L'APPUNTO INTRODUTTIVO ALLE PRESENTAZIONI DEL LIBRO "LA RIVOLUZIONE CIVICA, ORGANIZZATIVA E SINDACALE DELLE GESTIONI PUBBLICHE ETPL"
Associazione Finanzieri Cittadini e Solidarietà Ficiesse
APPUNTO INTRODUTTIVO ALLE PRESENTAZIONI DEL LIBRO “LA RIVOLUZIONE ORGANIZZATIVA, CIVICA E SINDACALEDELLE GESTIONI PUBBLICHE ETPL”
1. PREMESSA
L’autore del libro che presentiamo oggi è Giuseppe Fortuna, ufficiale della Guardia di Finanza fino al 2000, dirigente del Garante della privacy dal 2000 al 2008, cofondatore e segretario generale dell’Associazione Finanzieri Cittadini e Solidarietà - Ficiesse dal 2011 al 2015 e avvocato amministrativista del Foro di Roma dal 2009.
Ficiesse è stata costituita a maggio del 1999 da personale in servizio e in congedo della Guardia di Finanza e da dieci sindacalisti, tra i quali gli allora segretari nazionali della Cgil Giuseppe Casadio e Carlo Ghezzi, con le due principali finalità indicate nell’articolo 3 dello Statuto:
1) il riconoscimento legislativo dei diritti sindacali ai cittadini militari, per superare la caratteristica inadeguata, frenante e pericolosa di una militarità distante e separata dalla società civile;
2) l’avvio di iniziative di cooperazione tra militari della Guardia di Finanza in servizio e in pensione e cittadini non militari per analisi e proposte volte al miglioramento dell’efficienza e della produttività delle pubbliche amministrazioni, alla prevenzione della corruzione e al contrasto all’evasione fiscale e contributiva.
Quanto alla prima finalità, grazie alla sentenza 120/2018 della Corte Costituzionale conseguente al ricorso del brigadiere della Guardia di Finanza Franco Solinas, all’epoca segretario nazionale Ficiesse, sono stati riconosciuti i diritti sindacali a tutti cittadini militari ed è stato costituito il Sindacato Italiano Lavoratori Finanzieri - Silf, il primo della Guardia di Finanza.
Quanto alla seconda, grazie all’introduzione del nuovo diritto di accesso civico generalizzato, Ficiesse ha avviato nel maggio del 2017 i Foia del “Progetto Etpl Italia trasparente” informati alla nuova metodologia di contabilità pubblica economica descritta nel libro che presentiamo oggi: l’Etpl public management.
2. LA CORRUZIONE IN ITALIA
La corruzione nasce e prolifera nelle amministrazioni pubbliche non efficienti, non trasparenti e chiuse ai controlli della società civile.
In Italia non stiamo migliorando. Lo conferma l’ultimo Indice di Percezione (CPI) del rapporto presentato il 30 gennaio scorso da Transparency Internationali: nel 2023 siamo rimasti al 42° posto nel mondo e al 18° posto nell’Unione Europea, dopo Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svezia, Paesi Bassi, Germania, Lussemburgo, Irlanda, Estonia, Belgio, Austria, Francia, Lituania, Portogallo, Lettonia, Spagna, e Repubblica Ceca.
Come mai siamo ancora così indietro?
Il motivo, come spiegato fin dalle prime pagine del libro, è che nel nostro Paese le pubbliche amministrazioni sono tutte autoreferenziali per espressa scelta del legislatore, con il risultato che alcune funzionano bene, e talvolta benissimo, altre funzionano male, e talvolta malissimo rimanendo, queste ultime, esposte alla corruzione.
Cos’è sotto il profilo psicosociologico la corruzione nel pubblico impiego è descritto nella relazione presentata nel 2018 dall’allora Procuratore della Repubblica di Roma, GIUSEPPE PIGNATONE, ad un convegno tenuto all’Università di Firenze riportata a pagina 17 del libro (con sottolineature non presenti nella versione originale).
«(…) In primo luogo, c’è una “corruzione pulviscolare”, quella che qualcuno ha definito il rumore di fondo della corruzione: una miriade di fatti, anche di minima entità, basati sullo scambio di somme anche modeste con condotte o omissioni del pubblico ufficiale che costituiscono a loro volta quasi una routine. (…) Di solito questa corruzione pulviscolare è costituita dall’incontro tra soggetti che occupano ruoli burocratici medio-bassi e interlocutori privati dal modesto potere di acquisto. Essa è favorita dalla cattiva amministrazione che rende più difficili i controlli dei processi decisionali, allunga i tempi di risposta e riduce la qualità dei servizi prestati. Almeno di regola questo tipo di corruzione vede un ridotto numero di partecipi, forti legami fiduciari, limitata capacità espansiva.
Naturalmente questo rapporto corruttivo che definirei “classico”, un “do ut des” senza intermediari, può anche avere ad oggetto somme molto più rilevanti e atti e provvedimenti del pubblico ufficiale molto più significativi.
