WELFARE, LA SCURE COLPIRA’ ANCHE LE PENSIONI DELLE FORZE DI POLIZIA E DELLE FORZE ARMATE? IL RISCHIO E’ MOLTO FORTE! (di Eliseo Taverna e Daniele Tisci)

mercoledì 05 dicembre 2007

Sembra paradossale ma purtroppo e così. Il disegno di legge 3178, d’iniziativa governativa, riguardante le norme di attuazione del “protocollo welfare” del 23 luglio 2007, su previdenza, lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibile, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale, contiene norme che se non corrette per tempo, avranno una ricaduta fortemente penalizzante anche per le Forze di Polizia e le Forze Armate.

 

Il testo all’esame della Camera dei Deputati, in un primo momento, non presentava vie d’uscita.  Infatti, pur non ritoccando, da subito, i limiti di età per l’accesso al trattamento pensionistico, l’articolo 1 comma 6 attribuiva, al Governo, una specifica delega “in bianco”  per emanare entro dodici mesi uno o più decreti, finalizzati ad armonizzare i regimi pensionistici con requisiti di accesso al trattamento di quiescenza, diversi da quelli vigenti nell’assicurazione generale obbligatoria, al fine di assicurare l’elevazione (da un minimo di 12 ad un massimo di 36 mesi) dell’età media del pensionamento anche al personale di cui al D.Lgs 195/95 e dei rispettivi dirigenti. Personale, tra il quale è inquadrato, appunto, quello appartenente alle Forze di Polizia e alle Forze Armate.

 

E’ del tutto evidente, pertanto, che la delega, tra l’altro così ampia, che il Governo si attribuiva, mirava certamente a rivedere i limiti di età e gli anni di contribuzione necessari per accedere al trattamento pensionistico anche per questi particolari dipendenti.

 

La legge 23.08.04 n. 243, cosiddetta riforma Maroni, che sarebbe dovuta entrare in vigore il 1° gennaio 2008, all’articolo 1 comma 8 aveva, però, giustamente salvaguardato queste categorie, collocandole in un preciso alveo. La particolare specificità che da sempre le  contraddistingue ponendole, tra l’altro, in una condizione di maggior favore, (non solo rispetto agli altri dipendenti pubblici, ma anche rispetto a quelli dei comparti privati sottoposti ai lavori usuranti) è stata da sempre riconosciuta dal legislatore.   

 

Fortunatamente, grazie alla forte protesta degli Organismi della Rappresentanza, il Ministro della Difesa, prima dell’apposizione della fiducia sul testo presentato alla Camera dei Deputati, ha fatto rimodulare l’articolo 1 comma 6  del d.d.l. attuativo del protocollo welfare, che pur conservando la specifica delega, sancisce l’obbligo per il Governo di sentire, prima di qualsiasi modifica, le OO.SS. e le Rappresentanze Militari dei comparti sicurezza e difesa, tenendo in considerazione la specificità, la condizione militare e la trasformazione ordinamentale in atto nelle forze armate.

 

Un primo passo è stato fatto, i “paletti”che con forza sono stati piantati hanno una certa rilevanza e sicuramente renderanno molto più in salita la strada che il Governo intende percorrere. Il  rischio che le condizioni per l’accesso al trattamento pensionistico possano essere riviste rimane, in ogni caso, fondato.

 

Questo tentativo di armonizzare tutto il settore pensionistico italiano, era già nell’aria da tempo. Le motivazioni vengono certamente da lontano e vanno ricercate, molto probabilmente, anche nelle politiche sociali messe in atto dai sindacati degli altri comparti che possono, tra l’altro, aver trovato il terreno fertile in alcune forze politiche.

 

Attualmente, i requisiti per l’accesso al trattamento pensione di anzianità (a domanda),  validi fino al 31.12.2007, sono contenuti nell’articolo 59, comma 6, della legge n. 449/1997.

 

Il citato articolo, prevede, per i dipendenti pubblici, il conseguimento del diritto alla pensione al raggiungimento dei requisiti di età anagrafica e di anzianità, ovvero di sola anzianità contributiva, indicati nella tabella D allegata alla citata legge (per l’anno 2007: 57 anni di età e 35 di contributi o in alternativa  39 anni di anzianità contributiva - per l’anno 2008: 57 anni di età e 35 anni di contributi o in alternativa 40 anni di anzianità contributiva).

