AL FINANZIERE IN MISSIONE NEL PROPRIO LUOGO DI DIMORA CHE NON ABBIA POTUTO FRUIRE DEL PASTO SPETTA COMUNQUE IL RIMBORSO E LA GDF DEVE DISAPPLICARE LA PROPRIA CIRCOLARE (Tar Lazio, Sentenza n. 1006/2025)

martedì 04 marzo 2025

AL FINANZIERE IN MISSIONE NEL PROPRIO LUOGO DI DIMORA CHE NON ABBIA POTUTO FRUIRE DEL PASTO SPETTA COMUNQUE IL RIMBORSO E LA GDF DEVE DISAPPLICARE LA PROPRIA CIRCOLARE (Tar Lazio, Sentenza n. 1006/2025)

Il ricorrente, luogotenente c.s. della Guardia di finanza in servizio presso la Compagnia pronto impiego di Lamezia Terme, espone di essere comandato - con ordini di servizio giornalieri – in servizi di protezione.

Consistendo la propria attività lavorativa in un servizio di protezione nei confronti di una personalità (c.d. “scorta”), per sua natura non interrompibile, durante la giornata lavorativa, lunga anche 10 ore consecutive, si trova nell’oggettiva impossibilità di consumazione del pasto.

La Guardia di finanza, Reparto Tecnico Logistico Amministrativo Calabria, ha affermato la non spettanza, dell’indennità per mancata fruizione del pasto, relativamente al periodo in discussione, in quanto “non sono pervenute a questo Ente spese relative a pasti consumati e documentati”, secondo quanto previsto dalla circolare n. 181845 del 16 luglio 2020, al punto 7 g, prevede che “qualora la sede di missione coincida la località di mora del dipendente al personale compete il rimborso documentato delle spese relative ai pasti consumati”.

È oggetto di contestazione tra le parti – e rappresenta la questione oggetto del decidere - se il personale in regime di trasferta nel proprio luogo di dimora, nelle ipotesi di impossibilità di fruizione del pasto per ragioni di servizio, abbia il diritto (o meno) alla fruizione dell’indennità sostitutiva del pasto non fruito.

È opinione del Collegio che, stante il quadro normativo, il ricorrente abbia diritto all’indennità sostitutiva rivendicata.

La normativa, difatti, prevede, in via generale, per il personale in trasferta, il diritto al rimborso delle somme previste per il pasto non fruito per ragioni di servizio, senza alcun riferimento alla sede di dimora del dipendente rispetto a quella in cui svolge la missione.

Sul punto non merita condivisione la tesi dell’Amministrazione, secondo cui dal comma 11, ultima parte, dell’art. 36 del d.P.R. 51/2009 – poi riprodotto nella citata circolare n. 4997/11 – si ricaverebbe la regola secondo cui il rimborso spetti solo per il pasto effettivamente fruito.

Tale disposizione, in alcun modo, esclude il diritto al rimborso ove il dipendente – per ragioni di servizio - non abbia potuto fruire del pasto.

La lettura ora esposta, oltreché ad essere la più in linea con il tenore letterale delle disposizioni richiamate, evita la conseguenza, del tutto illogica, che al dipendente sia negato il rimborso previsto per il pasto proprio nelle situazioni – invero più disagevoli – in cui la tipologia di servizio espletato non consente al dipendente di effettuare alcuna “pausa pranzo”.

Consegue l’obbligo dell’Amministrazione di disapplicare le circolari impugnate ove interpretate nel senso di ritenere che al personale in trasferta che svolga la missione nel proprio luogo di dimora, e che non abbia potuto fruire del buono pasto per oggettive ragioni di servizio, non spetti il rimborso di cui all’articolo 36 comma 8 del d.P.R. 51/2009.