Un imprenditore romano ha raccontato (avendo cura che si trattasse di reati già prescritti o sull’orlo della prescrizione) di avere pagato praticamente ogni persona che aveva avuto un ruolo, anche minimo nella trattazione delle pratiche che gli interessavano: dai 50 euro dati al commesso per portare il fascicolo da una stanza all’altra, ai mobili regalati al geometra che per primo l’aveva esaminata, fino alle grosse somme versate al dirigente che aveva il potere decisionale.
3. Di regola però, quando gli interessi in gioco sono più rilevanti, assistiamo a fenomeni più complessi che uno dei maggiori studiosi italiani ha definito, da un punto di vista sociologico, di “corruzione sistemica” (in cui prevalgono modelli non pianificati di regolazione delle attività dei partecipanti) e di “corruzione organizzata”, nella quale vi è un riconoscibile centro di autorità che ricopre il ruolo di garante dell’adempimento dei patti di corruzione e di rispetto delle corrispondenti norme di comportamento grazie alla sua capacità di risolvere dispute e comminare sanzioni così da assicurare ordine, prevedibilità, stabilità nei rapporti.
Il garante può essere di volta in volta, in questa analisi sociologica, un partito politico, un clan politico-burocratico, un alto funzionario, un imprenditore o un cartello di imprenditori, un mediatore o un faccendiere o - infine - un boss mafioso o, più genericamente, un’organizzazione criminale. Nell’un caso e nell’altro, caratteristica fondamentale è la natura non occasionale né isolata degli episodi; tale natura è invece tendenzialmente stabile, con carattere seriale e con il consolidarsi di una serie estesa e ramificata di relazioni informali, e a volte illegali, tra una pluralità di attori che operano in settori diversi.
È quella che, scusandomi per l’autocitazione, ho definito una volta la deprimente “quotidianità della corruzione”, commentando le immagini di una dirigente di un’Azienda a carattere pubblicistico che teneva la borsa aperta sulla scrivania perché gli imprenditori che andavano a parlare delle loro pratiche vi mettessero, senza che lei dicesse una parola, le buste con il denaro. Del resto, la donna in un’altra conversazione intercettata affermava “Non c’è un imprenditore che possa dire che non ha pagato per avere l’aggiudicazione di una gara”.»
3. PERCHÉ NON HANNO FUNZIONATO LE RIFORME DEGLI ANNI NOVANTA SECONDO FRANCO BASSANINI
Il processo legislativo per il miglioramento delle pubbliche amministrazioni italiane, avviato negli anni Novanta, non si è ancora concluso per i motivi esposti in una relazione presentata a gennaio del 2008 dall’ex ministro Franco Bassanini ad un convegno all’Università Roma Tre, dei quali riportiamo alcuni passaggi (con sottolineature non presenti nella versione originale).
«La contrattazione integrativa (…) ha completamente fallito l’obiettivo affidatole dalle leggi di riforma, quello di essere uno strumento efficace di promozione della produttività e di valorizzazione del merito»
«Lo “spacchettamento” dei ministeri ha prodotto effetti analoghi nelle amministrazioni centrali dello Stato e ha soprattutto ingenerato la convinzione che l’organizzazione amministrativa non sia il prodotto di una razionale progettazione degli strumenti di attuazione delle politiche pubbliche, ma una variabile dipendente dalle esigenze di sistemazione di un ceto politico pletorico e assetato di incarichi e di prebende. Il piano di e-government è rimasto al palo. Il lavoro di semplificazione dei carichi regolativi e burocratici, appena avviato, si è fermato, cedendo il passo a un ritorno alla cultura della iperregolazione. Responsabilità, merito, valutazione delle performance restano l’eccezione, non la regola; e sono state travolte da pratiche di spoil system, dalla distribuzione di incentivi a pioggia, dall’esplosione dei costi della politica, dalle resistenze di una cultura burocratica dura a morire, dal conservatorismo degli organi di controllo contabile, dalla incapacità del ceto politico di pensare le politiche pubbliche in termini di strategie, obiettivi e risultati quantificabili e misurabili.»
«Tra i segmenti della riforma rimasti in mezzo al guado, in assenza di una determinata e convinta attività di implementazione, uno era ed è certamente fondamentale, perché avrebbe dovuto incidere in profondità sulla cultura e sul funzionamento di tutte le amministrazioni, realizzando una vera e propria “rivoluzione culturale” (dalla cultura del formalismo giuridico a quella delle perfomances, dei risultati, della qualità delle prestazioni e dei servizi ai cittadini, della valorizzazione del merito e della professionalità). Mi riferisco a quella parte della riforma (dovuta soprattutto alla straordinaria intelligenza e alla grande competenza di Massimo D’Antona) che ha trovato disciplina nei primi articoli del decreto 80 del 1998 e poi del testo unico del 2001: dove è scritto in modo chiaro e preciso che per ogni amministrazione le autorità politiche hanno la responsabilità di definire le politiche pubbliche, tradurle in direttive strategiche, definire obiettivi precisi (chiffrés, dicono i francesi), introdurre meccanismi di valutazione oggettivi e affidabili; che i dirigenti hanno piena autonomia e responsabilità per la gestione delle loro strutture amministrative; che carriere, promozioni, rimozioni, e anche una parte delle retribuzioni deve essere correlata ai risultati ottenuti; e che i dipendenti pubblici possono essere licenziati secondo le stesse regole del diritto privato, e dunque per giusta causa. Quelle leggi sono ancora in vigore. Ma la loro attuazione lascia molto a desiderare. Gli obiettivi, quando ci sono, sono spesso generici e vaghi; le performances o non vengono misurate o sono valutate in modo sommario e discrezionale; la quota delle retribuzioni legata ai risultati è spesso minima; e non di rado viene distribuita a tutti, indipendentemente dai risultati.»