 

L’articolo 59, comma 8, delinea quattro “finestre” per poter accedere al trattamento di quiescenza:

 

·    1° luglio, se il militare raggiunge il requisito entro il primo trimestre dell’anno e se in possesso di età pari o superiore a 57 anni;

 

·    1° ottobre, se il militare raggiunge il requisito entro il secondo trimestre dell’anno e se in possesso di età pari o superiore a 57 anni;

 

·    1° gennaio dell’anno successivo, se il militare raggiunge il requisito entro il terzo trimestre;

 

·    1° aprile dell’anno successivo, se il militare raggiunge il requisito entro il quarto trimestre.

 

Con il disegno di legge ora in esame (riforma Prodi – Damiano), per tutti i dipendenti ad eccezione di quelli disciplinati dal D.Lgs 195/95  (forze di polizia e forze armate per i quali continua, per il momento, ad applicarsi il requisito previsto dall’art. 6, comma 2, del D.Lgs. n. 165/1997) il diritto alla pensione si matura con un’età anagrafica pari a 53 anni e il  raggiungimento della massima anzianità contributiva, 35 anni + 5 di abbuono) e si stabilisce quanto segue:

 

·     la conferma di poter accedere al pensionamento, a prescindere dal requisito anagrafico, in presenza del requisito di anzianità contributiva pari ad almeno 40 anni;

 

·     un sistema che, da un lato, stabilisce in 58 anni l’età minima per la pensione di anzianità con 35 anni di contributi nel 2008 e con aumento graduale del requisito anagrafico fino a 61 anni dal 1° gennaio 2013 (c.d. scalini) e, dall’altro, rende flessibile l’accesso al pensionamento, consentendolo anche al raggiungimento di “quote” date dalla somma dell’età anagrafica e dell’anzianità contributiva.

 

Per quanto concerne l’importo del trattamento di quiescenza, la disciplina prevista dall’art. 1, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, prevede, per i dipendenti che alla data del 31 dicembre 1995 possono far valere un’anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, che la pensione sia determinata dalla somma:

 

·   della quota di pensione corrispondente alle anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 calcolata, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data;

 

·   della quota di pensione corrispondente al trattamento pensionistico relativo alle ulteriori anzianità contributive calcolate secondo il sistema contributivo.

 

Quest’ultimo sistema di calcolo della pensione è  sancito dall’art. 1, comma 6, della legge n. 335/1995, cosiddetta riforma Dini che prevede, in sintesi, l’applicazione di un coefficiente di conversione (legato all’età anagrafica del dipendente) al “montante contributivo” (costituito dalla somma degli accantonamenti del 33% del reddito di ogni anno, progressivamente rivalutata sulla base della dinamica quinquennale del Pil).

 

La misura di tale coefficiente, prevista alla tabella A allegata alla citata legge n. 335/1995,  è pertanto determinante nella quantificazione dell’importo pensionistico della quota di pensione con il sistema contributivo e, come previsto dall’articolo 1, comma 11, della stessa legge, soggetta a rideterminazione ogni dieci anni.

 

L’art. 3 del “pacchetto welfare”, inoltre, ora all’esame del Senato della Repubblica, prevede l’istituzione di una commissione con lo specifico compito di proporre, entro il 31 dicembre 2008, modifiche ai criteri di calcolo dei coefficienti medesimi, nel rispetto degli andamenti e degli equilibri della spesa pensionistica nel tempo e degli standard europei.

 

In linea massima, si osserva una generale riduzione del coefficiente di trasformazione, che comporterà inevitabili riflessi negativi, pari all’incirca al 6/9%, sulle relative quote del trattamento pensionistico.

 

Il quadro delineato risulta ancor più aggravato se si considera che per le Forze di Polizia e per le Forze Armate, come per altri settori, non è mai stato avviato il cosiddetto secondo pilastro della previdenza - cioè quella complementare - Le riforme Amato prima e Dini poi, hanno radicalmente innovato il sistema pensionistico italiano e, quindi, il meccanismo di calcolo dei trattamenti di quiescenza. Gli elementi negativi insiti nei provvedimenti di legge citati provocheranno un decremento delle prestazioni pensionistiche tanto più accentuato quanto minore era l’anzianità di servizio alla data convenzionale del 31 dicembre 2005.  La partita, quindi, che si giocherà nei prossimi mesi tra il Governo da un lato, sempre più preso a ricercare forme di contenimento dei conti pubblici, le OO.SS e le Rappresentanze Militari dall’altro, che cercano di spuntare migliori condizioni di vita per il personale rappresentato, sarà determinante per delineare il futuro di chi oggi è al servizio del paese.

 

ELISEO TAVERNA

DANIELE TISCI

 

Delegati Co.Ce.R. Guardia di Finanza

X Mandato

 

 


Tua email:   Invia a: