da queste possibili condanne potrebbero trovare compensazione, in ipotesi, con la proposizione di un ulteriore successivo ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, è vero anche, però, che per poter arrivare di fronte al Giudice sovranazionale occorrerebbe prima esaurire le vie di giudizio interne, e cioè provocare, dopo il rigetto del ricorso Pinto da parte della Corte d’Appello, anche quello da parte della Corte di Cassazione, con ulteriore possibile terza condanna alle spese di giudizio.
In conclusione, chiedere al T.A.R. di decidere comunque il ricorso n.1454/2009, al fine di agire poi per ottenere l’equa riparazione per l’irragionevole durata del giudizio, è iniziativa che espone ad elevate probabilità di inanellare una serie di condanne alle spese di importo non predeterminabile, senza darne altrettante di ricevere un adeguato indennizzo alla fine del tortuoso e lungo percorso da compiere per cercare di ottenerlo.
Naturalmente, seppur basato sulla vigente normativa e sull’attuale giurisprudenza, questo è solo il parere dello Studio legale Coronas, che ad oggi – ricordiamo – ha ricevuto mandato solo ed esclusivamente per proporre l’azione di cui al ricorso iscritto a r.g.1454/2009 e che, per le ragioni appena indicate, – evidenziamo sin d’ora – non lo assumerebbe per svolgere l’ulteriore attività di cui sopra, una volta verificatisi i presupposti processuali per il suo ipotetico avvio.
Dunque, tenendo conto o meno di quanto qui esposto, i partecipanti al ricorso r.g.1454/2009 valutino nella più piena libertà se e quale ulteriore attività giudiziaria far porre in essere per la miglior cura dei loro interessi.
Ciò che questo Studio legale può loro assicurare, è che, come fatto sino ad ora, la volontà o meno di ciascuno di portare avanti il giudizio r.g.1454/2009 sarà rappresentata al T.A.R., nei modi debiti e nei tempi previsti.
Cordialissimi saluti.
Avv. Umberto Coronas
Avv. Salvatore Coronas