«Perché la rivoluzione è ancora bloccata sul bagnasciuga? Innanzitutto perché il ceto politico italiano è renitente a fissare obiettivi precisi di produttività, di qualità e quantità dei servizi e ad attivare meccanismi obiettivi e affidabili per verificarne il raggiungimento. Ciò – credo - per due ragioni: la prima, perché in questo modo si sottrae alla politica un potere di valutazione discrezionale, si impedisce di premiare o punire secondo criteri fiduciari o di fedeltà politica, si rende più difficile un uso clientelare della amministrazione da parte della politica (se il direttore sanitario deve dimezzare le liste d’attesa, altrimenti rischia il posto e l’indennità di risultato, sarà più difficile per il politico imporgli l’assunzione di amici e portaborse del potente di turno!); la seconda è che la definizione di obiettivi impegnativi ma realistici è un lavoro, che richiede tempo e grande impegno da parte di ministri, presidenti di regioni, sindaci, assessori (…). Ma anche il ceto burocratico ha la sua parte di colpa. Abituato all’esercizio di un potere irresponsabile, sottoposto da sempre a controlli di sola legittimità, indifferente ai risultati e alle performance, uso a scambiare la propria sostanziale irresponsabilità con la disponibilità a piegarsi a richieste improprie e clientelari dell’autorità politica, il ceto burocratico ha per lo più interpretato la riforma come uno strumento per aumentare a pioggia i redditi dei dirigenti attraverso quote di retribuzione variabile distribuite, in assenza di indicatori di performance e strumenti di valutazione dei risultati, necessariamente a tutti, meritevoli e incapaci, diligenti e fannulloni.»
«Le Amministrazioni pubbliche italiane non hanno bisogno di una nuova rivoluzione normativa, bensì di un complesso di azioni che incidano in modo radicale sulla cultura, sulla organizzazione, sugli strumenti, sui processi e sui prodotti delle pubbliche amministrazioni. (…) Occorre, conseguentemente, sostituire alla cultura burocratica la cultura dei risultati e della valutazione dei risultati, delle performance e della loro misurazione, del servizio pubblico e della soddisfazione del cittadino-utente. Occorre ripristinare il principio della autonomia e responsabilità dei dirigenti, e modularne la carriera sulla base dei risultati conseguiti e oggettivamente misurati: dunque fermare la deriva verso lo spoil system, il clientelismo, il ritorno a pratiche diffuse di lottizzazione e di corruzione. (…) Occorre, dunque, un governo che sappia promuovere, con forte determinazione, la diffusione della cultura del merito, della qualità, dei risultati, della valutazione nelle pubbliche amministrazioni, e costringere politici e burocrati a comportamenti virtuosi (o, quanto meno, rispettosi delle leggi di riforma).»
«Beninteso, il punto di partenza non sta nella valutazione delle perfomance dei singoli dirigenti o dipendenti, ma delle unità amministrative. Se un ospedale o un laboratorio di analisi riesce a raggiungere l’obiettivo di una consistente riduzione delle liste d’attesa, va da sé che la valutazione di risultato dei suoi dirigenti (o della loro grande maggioranza) sarà positiva; se ciò non avviene, occorreranno forti ragioni per riconoscere risultati positivi alla maggioranza dei dirigenti della struttura che ha fallito gli obiettivi previsti. Ma occorre anche investire sul capitale umano delle amministrazioni, sulla sua formazione e professionalizzazione, e su un sistema di incentivi (materiali e morali) adeguato a premiare il merito, l’innovazione, la produttività, i risultati.»
«Le esperienze di questi anni devono essere utilizzate al meglio. Per riprendere, rilanciare, implementare ciò che ha funzionato, magari anche solo a livello di best practices (diffondere e generalizzare le best practices); per correggere ciò che non ha funzionato; per introdurre i rimedi necessari a superare resistenze, difficoltà, ostacoli.»
4. L’ERRORE DI BASE DELLA CONTABILITÀ PUBBLICA ECONOMICA ITALIANA
Il processo legislativo per il miglioramento delle pubbliche amministrazioni italiane è iniziato con il diritto di accesso agli atti introdotto dalla legge 241 del 1990, prima applicazione del principio di trasparenza delle azioni amministrative.