Pubblicato il 20/01/2025

N. 01006/2025 REG.PROV.COLL.

N. 03542/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3542 del 2024, proposto da Massimo De Meca, rappresentato e difeso dagli avvocati Emanuela Mazzola e Pierfrancesco Saltari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze e Guardia di finanza - Comando Generale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

- del provvedimento prot. n. 395166/62 del 28 novembre 2023 della Guardia di finanza, Reparto Tecnico Logistico Amministrativo Calabria, notificato il 30 novembre 2023, con il quale è stata respinta la domanda del ricorrente volta ad ottenere - con riferimento alle giornate in cui ha svolto servizio a Catanzaro, località in cui anche dimora - l'indennità per mancata fruizione del pasto, ex art. 8 d.P.R. 170/1990 e art. 36, comma 8, d.P.R. 51/2009, a decorrere dal 19 gennaio 2023, nonché di ogni altro atto connesso, collegato, presupposto e conseguenziale;

per l’annullamento/disapplicazione:

- della circolare del Comando Generale della Guardia di finanza prot. n. 181845 del 16 luglio 2020, Titolo II, punto 7 g;

- della circolare del Comando Generale della Guardia di finanza, prot. n. 4997/11 del 10 gennaio 2011, avente ad oggetto “Disposizioni in tema di trattamento vitto connesse a particolari tipologie di servizio”;

per l’accertamento:

- del diritto del ricorrente a percepire il rimborso dei pasti non fruiti, per numero pasti 110, con riferimento al periodo dal 19 gennaio 2023 al 28 novembre 2023 (data di adozione del provvedimento di rigetto sub 1), come pure per gli ulteriori pasti non fruiti nel periodo successivo o, in subordine, del diritto a percepire gli importi sostitutivi dei buoni pasto, oltre interessi legali, con conseguente condanna dell'Amministrazione al pagamento delle somme a tale titolo dovute;

- del diritto del ricorrente a percepire il rimborso dei pasti non fruibili in occasione dei servizi comandati, ove pure nella città di Catanzaro o, in subordine, del diritto a percepire i buoni pasto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze e della Guardia di finanza - Comando Generale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2025 la dott.ssa Marianna Scali e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente, luogotenente c.s. della Guardia di finanza in servizio presso la Compagnia pronto impiego di Lamezia Terme, in ordine ai fatti di causa, per quanto di interesse, espone quanto segue:

- di essere, a far data dal 19 gennaio 2023, comandato - con ordini di servizio giornalieri – in servizi di protezione livello III ex d.m. 28 maggio 2023 (tutela su auto specializzata), nei confronti di personalità sottoposta ad apposita misura tutoria presso la procura della Repubblica di Catanzaro;

- che, “a fronte della coincidenza della sede di espletamento del servizio di tutela della personalità” con quella della propria della dimora, “questi inizia e termina il servizio direttamente nella città di Catanzaro, presso l’ufficio della Procura ove viene rimessa l’autovettura specializzata” (p. 6 del ricorso);

- che, consistendo la propria attività lavorativa in un servizio di protezione nei confronti di una personalità (c.d. “scorta”), per sua natura non interrompibile, durante la giornata lavorativa, lunga anche 10 ore consecutive, si trova nell’oggettiva impossibilità di consumazione del pasto;

- di aver presentato, con propria istanza del 30 gennaio 2023, poi integrata in data 31 gennaio 2023, domanda di rimborso per mancata fruizione del pasto, ai sensi delle disposizioni di cui all’art. 8, co. 2, del d.P.R. 147/1990 e all’art. 36, co. 8 e 11, del d.P.R. 51/2009, per il servizio prestato a decorrere dal 19 gennaio 2023 sino al 6 luglio 2023;

- nel corso del procedimento avviato con l’istanza, in sede di osservazioni procedimentali, specificava all’Amministrazione “di avere maturato il diritto all’indennità per la mancata fruizione di ben 79 pasti, con riferimento ai quali aveva presentato ulteriori istanze e rendicontazioni dei relativi turni espletati” (p. 7 del ricorso);

