FUNZIONAMENTO DELLE FORZE DI POLIZIA, LA COMMISSIONE AFFARI COSTITUZIONALI DELLA CAMERA HA RICEVUTO I SINDACATI E I COCER, PUBBLICHIAMO IN ANTEPRIMA IL DOCUMENTO DEL COCER GDF

giovedì 15 novembre 2007

Il 5 novembre scorso, la Commissione Affari Costituzionali della Camera ha ricevuto i rappresentanti dei sindacati delle Forze di polizia civili e dei Cocer Guardia di finanza e Carabinieri.

 

Ad oggi, non è ancora stato pubblicato il resoconto stenografico. Siamo comunque in grado di riportare di seguito il documento presentato dal Cocer delle Fiamme Gialle.

 

TESTO DEL DOCUMENTO CONSEGNATO DAL COCER GDF IN OCCASIONE DELL’AUDIZIONE ALLA COMMISSIONE AFFARI COSTITUZIONALI DELLA CAMERA IN DATA 5 NOVEMBRE 2007

 

 

Signor Presidente, Onorevoli Deputati,

desidero anzitutto ringraziarVi per averci dato l'opportunità dì rappresentare il pensiero del COCER della Guardia di Finanza sul tema della "Sicurezza in Italia".

La prospettiva in cui il Consiglio si pone cercherà naturalmente di cogliere il quadro generale di riferimento, ma anche i riflessi sulla vita professionale delle donne e degli uomini che lavorano nella Guardia di Finanza.

Il concetto di ordine e sicurezza pubblica e della sua percezione sono stati oggetto già  di molti interventi che ne hanno delineato, in modo chiaro, la loro portata, anche se da un punto di vista, per così dire, tradizionale, al quale si ricollega normalmente il diritto dei cittadini a non vedersi scippati, borseggiati, rapinati, a non subire furti in casa ovvero a poter passeggiare serenamente in un parco senza paura di essere aggrediti ecc.

Ma accanto all’ordine e alla sicurezza pubblica così intesi è indubitabile che esiste una fondamentale esigenza  della collettività di tutelare la legalità economico finanziaria, esigenza questa che cresce di pari passo con l’aumentare della complessità e della quantità delle relazioni economiche che si sviluppano nel contesto sociale.

La capacità di far rispettare le regole in questo settore è, d’altronde, un importante indicatore per misurare il livello di civiltà e il grado di efficienza di un paese moderno, in quanto contribuisce, in modo significativo, a garantire la qualità della vita dei cittadini e, nella prospettiva della globalizzazione che connota la nostra epoca,  costituisce uno dei criteri fondamentali per valutarne l’attrattività per gli investimenti e per gli affari e quindi, in definitiva, le sue possibilità di sviluppo.

La sicurezza economico finanziaria è però, ancor’oggi, un concetto non perfettamente percepito nei suoi contorni complessivi, sia per la difficoltà di approccio alla materia sia, probabilmente, per un ritardo di cultura economica nel nostro Paese.

Ma la constatazione che di volta in volta, pur in assenza di una visione complessiva, nell’opinione pubblica e nelle Istituzioni si sviluppano accesi dibattiti su specifiche problematiche quali la lotta all’evasione fiscale e agli sprechi e alle frodi nella spesa pubblica, gli scandali finanziari che colpiscono i risparmiatori, le speculazioni che incidono sui consumatori, la contraffazione e l’illecita concorrenza che danneggia i produttori, fa chiaramente  intendere che in Italia sussiste una forte domanda di legalità anche in questo settore.

La riforma della Guardia di Finanza attuata con il d.lgs. n. 68/2001 costituisce sicuramente una risposta a questa domanda. Infatti, la ridefinizione della missione istituzionale del Corpo, volta a proiettarne l’azione contestualmente nei rapporti economici intercorrenti sia fra il settore pubblico e i cittadini (area della tutela della finanza pubblica) e sia tra i privati (area della tutela dell’economia e dei mercati), consente oggi al nostro Paese di avere un organismo capace di agire in modo globale, superando approcci settoriali spesso inidonei a fronteggiare le sempre più complesse problematiche che si sviluppano.

Ulteriore punto di forza di questo modello è la capacità riconosciuta alla Guardia di Finanza di operare tanto in via amministrativa quanto come polizia giudiziaria. Ciò consente di adattare l’azione di controllo alla gradualità delle scelte legislative che vengono nel tempo operate e che, di volta in volta, portano il Parlamento a predisporre risposte differenziate con l’introduzione di sanzioni amministrative o penali al ricorrere della violazione dei precetti che regolano il settore economico finanziario.