Nel 1993, il decreto 29 ha distinto le funzioni e le responsabilità di indirizzo politico dell’assegnazione degli “obiettivi”, attribuiti ai ministri, da quelle di gestione delle risorse e del conseguimento dei “risultati” proprie dei dirigenti; mentre la legge delega 59 (la prima Legge Bassanini) ha avviato una serie di riforme basate sul principio, introdotto dal Trattato di Maastricht, di sussidiarietà verticale per il decentramento delle funzioni pubbliche ai livelli più vicini alle realtà economiche e sociali dei territori.
Gli obiettivi sono gli esiti da raggiungere nel periodo considerato, distinti in “generali”, propri del livello centrale e dei livelli territoriali ove esistenti, e “specifici”, assegnati alle singole unità organizzative interne. I risultati sono gli esiti effettivamente raggiunti a periodo concluso, che possono coincidere o meno, in tutto o in parte, con gli obiettivi assegnati.
Le riforme hanno in tutta evidenza preso a riferimento il metodo della Gestione per obiettivi e risultati, Management by objectives/results - Mbo, presentato per la prima volta nel 1954 dal giurista ed economista austro-statunitense Peter Ferdinand Drucker nell'opera The practice of management, metodo che è stato oggetto nei decenni successivi di numerosi perfezionamenti e cambi di denominazione e si è diffuso in tutto il mondo.
L’Mbo prende le mosse da un’osservazione psicosociologica:
«Il personale di qualunque organizzazione si concentra inevitabilmente sugli obiettivi ESPRESSI IN NUMERI ESATTI e non con modalità meramente descrittive».
Dall’osservazione scaturisce la prima regola di tutte le Gestioni per obiettivi, Etpl comprese:
«Gli obiettivi devono essere espressi, ogni volta che sia possibile, in numeri esatti».
Sennonché, il metodo è stato concepito guardando alle organizzazioni for profit, caratterizzate tutte dalla presenza della dimensione finale numerica assolutamente certa, in quanto espressa in denaro, dei ricavi; organizzazioni il cui obiettivo “essenziale” (per non dire esiziale) è uno, semplice, numerico e assolutamente esatto: il denaro incassato dalle vendite deve superare, entro un tempo ragionevole, quello pagato per l’acquisto dei fattori della produzione. Se questo non accade la proprietà prima sostituisce il Ceo (Chief executive officer) poi, se le perdite continuano, chiude i battenti e i dipendenti perdono i posti di lavoro.
Ma quali possono e devono essere gli “obiettivi essenziali” delle organizzazioni che non vendono ma erogano i servizi prodotti? Su quali obiettivi espressi in numeri altrettanto esatti, certi e completi si possono e si devono far concentrare tutti i dipendenti pubblici, dal dirigente generale all’impiegato neo assunto?
Sta qui l’errore a cui è informato l’intero attuale sistema italiano di contabilità pubblica economica e che è sintetizzato nel disposto dell’articolo 18 del decreto 165 del 2001, il cosiddetto Testo unico del pubblico impiego:
« i dirigenti preposti ad uffici dirigenziali di livello generale adottano misure organizzative idonee a consentire la rilevazione e l'analisi dei costi e dei rendimenti dell'attività amministrativa, della gestione e delle decisioni organizzative».
Quindi, poiché nessuna disposizione di legge definisce quali dimensioni debbano intendersi per “rendimenti”, cioè per obiettivi e risultati, e con quali modalità si debba procedere alla loro esatta misurazione e rappresentazione nei bilanci di periodo i dirigenti di vertice delle pubbliche amministrazioni sono lasciati liberi:
- di fissare gli obiettivi che credono e “se” lo credono;
- di misurarli in tutto, in parte o di non misurarli affatto;
- di indicarli con modalità non numeriche ma meramente descrittive e quasi sempre coincidenti con la nozione di incarico;
- di cambiarli da un anno all’altro a loro piacimento.
Ma se codice civile, discipline ragionieristiche e leggi d’imposta permettessero a imprenditori, artigiani e professionisti di decidere loro, in totale autonomia, quali poste considerare ricavi e con quali principi e criteri contabili rappresentarli nei bilanci annuali entrerebbero soldi nelle casse dello Stato?
Sta qui la causa di tutte le disfunzioni evidenziate dal professor Bassanini nella relazione del 2008, sulle quali si può intervenire in tempi brevi con le modifiche al Decreto Brunetta, il 150 del 2009, indicate nell’ultimo capitolo del libro che presentiamo oggi.
5. LA RIVOLUZIONE "ORGANIZZATIVA" DELLE GESTIONI PUBBLICHE ETPL
L’Etpl public management è una nuova contabilità pubblica economica che parte dall’individuazione delle dimensioni gestionali che, analogamente a quella dei ricavi propria delle organizzazioni rivolte al mercato, presentano i caratteri della certezza, della completezza e della semplicità, per poi definire le modalità di individuazione e di fissazione degli “obiettivi essenziali” da assegnare al livello centrale e ai livelli territoriali dell’organizzazione considerata (come da esempi riportati in nota) e degli obiettivi specifici delle unità organizzative interne.
