GLI INTERVENTI PERSONALI DEI DELEGATI GDF A L'AQUILA. "PERCHÉ CI VUOLE IL SINDACATO, L’ESEMPIO CONCRETO DEI PROVENTI DELLE SANZIONI DESTINATI AL FAF" (di Roberto Tofanelli)

sabato 26 gennaio 2008

Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’intervento tenuto il 23 gennaio 2008 all’assise de L’Aquila dal delegato Cobar Toscana della Gdf, maresciallo capo Roberto TOFANELLI.

 

INTERVENTO M.LLO TOFANELLI

 

Sono il maresciallo capo Roberto Tofanelli del Cobar Toscana e - meglio dire subito come la si pensa - mi pronuncio per la piena sindacalizzazione per i militari. Quanto alla necessità di essere coesi, sono pienamente d’accordo. Ma dobbiamo essere coesi con chi sta avanti sulla strada del progresso e dei diritti, non chi sta dietro.

 

Fatte queste doverose premesse, mi appresto ad indicare i motivi logici dai quali tale scelta è necessariamente scaturita. Parto con un esempio concreto che riguarda molto da vicino gli appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza: i proventi delle sanzioni pecuniarie dovute per violazioni alle leggi tributarie gestiti dal FAF, il Fondo Assistenza Finanzieri.

 

L’art. 1 della legge 7 febbraio 1951 n. 168 stabilisce che, qualora le leggi tributarie prevedano la partecipazione degli accertatori delle violazioni alle leggi medesime nella ripartizione delle somme riscosse per le pene pecuniarie ed ammende, la ripartizione stessa, detratto il 10 % per le spese inerenti la riscossione, venga effettuata come segue:

 

a)     il 60% all’Erario;

b)    il 20% ai Fondi di Previdenza o Assistenza delle Amministrazioni civili e dei Corpi di polizia cui appartengono gli accertatori;

c)     il 10% da dividersi in eguale misura fra gli accertatori, fino all’assegnazione a ciascuno di essi di un massimo di “lire 50.000” 25,82 euro per ogni accertamento;

d)    il 10% da devolversi a speciali fondi, costituiti presso le Amministrazioni civili ed i corpi di polizia cui appartengono i funzionari, ufficiali ed agenti partecipanti all’accertamento, per la distribuzione di premi al personale delle amministrazioni e dei corpi medesimi che si sia distinto per particolari meriti;

 

Lo stesso articolo prevede che, alla liquidazione ed al pagamento delle somme dovute agli accertatori provvedano gli speciali fondi appositamente costituiti e che anche qualora detti fondi non siano costituiti, le somme siano versate all’ufficio cui spetta la riscossione dei proventi delle pene pecuniarie o delle ammende, il quale provvede a rimetterle agli aventi diritto per il tramite delle amministrazioni cui essi appartengono;

 

Tale disciplina è prevista altresì per le violazioni alla legge doganale, di bollo e della legge antiriciclaggio, materie in cui il Corpo è naturalmente impegnato e nelle quali grandiosi sono stati nel corso degli anni i risultati di servizio in termini qualitative ma soprattutto, visto il caso di specie, quantitativi.

 

Il Cocer ha condotto una lunga battaglia, tuttora in corso, per la questione dei premi riconosciuti al personale del Ministero dell’Economia e delle Finanze e disconosciuti ai militari del Corpo, mi riferisco ai cosiddetti premi di cui alla legge 140 del 1997.

 

Un diritto possiamo definire “naturale” ossia il riconoscimento quale soggetto meritevole di essere apprezzato, così come il personale civile del ministero dell’economia e delle finanze, quale soggetto che contribuisce alla legalità economica e fiscale in Italia e in Europa.

 

Ma esiste un diritto ancora più forte, sempre legato al recupero dell’evasione fiscale, ossia quello appunto sancito dalla legge 168 del 1951.

 

Per quanto riguarda quindi tali premi per i quali la legge già prevede quale destinatario il Personale del Corpo, il FAF nel 2006, pur ricevendo complessivamente risorse pari ad euro 15.133.000 non ha restituito 1 euro a nessun militare del Corpo. Nello specifico capitolo quote dei proventi delle sanzioni pecuniarie da destinare a premi le entrate sono risultate pari ad euro 1.877.000. La ragione della mancata ripartizione al personale? Io non la conosco.

 

La ripartizione dei proventi derivanti dalle sanzioni tributarie di cui alla legge 168 del 1951 a mio parere non andrebbe fatta gestire da un Ente, come il Faf, che si occupa di previdenza ed assistenza essendo la questione assolutamente non riconducibile né alla prima né alla seconda materia.

 

La ripartizione dei proventi per sanzioni tributarie e’ materia di retribuzione accessoria. Andrebbe pertanto gestita in sede amministrativa. In ogni caso quelle somme non andrebbero trattenute a titolo definitivo presso l’Ente per nessun motivo, disponendo la legge altrimenti. Questo è il mio pensiero ma trova conforto nella Relazione della Corte dei Conti sugli esercizi Faf 2003/2004  ove si afferma:

 

i premi erogati sulla base della ripartizione dei proventi per violazioni di legge tributarie costituiscono, nella sostanza, elementi attinenti alla retribuzione, che esulano sia dall’assistenza che dalla previdenza. Dovrebbero rientrare, pertanto, nell’amministrazione del personale del Corpo. Al riguardo sarebbe opportuna la modifica della normativa vigente”.