Questo aspetto connota particolarmente l’azione della Guardia di Finanza rispetto a quella degli altri soggetti istituzionali interessati (Magistratura ordinaria e contabile, Autorità indipendenti e amministrative ecc.). Nondimeno l’affermazione della legalità nel settore non può prescindere dall’instaurazione e dal costante sviluppo, come certamente da tempo avviene, di valide ed efficienti forme di collaborazione con gli stessi.

Questa è dunque la missione fondamentale che la Guardia di Finanza è oggi chiamata a espletare nell’interesse del Paese alle dirette dipendenze del Ministro dell’Economia e delle Finanze. Del resto, non è certamente un caso che il d.lgs. 68/2001 di riordino del Corpo sia coerente rispetto alla revisione della struttura dei dicasteri che ha portato alla fusione dei preesistenti Ministeri delle Finanze e del Tesoro nel Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Accanto a questa missione principale alla Guardia di Finanza è richiesto di concorrere al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica prevedendosi, per tale compito, una dipendenza funzionale dal Ministro dell’Interno.

Ciò posto, deve necessariamente essere affrontata la problematica del coordinamento delle Forze di Polizia. Riteniamo, al riguardo, che dal 1981 si sia sviluppata un’importante esperienza anche se, sostanziandosi il coordinamento in un confronto costante, non sono certo mancati momenti di frizione e sussistono tuttora ampi margini di miglioramento. Occorrono scelte coraggiose e precise che solo il Parlamento può adottare.

Alla base del coordinamento, infatti, dovrebbe sempre essere posta una chiara ripartizione di compiti a cui legare i livelli di responsabilità e la misurazione delle prestazioni fornite ai cittadini.

Crediamo quindi che la Guardia di Finanza, in quanto forza di polizia a competenza generale in materia economico finanziaria, ferme restando le competenze di polizia giudiziaria conferite a ciascuna Forza di Polizia, debba farsi pieno carico dell’operatività nel settore economico finanziario, mentre la Polizia di Stato e l’Arma dei Carabinieri dovrebbero concentrare la loro azione sulla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e sul contrasto della criminalità tradizionalmente intesi, senza reciproche invasioni di campo.

In questa prospettiva, apprezziamo lo sforzo di sintesi operato con l’emanazione del decreto Ministro dell’Interno del 26 aprile 2006, con il quale si è cercato di tracciare una soluzione equilibrata.

Crediamo altresì che il concorso del Corpo al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica dovrebbe svilupparsi, in condizioni di normalità, secondo quelle direttrici che consentano di impiegare al meglio le professionalità di cui dispone e le sue capacità d’intervento. In particolare, l’azione del Corpo dovrebbe esplicarsi in tutti quegli ambiti:

Ø     in cui siano richieste particolari conoscenze, come il contrasto degli aspetti patrimoniali della criminalità organizzata o il finanziamento del terrorismo;

Ø     nei quali la connotazione delle unità operative e la sinergia con i primari compiti di polizia economico finanziaria possono massimizzare l’efficienza degli interventi, come nel caso dei traffici che attraversano le frontiere (narcotraffico e immigrazione clandestina) o della lotta all’abusivismo commerciale, normalmente connesso anche con il fenomeno della contraffazione.

Una specifica considerazione merita poi la tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza in mare. La Guardia di Finanza, in ragione delle proprie funzioni doganali, ha alle spalle una lunga tradizione di presenza sul mare che l’ha portata a poter disporre di un’efficiente flotta aereonavale. Questa flotta rappresenta oggi una fondamentale componente del sistema europeo di controllo delle frontiere gestito dall’Agenzia Frontex. La Guardia di Finanza, inoltre, in ragione delle vigenti disposizioni di coordinamento interforze, costituisce lo snodo operativo attraverso il quale i Prefetti assicurano il coordinamento degli interventi di polizia nel mare territoriale soprattutto per quel che riguarda il contrasto dell’immigrazione clandestina.

Una linea di tendenza che volesse affidare compiti di polizia anche alle Capitanerie di Porto, cosa che determinerebbe la creazione della sesta Forza di Polizia nazionale, sarebbe evidentemente foriera di ulteriori, dannose sovrapposizioni.

Ulteriori ragioni militano a favore della bontà del modello Guardia di Finanza e a sfavore della creazione di un organismo con proiezione prettamente marittima. Un’efficace difesa delle frontiere dai traffici illeciti - non solo immigrazione clandestina, ma anche narcotraffico, contrabbando ecc. – richiede l’esistenza di un network rispondente a un unico centro di comando e controllo, in grado di integrare gli interventi in mare con l’azione delle forze terrestri cui affidare il controllo delle coste e con la possibilità di condurre indagini di polizia giudiziaria o attività di intelligence anche in collaborazione con altri Stati rivieraschi. Questo oggi consente la Guardia di Finanza, la quale si muove all’interno del sistema di coordinamento delineato dalla legge n. 121/1981.