Gestioni che abbiamo chiamato ETPL perché queste inedite modalità di misurazione dell’Efficienza e della produttività delle pubbliche amministrazioni sono strettamente collegate alle prospettive:
- della Trasparenza delle decisioni organizzative e gestionali assunte dai dirigenti di vertice e dei risultati effettivamente conseguiti sui territori;
- della Partecipazione delle organizzazioni civiche e delle associazioni di categoria nei momenti della determinazione degli obiettivi “essenziali” da assegnare a inizio anno e della verifica dei risultati effettivamente conseguiti ad anno concluso;
- della pratica della Legalità all’interno e all’esterno delle amministrazioni.
Con risultati sorprendentemente rapidi in termini di aumento della produttività, di controllo e contenimento selettivo (e non lineare) della spesa pubblica e di eliminazione dei comportamenti opportunistici e devianti: dal semplice far nulla alle raccomandazioni (interne ed esterne), dalle false timbrature alla corruzione.
La rivoluzione organizzativa delle metodologie Etpl parte dall’osservazione che nelle organizzazioni che erogano servizi pubblici i caratteri della certezza, della completezza e della semplicità sono propri non della dimensione stimata delle attività, cioè dei processi di lavoro, ma delle tre dimensioni “fisiche”, e quindi non stimate:
- delle quantità di ore/persona lavorate distinte per le tipologie di processi di lavoro che le hanno assorbite (impieghi effettivi);
- delle quantità e la qualità dei prodotti versati a clienti esterni (output, nel linguaggio internazionale);
- degli andamenti territoriali dei fenomeni sociali ed economici di competenza istituzionale (outcome).
Questo non vuol dire trascurare la dimensione delle attività, vuol dire esattamente il contrario giacché è proprio dall’analisi continua e attenta dei processi di lavoro, sia di produzione diretta che di funzionamento, e dall’individuazione degli interventi per la loro razionalizzazione, a partire dalla scelta degli organigrammi e delle dotazioni organiche delle singole unità organizzative interne, che l’istituzione viene messa nelle condizioni di avviare processi di reale, effettivo, rapido e continuo miglioramento.
Analisi e interventi però che vanno valutati - ecco il punto - nei momenti in cui SI SCARICANO sulle altre dimensioni; nei momenti cioè in cui producono i loro effetti positivi in termini:
- di minori quantità delle ore/persona impiegate in attività di funzionamento e di direzione e controllo;
- di corrispondenti maggiori quantità delle ore/persona impiegate in attività di produzione diretta;
- di maggiori quantità e di migliore qualità degli output prodotti;
- di miglioramenti degli andamenti numerici degli outcome territoriali.6.1 LA CENTRALITÀ DEL SISTEMA INFORMATIVO SUGLI IMPIEGHI EFFETTIVI DELLE ORE/PERSONA
Un’ulteriore caratteristica, fondamentale per l’avvio e per l’implementazione continua delle Gestioni Etpl, è quella della interrelabilità, che però è propria soltanto della dimensione degli impieghi effettivi: l’unica che riesce a mettere in relazione tra loro e a coordinare negli obiettivi da raggiungere le altre due dimensioni (output e outcome).
È necessario precisare subito che gli “incarichi” sono le mansioni assegnate formalmente ai singoli dipendenti, mentre gli “impieghi” sono le quantità di ore/persona lavorate nel periodo considerato distinte per le tipologie di processi di lavoro che hanno effettivamente alimentato: quantità che devono corrispondere esattamente a quelle risultanti dalle timbrature dei cartellini (badge) e delle autodichiarazioni di presenza mensili.
DUE CONCETTI DIVERSI perché non di rado avviene che un lavoratore assegnato “sulla carta” all’unità organizzativa interna ALFA, deputata allo svolgimento di attività di produzione diretta, sia “di fatto” impiegato per mesi e talvolta per anni, nell’unità organizzativa BETA in attività strumentali e di supporto, cioè di funzionamento (segreteria, gestione del personale, amministrazione, logistica, servizi generali, ecc.), oppure che svolga la sua attività lavorativa presso SOGGETTI ESTERNI all’organizzazione a seguito dei cosiddetti provvedimenti di distacco o di comando.
Il primo sistema informativo sugli impieghi effettivi delle risorse umane nelle logiche Etpl, denominato “SIRIS”, è stato realizzato nella Guardia di Finanza negli anni Novanta ed è tuttora pienamente utilizzato dal Corpo.
Si tratta di un sistema “activity based”, basato cioè sull’individuazione di tutte le tipologie di processi di lavoro svolti a qualunque titolo dal personale dell’organizzazione ed è pertanto in grado di dialogare con i sistemi informativi sui prodotti, sul personale, sull’amministrazione e sulla logistica riuscendo a metterli in relazione tra loro nei momenti della fissazione degli obiettivi specifici ed essenziali di periodo: insomma, la BASE LOGICA e il LINGUAGGIO COMUNE che pone in sinergia dialettica tutte le componenti dell’organizzazione e consente ai responsabili di ogni livello di svolgere le loro funzioni di programmazione, controllo e riprogrammazione immediata in caso di cambiamenti degli scenari interni ed esterni.
Al Siris e alle sue modalità di implementazione è dedicato il Capitolo Tre del libro, mentre nel Capitolo Quattro sono descritte le applicazioni concrete del medesimo sistema informativo operate nella Guardia di Finanza e nell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali.
