IL CASO DI UN SOTTUFFICIALE DELLA GUARDIA DI FINANZA TRASFERITO D’AUTORITA’. Segue: LO SVIAMENTO DI POTERE, QUALE FIGURA SINTOMATICA DELL’ECCESSO DI POTERE, SPIEGATO IN MILITARESE[*] di Cleto Iafrate

venerdì 26 gennaio 2018

IL FATTO

Con la vicenda in esame, caratterizzata da una conformità interpretativa tra il Tar Umbria e il Consiglio di Stato, si assiste all'importante apertura di un “varco” alle garanzie del personale militare in materia di trasferimenti d’autorità.

Un Luogotenente del Corpo della Guardia di Finanza con funzioni di Comandante di Tenenza veniva <<trasferito“d’autorità” per esigenze di servizio>> dalla predetta Tenenza al Comando Provinciale di riferimento.

Secondo il sottufficiale, il trasferimento sarebbe connesso “a vicende pregresse culminate in un procedimento disciplinare nei suoi confronti”, a conclusione del quale gli veniva inflitta la sanzione del “rimprovero”, perché “nell’ambito delle articolate e complesse attività ispettive e di indagine in corso (...) ha registrato sviluppi non in linea (...) e non tempestivamente comunicati”.

Contro tale sanzione, il sottufficiale preliminarmente esperiva ricorso gerarchico, respinto dal proprio comandante Provinciale, e poi presentava ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

Nelle more del ricorso straordinario, la sanzione veniva annullata in autotutela.

Dopo la comminazione della predetta sanzione disciplinare, il protagonista della vicenda veniva trasferito ad altra sede.

Tale provvedimento di trasferimento veniva impugnato per vari “sintomi di eccesso di potere”.

LO SVIAMENTO DI POTERE, QUALE FIGURA SINTOMATICA DELL’ECCESSO DI POTERE

Prima di addentrarci nei meandri della controversia, soprattutto per agevolare il lettore militare non avvezzo al diritto amministrativo, è doveroso introdurre una breve definizione dell'eccesso di potere.

Comunemente, si definisce come eccesso di potere uno dei tre vizi di legittimità dell'atto amministrativo. Gli altri due sono  incompetenza e violazione di legge. L’eccesso di potere sussiste quando la facoltà di scelta spettante all'amministrazione non è correttamente esercitata alla luce del parametro di logicità-congruità.

In particolare, tra le “figure sintomatiche” indici di eccesso di potere, particolare importanza assume lo “sviamento di potere”, che si realizza quando l'autorità amministrativa usa il potere di cui dispone per raggiungere uno scopo diverso da quello stabilito dalla legge, deviando, per così dire, dai binari prestabiliti dalla legge.  In tali circostanze l’atto amministrativo è posto in essere per fini privati dal responsabile dell'atto; oppure i fini sono di natura pubblica, ma comunque diversi da quelli espressamente previsti dalla legge.

[*] Per comprendere meglio il concetto, si consideri la condizione di chi si reca dal barbiere per eseguire il taglio della barba oppure in ambulatorio per farsi fare una puntura; in ambo le circostanze si troverà in una situazione di maggiore vulnerabilità rispetto al barbiere/infermiere. Nel primo caso, avrà di fronte una persona armata di rasoio alla quale dovrà porgere il collo. Più imbarazzante l’altra circostanza: avrà alle spalle un infermiere al quale dovrà porgere le natiche.

Ebbene, lo sviamento di potere è il barbiere che dall’alto della sua posizione privilegiata afferra il collo del cliente (oppure usa impropriamente lo strumento rasoio) per esercitare una pressione sullo stesso allo scopo di realizzare fini diversi da quelli per i quali esercita la sua professione.

Lo sviamento di potere del barbiere arreca, chiaramente, un grave pregiudizio al cliente. Si immagini quanto grave possa essere il pregiudizio in caso di sviamento di potere da parte dell’infermiere. L’atto sarebbe viziato, in ambo i casi.

Nel tema in esame, il rasoio è il potere che ha l’amministrazione militare di movimentare il personale. La maggiore fragilità (il porgere il collo) è la sottrazione dell’ordine di trasferimento alle garanzie motivazionali e partecipative previste dalla L. 241/90. La circostanza che i trasferimenti militari siano considerati alla stregua degli ordini militari, infatti, offre alle amministrazioni militari uno strumento che incide sulla carne viva del personale più di un rasoio affilato [1].

Per tornare al caso in disamina, il ricorrente, con la dimostrazione dello sviamento, ha ottenuto la soddisfazione dei propri interessi, in quanto i giudici hanno stabilito che il provvedimento impugnato era affetto da eccesso di potere.

Dalle motivazioni della giurisprudenza amministrativa è emerso come formalmente (in astratto) l'Amministrazione abbia utilizzato uno strumento preordinato per raggiungere uno scopo, ma poi sostanzialmente (in concreto) abbia perseguito altre finalità.

L'APPARATO MOTIVAZIONALE DELLA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Secondo il Tar Umbria “il provvedimento impugnato appare distanziarsi dal perseguimento del fine organizzativo, consistente nell’ottimale utilizzazione delle risorse umane disponibili.

Risulta al riguardo significativo, … la descritta scansione temporale degli avvenimenti: contestazione dell’illecito disciplinare, giustificazioni offerte dall’incolpato, irrogazione della sanzione del rimprovero - trasferimento d’autorità, appunto - annullamento in autotutela della sanzione, richiesta di chiarimenti sulle modalità di acquisizione di un documento posto a sostegno del ricorso giustiziale”[2]

Inoltre, dal punto di vista strettamente processuale, è da salutarsi con favore il contraddittorio effettivamente paritario - di chiaro respiro civilistico e tipico del processo di parti  - instaurato tra il ricorrente e l'Amministrazione. Infatti le giustificazioni del Comando Generale della Guardia di Finanza sono apparse al giudice di prime cure “assai poco consistenti se considerate alla luce delle analitiche giustificazioni dallo stesso di volta in volta prodotte …e non adeguatamente confutate nel provvedimento conclusivo”.

