MIGRANTI, BARCONE ESPLOSO A CROTONE: FINANZIERI INDAGATI PER OMICIDIO COLPOSO – da Repubblica.it

sabato 03 ottobre 2020

di Alessia Candito (da www.repubblica.it)

Lo scorso 30 agosto lo scafo esplose durante le operazioni di soccorso, morirono 4 migranti e due militari rimasero feriti. La procura ipotizza un incidente durante il rabbocco di carburante: "Atto dovuto". Le testimonianze concordano: "Cercarono di salvare tutti"

La chiave dell’inchiesta è in fondo al mare, tra i resti dello scafo che si è inabissato. È questa al momento l’unica certezza dei magistrati di Crotone, che indagano sull’esplosione della barca a vela che il 30 agosto scorso è costata la vita a quattro migranti al largo di Isola Capo Rizzuto e gravi ferite ai due finanzieri, Maurizio Giunta e Giovanni Antonio Frisella, che si trovavano a bordo. Insieme ai loro superiori, Andrea Novelli e Vincenzo Barbangelo, i due militari sono stati iscritti sul registro degli indagati per omicidio colposo plurimo e naufragio colposo.  

Un atto dovuto, filtra dalla procura, per chiarire nel modo più preciso possibile quanto accaduto. Era il 30 agosto, nella notte la barca a vela era stata individuata al largo di Sellia Marina e dopo essere stata messa in sicurezza, avrebbe dovuto essere scortata fino al porto più vicino. Per questo, Giunta e Frisella erano a bordo. Ma mentre le operazioni erano in corso, improvvisamente due esplosioni hanno distrutto lo scafo. 

Secondo quanto riferito da sette sopravvissuti, poco prima i due finanzieri avevano fatto un rabbocco di carburante per mettere l’imbarcazione in condizione di arrivare fino in porto. Proprio per chiarire se e in che misura tale manovra abbia potuto causare o influire sull’incidente, le testimonianze dei migranti sono state cristallizzate e messe formalmente agli atti del processo.  

Un passaggio necessario, si legge nelle carte, alla luce delle condizioni personali dei testimoni “che con elevata probabilità possono impedirne l’esame nel dibattimento”. Sono tutti migranti e sei di loro sono minori, stanno ancora formalizzando la richiesta d’asilo e probabilmente si disperderanno lungo i rivoli del sistema dell’accoglienza. Per questo la procura ha scelto di ufficializzare le loro deposizioni, che in questo modo potranno essere usate in un eventuale processo. Parole che sono servite anche per iniziare a chiarire il quadro. 

 È vero i finanzieri - che si sono spesi per tentare di salvare più migranti possibile dopo l’esplosione, hanno confermato tutti i sopravvissuti -  poco prima dell’esplosione avevano effettuato un rabbocco di carburante per far ripartire il motore che si era improvvisamente fermato. E la cosa aveva funzionato, la barca aveva ricominciato ad andare. Ma pochi minuti dopo si è verificata una prima esplosione. È successo – sul punto le testimonianze concordano –  al centro dello scafo. Ma lì non c’è il motore, né i depositi di carburante.

Sottocoperta però - hanno riferito alcuni - c’era un vecchio cucinino alimentato da una bombola a gas. L’ipotesi, tutta da verificare, è che sia stata quella l’origine della prima esplosione, cui è seguito un incendio e un secondo scoppio. E poi, hanno fatto notare le difese, rappresentate dagli avvocati Pasquale Carolei, Filly Pollinzi ed Emanuele D'Alessandro, il carburante non esplode, una bombola di gas magari sì. Tutti elementi che adesso sono a disposizione dei magistrati, che tuttavia aspettano di confrontarsi con quel relitto, adagiato sul fondo del mare, che con i suoi squarci e lacerazioni continua ad essere il testimone chiave e la prova regina.


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