6. ORGANIGRAMMI E DISTORSIONI GESTIONALI
Gli organigrammi sono rappresentazioni grafiche della struttura dell’organizzazione che ne descrivono i sottosistemi, i livelli gerarchici, le competenze e le relazioni funzionali e devono essere resi pubblici ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 33 del 2013 unitamente ai nomi dei dirigenti responsabili.
Le informazioni sulle dotazioni organiche, cioè sull’esatto numero di dipendenti assegnati alle singole unità organizzative interne, non sono obbligatorie per legge, ma dal 2017 questi importantissimi dati possono essere richiesti con gli accessi civici generalizzati (i cosidetti Foia introdotti dalla cosiddetta Riforma Madia.
Le analisi degli organigrammi e delle relative dotazioni organiche hanno un RILIEVO CENTRALE nelle Gestioni Etpl e nei percorsi civici di controllo perché permettono di individuare con immediatezza l’insorgere di eventuali distorsioni gestionali, normalmente rappresentate:
- da un numero eccessivo (e talvolta abnorme) di dirigenti;
- da un numero eccessivo (e talvolta abnorme) di funzionari nelle amministrazioni deputate ad attività di tipo prevalentemente esecutivo;
- da un numero eccessivo (e talvolta abnorme) di livelli gerarchici;
- da una quantità eccessiva (e talvolta abnorme) di personale assegnato ad unità organizzative interne deputate ad attività di funzionamento (gestione del personale, amministrazione delle risorse finanziarie, logistica, relazioni esterne, servizi generali, coordinamento, controlli, studi, approfondimenti, ecc.) che sottraggono risorse a quelle di produzione diretta;
- dalla presenza di unità organizzative interne “unipersonali” composte da un solo dipendente che indirizza e controlla sé stesso.
Sono queste le situazioni che, se non poste sotto controllo, portano alla “cattiva amministrazione” alla quale ha fatto riferimento il dottor Pignatone nella relazione tenuta all’Università di Firenze.
7. LA MANCATA MISURAZIONE DEGLI OUTCOME E LA PARABOLA DEL PARCO PUBBLICO
Ulteriori importanti distorsioni sono prodotte dalla mancata misurazione degli outcome, una dimensione gestionale di IMPORTANZA PARI E IN ALCUNI SETTORI ADDIRITTURA SUPERIORE a quella dei prodotti a clienti esterni che nei convegni ai quali partecipiamo siamo soliti spiegare con la Parabola del parco pubblico.
«Tra il Comune di Alfa e il Comune di Beta si estende un parco di grandi dimensioni. La polizia del Comune di Alfa svolge pattugliamenti, anche serali e notturni, nella parte di competenza; la polizia del Comune di Beta non svolge pattugliamenti serali e notturni. A fine anno, nella zona Beta del parco si registrano “n” rapine e violenze; nella zona Alfa, zero rapine e violenze. Gli arresti dei rapinatori e dei violentatori sono oggetto di comunicati stampa che hanno larghissima eco sui media nazionali e locali. I dirigenti e il personale della polizia di Beta sono premiati e fanno carriera; i dirigenti e il personale della polizia di Alfa che hanno prevenuto la commissione dei reati di rapina e di violenza marcano il passo.»
Per comprendere come davvero funziona una pubblica amministrazione è quindi necessario verificare preliminarmente se vengono, o non, assegnati obiettivi di periodo fissati sugli andamenti numerici dei principali outcome di competenza dell’organizzazione, ricavando tali informazioni dai comunicati stampa inviati agli organi di informazione e dai riconoscimenti individuali interni che determinano le progressioni di carriera.
Se queste verifiche non avvengono, l’organizzazione tenderà inevitabilmente a non impiegare risorse nei settori operativi dagli esiti non misurati e sarà esposta ai comportamenti opportunistici e, nei casi più gravi, del tutto devianti.
8. I PERCORSI ETPL AVVIATI DAL VERTICE DELL'ORGANIZZAZIONE
La soluzione ottimale per l’avvio delle Gestioni Etpl è certamente l’emanazione di disposizioni legislative (le modifiche al Decreto Brunetta proposte nell’ultimo capitolo del libro) che rimuovano quello che abbiamo definito il “difetto primigenio” della contabilità pubblica economica italiana sintetizzato nell’articolo 18 del Testo unico del pubblico impiego.
Ma la lettera dell’articolo 18 non impedisce, anzi consente espressamente, l’avvio di percorsi dall’alto, disposti cioè su iniziativa del vertice amministrativo o del vertice politico di una qualunque organizzazione pubblica. È quanto avvenuto tra il 1995 e il 1999, come spiegato nel Capitolo Quattro del libro, nella Guardia di Finanza e successivamente nel Garante per la protezione dei dati personali.