 

Il parere del Collegio dei Revisori del Faf è concorde con quello della Corte dei Conti. Infine, nella Commissione che stabilisce i criteri per la ripartizione dei premi non è prevista la presenza di un delegato Cocer né tantomeno è prevista la richiesta di parere del Consiglio.

 

Il denaro della legge sui premi alle agenzie ci spetta per diritto “naturale”, anche noi facciamo parte dell’amministrazione finanziaria anche se non siamo i figli prediletti, e non ci viene corrisposto; il denaro dei proventi contravvenzionali ci spetta di diritto e non ci viene comunque dato.

 

Oggi i cittadini stanno affrontando un periodo molto difficile, con costi della vita che hanno raggiunto livelli di assoluto rilievo e noi, che siamo cittadini e viviamo in mezzo alla gente e con la gente ci confrontiamo tutti i giorni, lo sappiamo bene. Il denaro dell’extragettivo deve essere utilizzato quale investimento nella lotta all'evasione per poter restituire ai cittadini onesti e laboriosi di questo Paese, nei quali noi tutti ci ricomprendiamo, quanto di  spettanza. Tuttavia nemmeno precludiamo la possibilità, come qualsiasi altro cittadino che operi nel pubblico o nel privato, di vederci gratificati a seguito dei maggiori risultati raggiunti in ambito lavorativo.

A questo punto la mia domanda: cosa farebbe un sindacato di fronte a una situazione del genere? Non solo non si riconosce il personale del Corpo quale destinatario dei premi di cui alla Legge 140 del 1997 ma nemmeno si corrispondono i premi, di importo veramente modesto stiamo parlando massimo di 100 euro annui ad personam e a fronte di importi di sanzioni riscosse con relativa assenza di condoni, quindi nella realtà pochi euro e non per tutti. Cosa avrebbe da dire in merito un sindacato?

Sgombriamo subito il campo da un assunto tanto caro a coloro che sono contrari alla concessione dei diritti sindacali ai militari: sicuramente, come dicono appunto tali detrattori del sindacato, un organismo esterno e dotato di piena e fattiva autonomia non sarebbe la panacea di tutti i mali, nemmeno quelli che vi ho appena descritto. Ma va da sé che nemmeno la rappresentanza militare è la panacea di tutti i mali altrimenti scusate, se lo fosse, sarebbe il caso di far dono di questo tipo di rappresentanza a tutti gli altri lavoratori non militari.

 

La risposta alla mia domanda la pongo ai rappresentanti delle organizzazioni sindacali presenti: cosa potrebbero fare loro per tutelare i diritti del personale che la rappresentanza militare, con ogni buona e consentita volontà, non può effettuare? La differenza sta tutta qui e pregherei i dirigenti delle organizzazioni sindacali presenti di spiegarlo a tutti.

 

Il Cocer ha rappresentato in più sedi come considerasse quale “padre naturale” il ministro dell’economia e delle finanze. Quando la delega per il Corpo era nelle mani del vicemistro Visco egli dichiarò che le sue figlie predilette erano le agenzie. Ora che è nelle mani del ministro Padoa Schioppa lo stesso, nell’incontro del 25 ottobre dello scorso anno, ha concesso solo 5 minuti ed ha asserito che quel contesto non era luogo di contrattazione.

 

In pratica questi episodi ci hanno fatto capire, nostro malgrado, che siamo diventati orfani di padre.

 

E la nostra madre dove possiamo identificarla? Nelle commissioni difesa di camera e senato che hanno partorito un testo unificato di riforma della rappresentanza militare che ci riporta indietro di 35 anni disattendendo tutte le aspettative del personale militare? forse si. Di questa madre siamo noi a disconoscerne la discendenza.

 

E così siamo rimasti senza padre e senza madre, siamo degli orfani.

 

Quale altro paese in Europa non riconosce i diritti ai militari? La Grecia, solo la Grecia. Quindi siamo una razza in via di estinzione. E le razze in via di estinzione finiscono nei musei o nei laboratori.

 

E noi ci sentiamo un po’ sotto la campana di vetro come quegli esemplari delle razze in via di estinzione: analizzati, studiati, vivisezionati e poi imbalsamati. Mentre noi vorremmo vivere come tutte le altre specie di lavoratori e respirare l’aria pulita della democrazia e della libertà di pensiero e di espressione, in tutte le forme previste per gli altri i cittadini e lavoratori.

 

Ma questo non pare essere lo stesso pensiero del nostro patrigno e della nostra matrigna ministro da una parte e istituzioni parlamentari dall’altra.

 

Al nostro patrigno e alla nostra matrigna, concludo, dicendo: avete davanti a voi una razza in via di estinzione, non abbiamo possibilità di scampo se non quella che vi abbiamo indicato ossia far parte in maniera compiuta della società attraverso la concessione ai militari dei diritti sindacali. Se deciderete diversamente ci condannerete. Potete farlo ne avete la potestà, ma fateci solo una cortesia, non pretendete che noi si sia d’accordo.

 

ROBERTO TOFANELLI

 

 


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