CONGEDO PARENTALE, QUANTE ORE "COMPRENDE" LA META' DELL'ORARIO MEDIO GIORNALIERO?

venerdì 03 novembre 2017

La riforma del testo unico sulla maternità e paternità del giugno 2015, riscrivendo l’articolo 32 del decreto legislativo n. 151/2001, ha introdotto una nuova modalità con la quale può essere fruito il congedo parentale. Tuttavia, a distanza di oltre due anni dalla riforma, molti sono ancora i dubbi circa la quantificazione oraria giornaliera del diritto in questione. Il testo letterale della norma prescrive una quantità di ore fruibili a titolo di congedo parentale ad ore, pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. Da qui in avanti si sono sviluppate diverse teorie, non riconducibili a istruzioni precise consegnate dall’Inps o dall’Aran, frutto invece di una necessaria interpretazione dell’unica fonte del diritto di cui si dispone: il novellato articolo 32 del decreto legislativo n. 151/2001. Le due letture conducono a risultati diversi tra di loro.

Prima interpretazione: 3 ore e 36 minuti 
Chi ritiene che la metà dell’orario medio giornaliero dipenda dall’articolazione dell’orario di lavoro nella settimana, legittima la fruizione di 3 ore e 36 minuti ai lavoratori che lavorano su 5 giorni e 3 ore al giorno per chi ha un orario di lavoro articolato su 6 giorni lavorativi.
Quanto può essere eccepito a questa linea interpretativa è in primis il fatto che la formulazione letterale è chiara circa la nuova modalità introdotta. Si parla di ore, non di minuti. Non dimentichiamo che nell’intero panorama dei permessi fruibili ad ore, la frazionabilità degli stessi per periodi inferiori all’ora è “tollerata” dall’Aran solo per i permessi brevi di cui all’articolo 20 del Ccnl del 6 luglio 1995. Ogni permesso, è declinato nelle modalità di fruizione, dalla fonte che lo istituisce ed eventualmente, a diverse sedi, ove demandato a esse. È del tutto evidente che il nuovo strumento di conciliazione di vita e lavoro ci è stato consegnato troppo in anticipo. I tempi del contratto non erano maturi per riceverlo, trovandosi questo nuovo congedo a ore di fronte ad un contratto che non demanda la materia alla sede decentrata e non ne disciplina la frazionabilità in sede nazionale. La seconda eccezione che può essere mossa all’orientamento delle 3 ore e 36 minuti per i dipendenti che lavorano 5 giorni a settimana nasce anch’essa da una interpretazione letterale del disposto. Il termine “medio”, infatti, non è ragionevole pensare, possa voler ricondurre ad un arco temporale stretto quale è quello della settimana, semmai, ad un arco temporale che il testo novellato ci suggerisce da sé, e cioè, il mese.

Secondo orientamento 
La seconda linea interpretativa muove quindi da queste valutazioni, producendo per un tempo pieno, una metà dell’orario medio giornaliero pari sempre a tre ore, che vuole prescindere da un’articolazione settimanale dell’orario di lavoro.

Conclusioni 
Sarà il nuovo contratto a rivelarci quanto si sia allontanata dall’intento del legislatore, l’una o l’altra lettura della stessa norma.

Fonte http://www.quotidianoentilocali.ilsole24ore.com


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