- con nota del 28 novembre 2023 (prot. n. 395166/62), notificata il 30 novembre 2023, la Guardia di ginanza, Reparto Tecnico Logistico Amministrativo Calabria, ha affermato la non spettanza, in favore del De Meca, dell’indennità per mancata fruizione del pasto, relativamente al periodo in discussione, in quanto “non sono pervenute a questo Ente spese relative a pasti consumati e documentati”, secondo quanto previsto dalla circolare n. 181845 del 16 luglio 2020, Titolo II, la quale, al punto 7 g, prevede che “qualora la sede di missione coincida la località di mora del dipendente al personale compete il rimborso documentato delle spese relative ai pasti consumati” (così testo del provvedimento impugnato).

2. Con il presente gravame parte ricorrente, nell’impugnare la nota del 28 novembre 2023 e gli atti ad essa presupposti, con particolare riferimento alle circolari richiamate nel provvedimento di diniego, rivendica il diritto all’indennità per la mancata fruizione dei pasti di cui all’istanza e, in via subordinata, chiede il riconoscimento dei buoni pasti non fruiti.

3. Il gravame è affidato ad un unico articolato motivo di ricorso, rubricato come segue:

Illegittimità per violazione e falsa applicazione dell’art. 1, c.1. lett. b, dell’art. 2, c. 1, dell’art. 3, c. 1 della L. 203/1989 – Violazione dell’art. 61, c. 2, del D.P.R. 254/1999 – Violazione dell’art. 46, c. 6., del D.P.R. 164/2022 – Violazione dell’art. 24, c. 8 del D.P.R. 170/2007 – Violazione dell’art. 36, c. 8 e 11, D.P.R. 51/09 – Disparità di trattamento – Contraddittorietà, illogicità, irrazionalità”.

Il ricorrente, dopo aver rappresentato che la tipologia di servizio prestato – il servizio di scorta, in trasferta, ad una personalità, con turnazioni di oltre 10 ore - rende oggettivamente impossibile la fruizione del pasto durante l’orario di servizio, sostiene che, ai sensi della normativa richiamata nella rubrica dei motivi di ricorso, l’Amministrazione debba riconoscere il diritto al rimborso del pasto non fruito. L’Amministrazione, dunque, nel negare, con il provvedimento impugnato, la spettanza dell’indennità in questione, avrebbe agito:

- in violazione della normativa primaria di riferimento e segnatamente dell’articolo 36 comma 8 del d.P.R. 51/2009 il quale riconosce espressamente il diritto al rimborso "al personale in trasferta che dichiari di non aver potuto consumare i pasti per ragioni di servizio", senza operare alcuna distinzione in base al luogo di svolgimento della missione o a quello di dimora del dipendente;

- in modo irragionevole, essendo “illogico e contraddittorio ritenere che il ricorrente abbia titolo al rimborso del pasto fruito, pure a Catanzaro, mentre non abbia titolo al rimborso del pasto che oggettivamente non abbia potuto fruire” (p. 15 del ricorso).

Sotto altro profilo deduce il vizio di disparità di trattamento rispetto ad il collega F. P. G. “il quale espleta lo stesso lavoro (…), con identici ordini di servizio, con la mera differenza che [n.d.r. quest’ultimo] non dimorando a Catanzaro si sposta dalla sede di servizio di Lamezia per recarvisi, e percepisce il rimborso per i pasti non fruiti” (p. 13 del ricorso).