Infine, la Quarta Sezione di Palazzo Spada -richiamando la propria giurisprudenza in materia- ha avallato tale interpretazione del giudice di Perugia, specificando che “... in simili fattispecie, il compito del giudice è limitato al riscontro della effettiva sussistenza della situazione di incompatibilità riscontrata dall'Amministrazione (e costituente presupposto del provvedimento) e della proporzionalità del rimedio adottato dall’Amministrazione stessa per rimuoverla; tale riscontro può condurre all’annullamento dell’atto quando sia accertato il concreto difetto dei presupposti fattuali allegati dall’Amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27 gennaio 2011, n. 623; sez. IV, 3 maggio 2011, n. 2615; sez. IV, 15 gennaio 2016, n. 103; C.G.A.R.S., 20 dicembre 2016, n. 473)”.

CONCLUSIONI

Auspico che questa sentenza inauguri un nuovo corso della giurisprudenza amministrativa in materia di personale militare, in cui venga sempre ricercato un effettivo contraddittorio tra il ricorrente e l'Amministrazione, al fine di un autentico contemperamento tra l'ampia discrezionalità amministrativa -necessaria per la tutela dell'interesse pubblico- e la rilevanza costituzionale della motivazione del provvedimento amministrativo:-”L’esigenza di conoscibilità dell’azione amministrativa, anch’essa intrinseca ai principi di buon andamento e d’imparzialità, … si realizza proprio attraverso la motivazione, in quanto strumento volto ad esternare le ragioni e il procedimento logico seguiti dall’autorità amministrativa. Il tutto in presenza di provvedimenti non soltanto a carattere discrezionale, ma anche dotati di indubbia lesività per le situazioni giuridiche del soggetto che ne è destinatario[3]”

Post scriptum

Il trasferimento d’autorità, se svincolato da qualsiasi motivazione, rende ricattabile il militare, ponendolo in una condizione di quasi sudditanza rispetto all’Amministrazione. Una tale condizione è funzionale ad un certo tipo di obbedienza, cosiddetta, adesiva o assoluta, in quanto “disincentiva” ogni forma di rimostranza, anche rispetto agli ordini che non andrebbero eseguiti.

Questi i motivi per i quali ritengo che il “varco” aperto dai giudici amministrativi sia di grande interesse, poiché:

- implicitamente, lenisce alcune delle “patologie” che ancora oggi, ahimè, affliggono l’obbedienza militare [4];

- comporterà, nel lungo periodo, un considerevole risparmio per le casse dello Stato. Si consideri che ogni trasferimento d’autorità costa ai contribuenti circa 11 mila euro. Se i trasferimenti non sono ben ponderati, ma vengono effettuato anche per altri scopi, comunque diversi da quelli espressamente previsti dalla legge, creano un inutile ed evitabile danno erariale.

Cleto Iafrate

Direttore del laboratorio delle Idee di Ficiesse

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- Per leggere la sentenza del TAR Umbria, clicca QUI.

- Per leggere la sentenza del Consiglio di Stato, clicca QUI.

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[1] Nell’attuale contesto socio-economico è decisamente gravoso per un nucleo familiare affrontare un trasferimento da una sede ad un’altra: si pensi alla circostanza che ormai la maggior parte dei nuclei familiari presentano entrambi i coniugi lavoratori, e dunque il cambio di sede di uno comporta immediati riflessi sul lavoro dell’altro; si pensi inoltre alla frequentazione scolastica/universitaria dei figli; si pensi alle attuali difficoltà economiche e logistiche a reperire un alloggio con particolare riferimento alle grandi città. Come può un tale sconvolgimento di vita definirsi una semplice modalità di svolgimento del servizio?

[2] E’ interessante notare che “... al ricorrente sono stati richiesti chiarimenti in ordine alle modalità di acquisizione di uno dei documenti allegati al ricorso straordinario – chiarimenti forniti in pari data”.

Si constata con rammarico come le Amministrazioni militari continuino a vedere con sfavore l'allegazione di documenti provenienti dalle stesse e necessari per la difesa, essendo orientate in tali casi “all'aggravamento burocratico”.

Impongono, cioè, ai ricorrenti di produrre istanza di accesso ad atti di cui si ha la disponibilità e necessari per la difesa.

Tale circostanza a me pare una violazione del principio costituzionale di economicità e buon andamento cui deve ispirarsi l’attività di ogni pubblica amministrazione -comprese quelle ad ordinamento militare-, nella misura in cui impiegano delle risorse umane per svolgere un'attività piuttosto articolata (presentazione di istanza, assunzione a protocollo, nomina del responsabile del procedimento, trattazione della conseguente istruttoria ed eventuale contenzioso in materia di accesso) che contestualmente viene distolta da altre mansioni, per valutare l'ostensione di documenti per cui ai sensi dell'art. 24 c. 7 L. 241/90 “deve essere comunque garantito l'accesso” in quanto necessari “per curare o per difendere i propri interessi giuridici”. Per un caso analogo, si veda: PUR DI NON DARE RAGIONE AL CARABINIERE, LA SECONDA SEZIONE DEL CONSIGLIO DI STATO SCONFESSA LA  QUARTA.

[3] Corte Cost., sent. n. 310/2010 in www.cortecostituzionale.it

[4] Per un approfondimento in tema di patologie che affliggono l’obbedienza militare, si rimanda al seguente articolo referato: “Obbedienza, ordine illegittimo, ordinamento militare”.


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