Due istituzioni, il Corpo e l’Autorità, con caratteristiche che più diverse non potrebbero essere. Il primo di grandi dimensioni, a struttura e cultura militare, con decine di migliaia di dipendenti al tempo distribuiti in oltre 1.200 reparti dislocati lungo tutto il territorio nazionale e con funzioni incredibilmente diversificate: dalle verifiche tributarie a imprese multinazionali ai servizi su strada per l’ordine e la sicurezza pubblica, dai reparti di istruzione e formazione ai reparti navali ed aerei.
La seconda con poche decine di dipendenti con sede unica di Roma preposti all’indirizzo e al controllo delle disposizioni di una sola disposizione di legge, l’allora decreto legislativo 165 del 1996.
I percorsi top-down partono tutti dalla realizzazione del sistema informativo pilota sugli impieghi effettivi delle ore/persona (il Siris della Guardia di Finanza), che permette di fissare i primi “obiettivi essenziali” SULLA PIÙ FREQUENTE DISTORSIONE GESTIONALE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI:
- quella del forte aumento delle ore/persona impiegate in attività di funzionamento con corrispondente forte diminuzione di quelle impiegate in attività di produzione diretta.
9. LA CENTRALITÀ DEL BENCHMARKING E LA PRIMA ESPERIENZA NELLA GUARDIA DI FINANZA
Benchmarking è un termine utilizzato in topografia per individuare su un rilievo planimetrico un punto di riferimento e non ha equivalenti nella lingua italiana. Si basa sull'aforisma di comune esperienza secondo il quale il modo migliore di “fare una cosa” è quello di imparare da chi risulta farla meglio.
Nelle Gestioni Etpl la tecnica è applicata in due forme:
- il benchmarking esterno, o interistituzionale, comparando gli andamenti di impieghi, output e outcome di pubbliche amministrazioni omologhe (ad esempio, gruppi di ospedali pubblici, gruppi di polizie locali, gruppi di aziende comunali di trasporto o di raccolta e smaltimento dei rifiuti, ecc.);
- il benchmarking interno, o infraistituzionale, comparando gli andamenti di impieghi, output e outcome dei livelli territoriali e delle unità organizzative interne omologhe della stessa pubblica amministrazione.
Nel benchmarking infraistituzionale, il livello centrale invia presso le articolazioni che hanno fatto registrare le prestazioni migliori dei NUCLEI DI ANALISI incaricati di individuare le scelte organizzative e le modalità di lavorazione che tali prestazioni hanno rese possibili, trasmette i report alle articolazioni omologhe e assegna loro per gli anni successivi OBIETTIVI ESSENZIALIdi graduale avvicinamento alle prestazioni benchmark e di trasferimento ad unità organizzative di produzione diretta del personale equivalente recuperato.
Come descritto nel Capitolo Cinque del libro, i primi report esatti e completi di fonte Siris sugli impieghi effettivi delle ore/persona lavorate dai militari della Guardia di Finanza furono quelli relativi al 1998, che permisero al Ministro delle Finanze Vincenzo Visco di assegnare nella Direttiva generale dell’anno successivo gli obiettivi essenziali riportati di seguito (con grassetti presenti nella Direttiva).
«GUARDIA DI FINANZA - PIANO DELLE ATTIVITÀ PER IL 1999
1. GLI OBIETTIVI STRATEGICI
(…) Per l’espletamento dei compiti d’istituto e per il conseguimento degli obiettivi strategici assegnati il Corpo della Guardia di Finanza disporrà nel 1999 di circa 108.962.000 ore persona, con una riduzione pari all’1% in meno rispetto a quelle utilizzate nel 1998.
2. LE AZIONI ED I PROGETTI STRATEGICI
2.1 PREVENZIONE E REPRESSIONE DELLE VIOLAZIONI AGLI OBBLIGHI TRIBUTARI
(…) Per lo svolgimento delle attività incluse nella missione istituzionale la Guardia di Finanza disporrà complessivamente di 29.230.841 ore persona, pari a circa il 27% delle risorse complessivamente disponibili.
2.2 MISSIONI ISTITUZIONALI INCLUSE NELL’AREA EXTRATRIBUTARIA
(…) Per lo svolgimento di tali attività la Guardia di Finanza disporrà complessivamente di 19.045.189 ore persona, pari al 17% delle risorse complessivamente disponibili.
2.3 ATTIVITÀ INDIRETTE
Il Corpo dovrà proseguire nel prossimo triennio l’azione già avviata nel 1998 finalizzata alla riduzione della quota di risorse destinata alle attività di funzionamento e supporto e procederà ad una riallocazione in quelle esecutive del servizio e, in particolare, nell’attività di prevenzione e repressione delle violazioni agli obblighi tributari.
L’azione dovrà risultare particolarmente incisiva nelle funzioni “Gestione del personale”, Amministrazione delle risorse” e “Logistica motorizzazione” in quanto saranno disponibili le risultanze delle rilevazioni effettuate dagli appositi Nuclei di analisi che hanno già individuato le migliori prestazioni a livello nazionale.
Tali rilevazioni consentiranno, utilizzando tecniche di “benchmarking”, di fissare obiettivi di graduale riduzione degli impieghi alle strutture di II livello che, in dette funzioni, siano risultate, nel corso del 1998, comparativamente meno efficienti.