4. L’Amministrazione si è costituita in giudizio depositando documenti ed una relazione sui fatti di causa.

5. Alla camera di consiglio del 24 aprile 2024 parte ricorrente ha rinunciato all’istanza cautelare.

8. All’esito dell’udienza pubblica del 15 gennaio 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

9. Il ricorso è fondato.

Deve anzitutto evidenziarsi che è pacifico tra le parti che al personale appartenente al Corpo della Guardia di finanza, che sia tenuto a osservare orari di servizio che impediscano il ritorno al domicilio per il pasto giornaliero, spetti il vettovagliamento gratuito e che l’Amministrazione sia tenuta a garantirlo, attraverso l’istituzione di apposite mense o, in alternativa, mediante la stipula di convenzioni con esercizi privati ovvero la corresponsione di buoni pasto (cfr. art. 1, comma 1, lettera b), 2, comma 1, e art. 3, comma 1, della legge 18 maggio 1989, n. 203, art. 61, comma 2, del d.P.R. 16 marzo 1999, n. 254). È parimenti pacifico tra le parti che il De Meca, in regime di trasferta con inizio e fine del servizio presso lo stesso luogo ove ha la propria dimora, avrebbe avuto diritto al buono pasto ove avesse effettuato una “pausa pranzo”. È invece è oggetto di contestazione tra le parti – e rappresenta la questione oggetto del presente decidere - se il De Meca, ed in generale il personale in regime di trasferta nel proprio luogo di dimora, nelle ipotesi di impossibilità di fruizione del pasto per ragioni di servizio, abbia il diritto (o meno) alla fruizione dell’indennità sostitutiva del pasto non fruito.

10. Ai fini dello scrutinio dei motivi di ricorso si rende necessario richiamare il contenuto dell’art. 36 del d.P.R. 51/2009, recante il “Recepimento dell'accordo sindacale per le Forze di polizia ad ordinamento civile e del provvedimento di concertazione per le Forze di polizia ad ordinamento militare, integrativo del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170, relativo al quadriennio normativo 2006-2009 e al biennio economico 2006-2007”, il quale, con specifico riferimento al trattamento di missione, al comma 8, dispone quanto segue: “Al personale in trasferta che dichiari di non aver potuto consumare i pasti per ragioni di servizio o per mancanza di strutture che consentano la consumazione dei pasti pur avendone il diritto ai sensi della vigente normativa, compete nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio un rimborso pari al 100 per cento del limite vigente”.

Il comma 11 della predetta disposizione, sua volta, stabilisce che “la località di abituale dimora o altra località può essere considerata la sede di partenza e di rientro dalla missione, ove richiesto dal personale e più conveniente per l'Amministrazione. Ove la sede di missione coincida con la località di abituale dimora del dipendente, al personale compete il rimborso documentato delle spese relative ai pasti consumati, nonché la diaria di missione qualora sia richiesto, per esigenze di servizio, di iniziare la missione dalla sede di servizio.”.

In applicazione di tali disposizioni sono stati adottati i seguenti atti:

- la circolare 4997/11 del 10 gennaio 2011 del Comando Generale della Guardia di finanza, la quale, con specifico riferimento al personale che è chiamato a svolgere tipologie di servizio che siano, “non interrompibili”, né preventivabili, e che non consentano la sostituzione del dipendente per la pausa pranzo (quali il servizio di scorta), prevede che l’ordinatore del servizio potrà, alternativamente, disporre “la fruizione del trattamento alimentare: (1) prima dell’inizio del turno di servizio, ferma restando la compatibilità di tale orario; (2) successivamente al termine del servizio (…) anche sulla scorta di quanto rappresentato nelle scritture di servizio dai militari operanti”.

- il compendio del “TRATTAMENTO ECONOMICO ACCESSORIO DEL PERSONALE” di cui alla nota prot. 181845 del 16 luglio 2020, il quale, per quanto di interesse, al titolo II, punto 7 g prevede che: “qualora la sede di missione coincida con la località di abituale dimora del dipendente al personale compete il rimborso documentato delle spese relative ai pasti consumati (comma 11)”.

11. È opinione del Collegio che, stante il quadro normativo appena delineato, il ricorrente abbia diritto all’indennità sostitutiva rivendicata.

