INTERVISTA AL FIGLIO DELL'AGENTE DI FALCONE, VITO SCHIFANI :«IO, CADETTO G.DIF. PER BATTERE IL RACKET». - di Anna Gandolfi dal corriere.it del 27 maggio 2012 - ,

sabato 25 maggio 2019

Parlano Rosaria Costa, moglie di Vito Schifani, e il figlio Antonino Emanuele, che ha giurato a Bergamo con altri 66 cadetti. Il padre restò ucciso nella strage di Capaci. «Quando passiamo da quell’autostrada sentiamo un pugno allo stomaco»

Il premier l’ha voluto incontrare di persona. Dopo il giuramento, dopo i discorsi ufficiali, dopo la piazza Mario Monti ha deciso di incontrare i cadetti in Accademia e ha chiesto di lui. Antonino Emanuele Schifani aveva solo quattro mesi quando suo padre, Vito, è stato ucciso: era un poliziotto della scorta di Giovanni Falcone, l’auto che guidava è saltata sull’autostrada, devastata dal tritolo nella strage di Capaci.

Antonino Emanuele oggi di anni ne ha venti ed è un allievo dell’Accademia delle Fiamme gialle, ieri ha prestato giuramento. Ha scelto di servire lo Stato nonostante tutto. «Mi volevo sentire utile», dice. Lo sarà con il suo lavoro, ma anche per quello che rappresenta. Monti ha voluto conoscere il figlio di Vito Schifani, perché è un simbolo oggi come vent’anni fa lo era diventata la vedova Rosaria Costa, pronunciando durante i funerali quelle parole: «Io vi perdono. Però vi dovete mettere in ginocchio, se avete il coraggio di cambiare». Rosaria aveva 22 anni, era appena rimasta sola con il suo Manù. Lo stesso bambino che oggi indossa l’alta uniforme, facendole luccicare gli occhi ma questa volta con un sorriso grande così: «Per me questo è un sogno», dice lei. Madre e figlio si guardano, poco dopo la fine della cerimonia in Accademia. Si intreccia un’intervista a due voci, con la conclusione che è ancora di questa mamma che come hanno raccontato negli anni poliziotti e magistrati, ha saputo farli inginocchiare davvero, i mafiosi. «Guardo mio figlio e sì, lo scriva: questa giornata per me è una vittoria. La più bella di tutte».

Signora Rosaria, suo figlio ha scelto di entrare nelle forze dell’ordine. Non ha mai avuto paura per lui?

(Rosaria) «Io ho paura tutti i giorni. Ho paura anche a prendere l’aereo. Anche per mio figlio ho paura, certo. Ma questo non ci ferma. Tanto si muore un giorno solo. Glielo dico citando Maria, la moglie di Boris Giuliano (capo della mobile di Palermo ucciso dalla mafia, il cui figlio ha seguito le orme in polizia, ndr ): meglio vivere e morire con coraggio che nascondersi».

Antonino, perché questa scelta?

(Antonino) «Volevo darmi da fare, rendermi utile. Sembra una frase fatta ma è la verità».

(Rosaria) «Sono orgogliosa di mio figlio. Poteva lasciar stare, tirarsi indietro pensando che lo Stato aveva lasciato solo suo padre, nel senso che si poteva fare di più per evitare la strage. E poteva dirmi: mamma io preferisco girare il mondo, andare alle Maldive. Invece eccolo qui. Il giuramento per me è stata un’emozione unica. Lo osservavo e rivedevo suo padre, la sua passione. Manù aveva solo pochi mesi, Vito diceva: diventerà importante. È così. Ma non importante nel senso che molti potrebbero intendere: importante perché ha dei valori profondi».

Sua madre è orgogliosissima.

(Antonino) «Per seguire questa strada bisogna fare sacrifici e lei lo sa. Per passare il concorso, con 67 posti e 10 mila iscritti, ho studiato come un matto. Mi chiamavano gli amici, chiedevano: esci? Io: no. Anche San Valentino dell’anno scorso l’ho passato a studiare e non con la mia ragazza».

Perché la finanza?

(Antonino) «Perché fra le peculiarità ha il lavoro che porta a bloccare i flussi economici delle organizzazioni criminali. Della mafia».

Che ha ucciso suo padre. Allora aveva quattro mesi.

(Antonino) «L’ho conosciuto attraverso i giornali e la televisione, ma soprattutto attraverso i racconti di mia madre. È stata lei a dirmi della sua morte, con parole semplici: papà non c’è perché l’hanno portato via mentre faceva il suo lavoro, serviva una causa».

È cadetto. Cosa vuole fare da grande?

(Antonino) «Ora ho molto da studiare, mi devo preparare. Sembro presuntuoso se dico che mi sento già grande? Nel senso che essere qui è un obiettivo importantissimo raggiunto. Poi sarebbe bello essere assegnato a un buon reparto, magari in Sicilia. Vorrei lavorare lì, sì».

Avete lasciato la Sicilia da tempo.

(Rosaria) «Viviamo a Sanremo».

Tornate mai a Palermo?

(Antonino) «Ultimamente non tanto spesso perché da otto mesi studio qui, a Bergamo. In passato più spesso, lì ci sono i nostri parenti».

Ripassa da Capaci?
(Antonino) «Sì. In autostrada mi si affolla la mente di pensieri. Un pugno allo stomaco».

Sua madre, dopo la strage, parlò direttamente ai mafiosi. Disse vi perdono, ma inginocchiatevi, cambiate. Lei perdona?
(Antonino) «Sono titubante. Sono più rigido di mia madre».

Mentre i cadetti giuravano c’erano coetanei che contestavano. Cosa ne dite?
(Rosaria) «Dico che non è stata una cosa molto carina, e mi limito a questo aggettivo, nei confronti di ragazzi che stanno dimostrando di credere nel loro obiettivo».

(Antonino) «Ho sentito le urla, ma ovviamente non potevo girarmi (i cadetti devono mantenere la posizione, ndr ). Quando è passato l’aereo la prima volta mi veniva da sorridere, ho anche rischiato di rovinare la cerimonia. Le manifestazioni? Non condivido la tesi ma sono legittime. Però non c’è bisogno di gridare. Si può far riflettere anche senza alzare la voce».

Poi Monti, incontrando i cadetti, ha chiesto di conoscere il figlio di Vito Schifani.

(Rosaria) «Sono felice. Ammiro il professor Monti, e non è per piaggeria: gli sono grata perché si è messo al lavoro per uno Stato che stava affondando».

Durante la cerimonia ha parlato della strage.
(Rosaria) «Lo Stato in questa giornata l’ho sentito presente, tantissimo: con questi ragazzi così orgogliosi dei loro valori, in un momento tanto difficile, e con questo premier che lavora per l’unità dello Stato. Oggi importantissima».

Fonte: corriere.it


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