Il contesto di riferimento è dunque complesso e la sfida per il futuro è sicuramente quella di migliorare gli standard di sicurezza per i cittadini elevando contestualmente i livelli di efficienza dei servizi resi.

Ciò è possibile solo attraverso il perseguimento contestuale di due direttrici: la valorizzazione degli operatori e l’introduzione di nuove tecnologie.

Occorre quindi un disegno strategico, condiviso con il personale, che tracci le linee di sviluppo delle Forze di Polizia per i prossimi anni.

A questo proposito dobbiamo segnalare che il 31 luglio u.s. il governo, i  Cocer e le organizzazioni sindacali delle Forze di Polizia, a margine di un rinnovo contrattuale tardivo e non certo esaltante dal punto di vista economico, hanno siglato le linee guida per la definizione di un “patto per la sicurezza” proposto dal Governo. Quella del patto era certamente un’intuizione di grande valenza politica perché mirata a raggiungere il duplice obiettivo appunto di migliorare il livello del servizio reso ai cittadini ed allo stesso tempo valorizzare gli operatori del comparto difesa-sicurezza riconoscendone la "specificità".

La garanzia della solidità della volontà governativa di percorrere questa strada era stata testimoniata dall'autorevole presenza del Presidente del Consiglio alla sottoscrizione del documento.

Ma all’atto della presentazione del disegno di legge finanziaria si è dovuto, con amarezza, constatare il mancato inserimento delle risorse necessarie per dar effettivamente corso a quanto concordato. Ciò genera profonda delusione in tutti noi che avevamo riposto fiducia nell'azione del Governo e ci costringe ad attivare tutte le azioni compatibili con il nostro status giuridico per manifestare il nostro dissenso per gli impegni traditi.

L’assenza di una concreta volontà di sviluppare un disegno strategico condiviso aggrava ulteriormente la tendenza alla riduzione, da anni in atto, degli stanziamenti per i capitoli di spesa relativi al funzionamento. Questo non può che riverberarsi negativamente sulla vita professionale degli appartenenti alla Guardia di Finanza, generando in loro disagio morale e materiale. Oggi, nei reparti operativi, soprattutto in quelli più piccoli, stanno venendo a mancare gli strumenti fondamentali per un’efficace attività: automezzi, computer, stampanti, toner, carta.

Ma oramai sono a rischio anche servizi indispensabili per garantire un livello di civiltà accettabile nei posti di lavoro come accesso alle mense, pulizie e riscaldamenti. Il paradosso é ancora più evidente laddove si rifletta sulla circostanza che l'attuale Governo ha posto tra i suoi obiettivi prioritari quello della lotta all'evasione fiscale riuscendo, peraltro, ad ottenere già risultati significativi grazie proprio all’impegno e all’abnegazione dei finanzieri. Non vi sembra ci sia una palese contraddizione in tutto questo?

Un'azienda produttrice di servizi, lo Stato lo è per antonomasia, che vuole incrementare i propri ricavi investe sui fattori produttivi ritenuti più utili allo scopo, non il contrario.

Questo non avviene, tanto che, come ha affermato dal Comandante Generale nella sua audizione davanti a questa Commissione, il livello di indebitamento allo scorso mese di luglio aveva raggiunto la somma di 65 milioni di euro. Quello che non è emerso in quella sede è però che una parte importante di quella cifra era costituita da debiti nei confronti del personale per indennità non corrisposte.

Ringraziamo il Comandante per averci messo in cima alla lista dei creditori per cui i debiti con il personale dovrebbero essere saldati per primi, non appena si avrà la materiale disponibilità delle somme disaccantonate.

Ma questa è una magra consolazione soprattutto se si pensa che, da anni, non vengono emanati i provvedimenti necessari a individuare formalmente i percettori di altre indennità contrattualmente previste, in quanto l’Amministrazione dichiara di non avere le risorse necessarie per il loro pagamento. Ciò sta costringendo il personale a ricorrere al contenzioso giudiziario per far valere i propri diritti.

Ma v’è di più, in un’epoca come la nostra sarebbe assolutamente necessario dotare tutte le pattuglie di personal computer portatili per poter svolgere adeguatamente i loro lavori ispettivi. In realtà, gran parte del lavoro viene svolto attraverso i computer personali, resi disponibili dalla buona volontà e dal senso di responsabilità dei finanzieri. Ai quali non vengono neanche fornite riviste scientifiche o pubblicazioni necessarie per il loro aggiornamento professionale.

Al riguardo, abbiamo già più volte richiesto, senza ottenere risposta, che in assenza dell’avvio delle opportune iniziative per rimuovere le predette disfunzioni, fosse quantomeno riconosciuta al finanziere che svolge attività di polizia tributaria, così come si è fatto per altri settori pubblici (gli insegnanti), la possibilità di dedurre dal reddito un importo per coprire le spese di qualificazione professionale.