La normativa appena richiamata, difatti, prevede, in via generale, per il personale in trasferta, il diritto al rimborso delle somme previste per il pasto non fruito per ragioni di servizio, senza alcun riferimento alla sede di dimora del dipendente rispetto a quella in cui svolge la missione.

Sul punto non merita condivisione la tesi dell’Amministrazione, secondo cui dal comma 11, ultima parte, dell’art. 36 del d.P.R. 51/2009 – poi sostanzialmente riprodotto nella citata circolare n. 4997/11 – si ricaverebbe la regola secondo cui il rimborso spetti solo per il pasto effettivamente fruito.

Tale disposizione, difatti, come risulta dal suo tenore letterale (riportato al punto 10 del presente provvedimento) si limita ad affermare il diritto al rimborso per le spese sostenute per il pasto fruito e la necessità di documentarle; in alcun modo, viceversa, esclude il diritto al rimborso ove il dipendente – per ragioni di servizio - non abbia potuto fruire del pasto; diritto, che, invero, deriva da quanto dispone, in termini generali, il citato comma 8.

La lettura ora esposta, oltreché ad essere la più in linea con il tenore letterale delle disposizioni richiamate, evita la conseguenza, del tutto illogica, che al dipendente sia negato il rimborso previsto per il pasto proprio nelle situazioni – invero più disagevoli – in cui la tipologia di servizio espletato non consente al dipendente di effettuare alcuna “pausa pranzo”.

Deve inoltre dirsi che l’interpretazione proposta dall’Amministrazione con l’atto impugnato integra il dedotto vizio di disparità di trattamento tra il ricorrente e chi (come il Collega, il sig. F. P. G.) svolge il suo stesso lavoro, ma dimora in un luogo diverso (Lamezia) da quello in cui svolge la missione (Catanzaro), che, secondo quanto rappresentato dalle parti, percepisce l’indennità in questione.

Vale precisare, sul punto, che non sono sufficienti a giustificare la dedotta disparità di trattamento, le seguenti affermazioni dell’Amministrazione:

- il ricorrente, scegliendo di intraprendere il servizio dal luogo di abituale dimora (Catanzaro) e non dalla sede di Reparto ha “innegabili benefici personali (...) evitando di sottoporsi a pendolarismi quotidani, con conseguente palese minor disagio” (così testo provvedimento impugnato);

- il riconoscimento del diritto solo a favore del collega. F. P. G. è giustificabile in ragione del fatto “che il disagio affrontato allorquando la sede di missione non coincida con la località di abituale dimora del dipendente, come nel caso dell’Appuntato Scelto (…) sia di entità senz’altro maggiore di quello del ricorrente” (relazione dell’Amministrazione del 16 febbraio 2024, n. 56182/1492).

Le richiamate considerazioni svolte dall’Amministrazione, difatti, sono inconferenti ai fini in esame, tenuto conto che il rimborso in discussione non è volto a remunerare il disagio da pendolarismo, bensì quello derivante dalla mancata fruizione del pasto per ragioni di servizio.

12. Alla luce di quanto precede ne deriva la fondatezza del gravame con conseguente annullamento del provvedimento impugnato, ai fini del riconoscimento dell’indennità rivendicata dal ricorrente, per i pasti non fruiti per ragioni di servizio. Alla valenza conformativa del presente accoglimento consegue l’obbligo dell’Amministrazione di disapplicare le circolari impugnate ove interpretate nel senso di ritenere che al personale in trasferta che svolga la missione nel proprio luogo di dimora, e che non abbia potuto fruire del buono pasto per oggettive ragioni di servizio, non spetti il rimborso di cui all’articolo 36 comma 8 del d.P.R. 51/2009.

13. La peculiarità della questione trattata giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, dispone l’annullamento del provvedimento impugnato ai fini del riconoscimento dell’indennità rivendicata dal ricorrente.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2025 con l'intervento dei magistrati:

 

 

 

 

 

 

 

 


Tua email:   Invia a: