C`E’ UN’ANAGRAFE ANTIEVASIONE CHE NON LAVORA ED COSTATA 10 MILIONI DI EURO - Maurizio Sfregola su Verità

martedì 09 gennaio 2018

di Salvatore Sfregola (estratto da pag. 9 del giornale “VERITA’” diretto da Maurizio Belpietro, edizione del 09 gennaio 2017).

La banca dati dei rapporti è stata creata ma la Corte dei conti lancia l'allarme sul suo scarso impiego: «Sottoutilizzo nel contrasto all’evasione e danno erariale»
C ' è un'anagrafe antievasori che non lavora Costata 10 milioni di euro. La banca dati dei rapporti è stata creata ma la Corte dei conti lancia l’allarme sul suo scarso impiego: «Sottoutilizzo nel contrasto all’evasione e danno erariale».

II «referto» della Corte dei conti al Parlamento «sul risultato del riscontro eseguito», come previsto dall'articolo 100, comma 2, della Costituzione, concerne «l'utilizzo dell'anagrafe dei rapporti finanziari ai fini dell'attività di controllo fiscale». L'ha scritto il consigliere della Corte dei conti Bruno Domenico Tridico. È documentato, ricco di osservazioni e impietoso nelle conclusioni che, del resto, tutti possono trarre quanto agli effetti della mancata attivazione dell'anagrafe dei soggetti a rischio evasione.

Tutti, tranne evidentemente il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan. Alla lettura di quelle pagine avrebbe dovuto fare un salto sulla sedia sulla quale è assiso da anni dinanzi alla scrivania che ha ereditato da Quintino Sella, il ministro delle Finanze che effettivamente aveva risanato il bilancio dello Stato. Invece nessuna reazione apparente. Eppure la Corte, senza mezzi termini, denuncia che a concorrere all'evasione fiscale, oltre ad un sistema farraginoso e vessatorio di imposte e balzelli vari e alla precarietà dei dirigenti dell'Agenzia delle entrate, soggetti alla nomina e alla conferma da parte della politica e, pertanto, non indipendenti - si legga La Verità del 2 gennaio scorso, in proposito - è anche un gravissimo inadempimento dell'Agenzia sulla quale il ministro esercita l’«alta vigilanza». Una funzione di cui evidentemente Padoan non si è dato carico, assumendosi una grave responsabilità politica. Perché l'inadempimento denunciato dalla Corte dei conti ha determinato una riduzione degli accertamenti tributari. «Quel che appare palese», si legge nel documento, «è il chiaro sottoutilizzo dello strumento per finalità tributarie e di lotta all'evasione da parte dell'Agenzia delle entrate, come dimostrato, peraltro, dal brusco calo di accessi del personale dell'Agenzia stessa per indagini finanziarie nel 2015 e, ancor più, nel 2016».

Ciò che si configura come un vero e proprio «danno erariale» da minore entrata al bilancio dello Stato. Che è anche un danno «da disservizio», perché qualcuno, invece di attivare l'anagrafe dei soggetti a rischio evasione, faceva altre cose, diverse da quelle alle quali era tenuto e per le quali veniva pagato. Chi ha omesso lo ha fatto perché incompetente o perché gli è stato detto di non fare? Forse dovrebbe spiegarlo qualcuno degli alti dirigenti dell'Agenzia ascoltati nel corso dell'adunanza della Sezione centrale del controllo sulla gestione presieduta da Gaetano D'Auria: il responsabile della Direzione centrale tecnologie e innovazione, Giuseppe Buono, il dirigente della medesima, Claudio Fabrizi; il direttore centrale amministrazione pianificazione e controllo, Giuseppe Telesca, il dirigente Felice Schipani; il direttore centrale per l'Audit, Leonardo Zammarchi e il dirigente Matteo Piperno; il direttore centrale per l'accertamento, Aldo Polito, il direttore aggiunto Emiliana Bandettini e il dirigente Stefania Putzu. Ruoli altisonanti che non dovrebbero far dubitare che quei funzionari siano impegnati a dare esecuzione alle leggi, che le attività previste siano state portate a termine. Eppure dall'indagine dei magistrati contabili emergono «gravi ritardi nella realizzazione dell'anagrafe dei rapporti finanziari» che, prevista fin dal 1991 ha visto la luce dopo dieci anni. «E, peraltro, non ha mai trovato concreta attuazione».

Responsabilità risalenti, dunque. L'anagrafe tributaria, istituita per rendere più efficiente l'attività di controllo in ambito fiscale ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, avrebbe dovuto consentire «lo svolgimento di indagini finanziarie in modo mirato nei confronti dei soli operatori con i quali il soggetto controllato ha instaurato rapporti di natura finanziaria». «Ritardi particolarmente importanti», scrive Tridico, ma «ben più grave è la situazione riscontrata relativa al suo concreto ed effettivo utilizzo per la lotta all'evasione, per il quale deve rilevarsi una grave inadempienza dell'Agenzia, che non ha mai elaborato le previste liste selettive ne, successivamente, le analisi del rischio evasione e, di conseguenza, non ha potuto riferire alle Camere sui risultati nella lotta all'evasione derivanti dall'utilizzo dell'anagrafe dei rapporti finanziari». Nel 2011 il legislatore aveva disposto che il direttore dell'Agenzia delle entrate individuasse criteri per elaborare specifiche liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione. Criteri che «non sono mai stati emanati» con la conseguenza che «non è mai stata predisposta alcuna lista selettiva». Nonostante la norma, nel prevederle, avesse «contestualmente esteso le comunicazioni obbligatorie degli operatori finanziari ai dati relativi alle movimentazioni e agli importi delle operazioni, addirittura prevedendo la facoltà in capo al direttore dell'agenzia di estendere l'obbligo di comunicazione anche ad ulteriori informazioni, relative ai rapporti, strettamente necessarie ai fini dei controlli fiscali».

Invece, le elaborazioni attuate «sulla base dei soli dati di identificazione del soggetto e sulla natura, tipologia, apertura, modifica e chiusura del rapporto, con esclusione quindi dei dati, certamente più pregnanti ai fini della lotta all'evasione, sulle movimentazioni e sui saldi dei rapporti finanziari, significava sostanzialmente svuotare di contenuto la previsione normativa e realizzare un prodotto di scarsa efficacia ai fini del contrasto all'evasione fiscale». Parliamo di una ipotesi di lavoro «del tutto irrazionale e non coerente con lo spirito della norma». In ogni caso, «il provvedimento non è mai stato adottato». Al posto delle liste selettive la legge di stabilità per il 2015 ha previsto l'utilizzo dei dati, anche finanziari, per effettuare analisi del rischio di evasione. Ma anche in questo caso, a distanza di oltre due anni e di oltre cinque anni dall'obbligo di elaborare liste selettive, la Corte dei conti rileva «l'inesistenza di selezioni di contribuenti attraverso lo strumento dell'archivio dei rapporti finanziari quali soggetti a maggior rischio di evasione, sicché non v'è dubbio che la norma sia stata totalmente disattesa dall'Agenzia».

E di omissione in omissione non ci si è fermati qui perché l'Agenzia dell’Entrate doveva trasmettere alle Camere una relazione con la quale comunicare i risultati relativi all'emersione dell'evasione «a seguito dell'applicazione delle disposizioni di cui trattasi». Doveva essere presentata ogni anno, ma «non è mai stata predisposta». Responsabilità politica del ministro e del presidente del Consiglio protempore (Monti, Letta, Renzi, Gentiloni) che «dirige la politica generale del governo e ne è responsabile» (articolo 95 della Costituzione). Ma la responsabilità politica, si sa, dipende dagli umori della maggioranza, che, essendola stessa che regge il governo, evita di indagare. E così Padoan si è potuto permettere di menare il can per l'aia alla Camera in sede di «question time», rispondendo all'onorevole Enrico Zanetti, già sottosegretario all'Economia, che gli aveva chiesto conto delle censure della Corte dei conti. Il ministro non si è scomposto ed ha riferito che «nell'ambito dell'attuazione delle disposizioni normative introdotte dal decreto n. 201 del 2011, il cosiddetto «salva Italia», l'Agenzia delle entrate ha riscontrato criticità riconducibili ai seguenti aspetti: modalità di comunicazione e conservazione dei dati». Veramente senza ritegno.

Chi è stato incapace di scrivere una norma idonea ad essere attuata e chi è stato a guardare. Mentre, come ha sottolineato nella stessa occasione l'onorevole Walter Rizzetto, si spendevano 10 milioni di euro dei cittadini per una anagrafe che non è servita allo scopo e che dimostra ancora una volta che la macchina fiscale è gestita «il modo discrezionale». Quanto alle gravissime responsabilità amministrativi dì chi ha omesso di fare, c’è lavoro per la Procura regionale della Corte dei conti del Lazio diretta da Andrea Lupi che certamente verrà a capo delle condotte omissive o quanto meno gravemente colpose che hanno aperto una falla nei conti dello Stato.

CONTRIBUTO CORRELATO:

CONVEGNO “CITTADINANZA CONSAPEVOLE AL TEMPO DELLA CRISI". ORGANIZZATO DALL’ASSOCIAZIONE GIANFRANCESCO SERIO IN COLLABORAZIONE CON L’ARDeP.

Relazione di Cleto Iafrate: “IL TERZO PUNTO PROGRAMMATICO DELL’ARDeP, un atto di giustizia fiscale riparativa per ridurre il debito, ridare fiducia ai contribuenti onesti e recuperare equità e coesione sociale. Segue: L’ANAGRAFE DEI CONTI E DEI RAPPORTI FINANZIARI, uno strumento tanto potente quanto ignorato e sottoutilizzato.”

http://www.ficiesse.it/home-page/11218/convegno-cittadinanza-consapevole-al-tempo-della-crisi_-organizzato-dall’associazione-gianfrancesco-serio-in-collaborazione-con-l’ardep_-relazione-di-cleto-iafrate_
 


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