Gli interventi saranno finalizzati, nel complesso, a consentire concreti miglioramenti nel livello delle prestazioni produttive in un quadro di costante incremento dell’efficienza, in modo da rispondere attivamente alle generali esigenze di innovazione organizzativa, intervenendo sulla struttura ordinativa, favorendo il decentramento nonché attribuendo progressiva autonomia e più marcata responsabilità ai livelli dipendenti nella gestione delle attività amministrative. (…)
Per l’espletamento delle attività di natura indiretta il Corpo disporrà di 60.685.000 ore persona pari al 56% delle risorse complessiva-mente pianificate.
3. LE RISORSE ASSEGNATE
3.1 Le risorse umane
(…) Per il conseguimento delle missioni assegnate per il 1999, la Guardia di Finanza avrà a disposizione circa 108.961.000 ore persona, derivanti da una consistenza media di 64.577 unità (comprensive di 2.110 distaccati), che tiene conto dell’immissione di 3.695 unità e della cessazione dal servizio di 2.408 militari, per una presenza media pro-capite annua pari a 1.687 ore persona.
La forza disponibile nel corso del 1999 è così composta:
- 2.800 ufficiali;
- 32.542 sottufficiali;
- 27.951 appuntati e finanzieri;
- 1.284 allievi.»
Il Comandante Generale Mosca Moschini, nel corso di una successiva cerimonia tenne la relazione di cui si riporta a seguire la prima parte (con grassetti non presenti nell’originale).
«Signor Presidente del Consiglio,
sono particolarmente lieto di porgerLe il saluto della Guardia di Finanza e mio personale per aver voluto onorare con la Sua presenza la cerimonia di apertura dell’anno accademico della Scuola di Polizia Tributaria. Ai Signori Ministri, alle Autorità e ai gentili ospiti intervenuti il mio cordiale saluto e la gratitudine per l’attenzione riservata al Corpo.(…)
Con profonda soddisfazione desidero mettere in risalto - prima di ogni altro aspetto - la piena ed attiva partecipazione della Guardia di Finanza al processo di cambiamento in corso nella Pubblica Amministrazione, teso all’ottimizzazione delle risorse umane, tecniche e finanziarie, allo snellimento delle metodologie di intervento, alla razionalizzazione delle strutture organizzative ed all’accrescimento delle capacità professionali del personale.
Il Corpo, infatti, ha proseguito con determinazione nell’azione di aggiornamento del c.d. “Progetto Efficienza” - ormai avviato da più di due anni - nel quale sono compendiati gli obiettivi che intende raggiungere nell’anno e nel triennio successivo ed i criteri metodologici idonei al loro conseguimento.
Nell’ambito del progetto è stato completamente definito il programma informatico per la verifica mensile delle risorse umane impiegate in tutti i reparti e sono in fase di completamento le operazioni per la definizione di procedure in grado di operare il controllo sulla qualità degli interventi svolti, di correlare il rendimento con i relativi costi e di monitorare in modo più dettagliato i risultati di servizio.
Altrettanto innovativi sono gli strumenti introdotti nella gestione del personale, che hanno consentito di avviare un processo di informatizzazione del sistema matricolare e che daranno vita, nel prossimo futuro, a nuove metodologie per la valutazione dei militari.
Ciascuna di dette procedure consentirà - tengo a sottolinearlo - il recupero di organici dalle attività di supporto a tutto beneficio del comparto operativo. Sino ad oggi sono state riversate nell’area delle operazioni 2.116 unità nel 1997, 1.243 nel 1998 mentre, nell’anno in corso, si prevede un recupero di oltre 1.500 militari.
Tale sistema di gestione per obiettivi rappresenta uno straordinario balzo di mentalità e di qualità e fatto guadagnare alla Guardia di Finanza l’inserimento tra le cinque istituzioni guida per il progetto “Cambia PA” per il rinnovamento funzionale della Pubblica Amministrazione. (…)».
10. LA RIVOLUZIONE "CIVICA" DELLE GESTIONI PUBBLICHE ETPL
A maggio del 2017, subito dopo l’introduzione del diritto di accesso civico generalizzato, l’Associazione Finanzieri Cittadini e Solidarietà ha avviato i percorsi civici di controllo e partecipazione del Progetto Etpl Italia trasparente, con la presentazione di Foia nei settori della fiscalità, della sicurezza, della giustizia e della efficienza allocativa delle pubbliche amministrazioni descritti nel Capitolo Quinto del libro.
In particolare, sono stati avviati:
- ​​​​​​​con il Sindacato Pensionati Italiani Spi-Cgil, il Foia sugli output territoriali “Partecipazione dei Comuni all’accertamento tributario” e i Foia sugli outcome provinciali “Truffe agli anziani” e “Prevenzione immediata dell’evasione fiscale e contributiva”;
- con il Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito, il Foia “Efficienza allocativa delle Authorities di medio/piccole dimensioni” e il Foia sulle quantità e sulla qualità degli output “Sezioni Lavoro dei Tribunali del Lazio”;
​(LEGGERE IL PROSIEGUO DELL'APPUNTO NEL PDF ALLEGATO)