IL CASO CUCCHI E LE OPACITA' DEI CORPI MILITARI di Daniele Tissone su Huffingtonpost.it

domenica 21 ottobre 2018

IL CASO CUCCHI E LE OPACITA' DEI CORPI MILITARI  di Daniele Tissone su Huffingtonpost.it

La drammatica e inaccettabile vicenda di Stefano Cucchi pone un problema fondamentale e ormai ineludibile che attiene alla democraticità e alla trasparenza dei corpi in divisa a carattere militare. Lo dico da cittadino e da poliziotto, esponente di un sindacato di categoria che ha sempre visto nella polizia civile, formata, trasparente, sindacalizzata e democratica un obiettivo costante da perseguire. In una società mediatica e iperconnessa dove ormai non esiste più un confine tra l'informazione (intesa come cronaca giudiziaria) sul procedimento penale e l'accertamento sui mezzi di informazione di fatti asseritamente inerenti o utili al processo, non è più possibile da parte delle istituzioni e di chi le rappresenta ai massimi livelli non contrastare opacità, atteggiamenti omertosi o addirittura discriminatori nei confronti di chi, con coraggio, si appella alla propria coscienza morale rinunciando a condotte cameratesche.

Atteggiamenti che negli ambienti militari - dove la gerarchia è il principale paradigma del funzionamento del sistema, dove i regolamenti interni parlano ancora di "superiori" e "inferiori", dove il rapporto di subordinazione e il dovere di obbedienza appaiono sostanzialmente assoluti - sono esaltati e inamovibili. Al di là delle responsabilità dei singoli appartenenti che andrà accertata nelle sedi processuali e nei rispettivi gradi di giudizio, l'Arma dei Carabinieri come istituzione nella vicenda Cucchi (e non solo) sta dimostrando i limiti di un corpo che oggi più che mai ha bisogno di essere democratizzato e sindacalizzato, senza ovviamente nulla togliere al merito di un corpo che, attraverso i suoi appartenenti, tanto ha dato e tanto darà ancora sul versante del contrasto ai fenomeni criminali presenti nel nostro Paese.

Quando lo scorso aprile, dopo una battaglia che ha visto la Cgil in prima linea, la Corte Costituzionale ha aperto la strada alle associazioni professionali a carattere militare nelle forze armate, nei fatti il sindacato con le stellette, un generale ha pubblicamente commentato la sentenza con queste parole: "Da vecchio comandante non ho mai compreso che cosa potesse e possa fare un organo di rappresentanza che non lo potesse o possa fare il rispettivo comandante. Per me è stato ed è ancora un mistero", aggiungendo "che si fa sempre più fatica ad obbedire e il riconoscimento del dovere è spesso frustrato dalla esigenza sempre più stringente del soddisfacimento degli innumerevoli diritti" con una chiosa che considera già eccessiva la presenza dei Cocer in quanto "la presenza ormai pluridecennale degli organi di rappresentanza ha dato troppo spesso luogo a una deresponsabilizzazione da parte di chi è deputato al comando, di chi cioè deve appunto rispondere".

Parole che rappresentano "pensieri" diffusi tra i vertici e i comandi militari. Parole che rilette oggi, dopo gli ultimi sviluppi del processo relativo alla morte di Stefano Cucchi, assumono un sapore inquietante. Confermando la necessità di procedere speditamente nella direzione di una sindacalizzazione delle forze armate e di continuare, anche per le polizie ad ordinamento civile, nel percorso di una sempre maggiore affermazione dei diritti del personale. Perché democrazia e trasparenza sono l'unico antidoto contro omertà e prevaricazioni. Soprattutto se si porta una divisa.


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