Pertanto, non solo non sussiste, allo stato, alcuna concreta forma di riconoscimento per la professionalità di coloro che sono spesso chiamati a confrontarsi sul campo con i più valenti professionisti che assistono importanti società (Cirio, Parmalat, Banca Popolare Italiana ecc.), ma spesso viene richiesto di metterci (rimetterci) del proprio anche in termini monetari.

Come se non bastasse, quando lo scorso anno il Ministro dell'Economia ha deciso di distribuire 410 milioni di euro, a titolo di premio incentivante, a tutto il personale del dicastero per il raggiungimento degli obiettivi, la Guardia di Finanza, che pur tanto ha contribuito, è rimasta ancora una volta immotivatamente esclusa.

Né il Governo ha tenuto conto degli ordini del giorno votati in Parlamento a tal proposito né ha fornito risposta alcuna agli atti di sindacato ispettivo su questa materia provenienti dalla stessa maggioranza.

Sono questi alcuni dei problemi irrisolti sui quali avremmo voluto discutere con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, il quale, però, al momento ha preferito trincerarsi dietro un’interpretazione, tra l’altro errata, della normativa sulla rappresentanza militare per evitare il confronto diretto.

Si pone quindi il tema dei diritti dei cittadini militari e delle procedure per farli valere, soprattutto in un momento nel quale il Ministro, da un lato rifiuta il confronto diretto con il Cocer e dall’altro, per scelta tattica, non si presenta sul tavolo della concertazione formalmente aperto presso il Ministero della Funzione Pubblica.

Ciò dimostra ineluttabilmente l’inadeguatezza dell’istituto della rappresentanza militare e la necessità di un’evoluzione del tema dei diritti. Noi riteniamo che il personale della Guardia di Finanza debba vedersi riconosciuto l’esercizio dei propri diritti anche al fine di una piena contrattazione delle condizioni di lavoro e di verifica dell’attuazione delle stesse attraverso la sindacalizzazione o, quantomeno, la costituzione di un organismo autonomo dall’Amministrazione, ed effettivamente privo delle ambiguità che anche il DDL messo a punto dal Comitato ristretto della Commissione Difesa continua a mantenere.

Da ultimo vi è il tema del futuro, cioè dei giovani che lo rappresentano. Per la Guardia di Finanza i giovani costituiscono una linfa vitale assolutamente indispensabile per migliorare i livelli di servizio al Paese. Una Forza di Polizia non può permettersi di “invecchiare troppo” come altre pubbliche amministrazioni, ma soprattutto i giovani, grazie al loro grado culturale (molti ragazzi già laureati entrano oggi in Guardia di Finanza) rappresentano un sicuro investimento su cui fare affidamento.

Non solo, il blocco delle assunzioni senza la garanzia del turn over ha portato a una progressiva crescita del gap fra organici ed effettivi (come riferito dal Comandante Generale ormai giunto a circa 4500 unità), gap che si concentra soprattutto in quelle regioni settentrionali più sviluppate economicamente, dove invece sarebbe opportuno rafforzare la presenza della Guardia di Finanza.

Oggi il personale del ruolo appuntati e finanzieri viene tratto esclusivamente da quello che ha prestato servizio presso le Forze Armate, mentre nel DDL finanziaria viene prevista la possibilità di transiti per i marescialli delle Forze Armate in esubero. Si ritiene, in primo luogo, di esprimere la totale solidarietà ai colleghi che si trovano nella prospettiva di dover cambiare amministrazione all’interno di un percorso che non ha visto l’apertura di alcun serio confronto con le relative rappresentanze. Nondimeno crediamo che le funzioni svolte dalla Guardia di Finanza richiedano di selezionare il personale sulla base delle conoscenze culturali  primancora che sulle attitudini militari, è per questo che siamo fermamente convinti che i nuovi finanzieri vadano ricercati prima di tutto nelle scuole e nelle università. Ciò non toglie che a coloro che provengono dalle Forze Armate e che siano in possesso di adeguati requisiti possano  essere riconosciuti congrui punteggi aggiuntivi in sede di selezione.

 

Signor Presidente, Onorevoli Deputati quello che in conclusione il personale della Guardia di Finanza chiede è di:

Ø     definire un percorso strategico condiviso che, attraverso la valorizzazione delle persone, porti a definire migliori standard di servizio per il cittadino;

Ø     individuare nel merito e nella professionalità la base di riferimento per selezionare le persone da arruolare e per corrispondere emolumenti adeguati rispetto alle funzioni svolte;

Ø     riconoscere i diritti sindacali.

IL COCER DELLA GUARDIA DI FINANZA

 


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