GLI INTERVENTI PERSONALI DEI DELEGATI GDF A L'AQUILA. "I MOTIVI TECNICI E GIURIDICI PER I QUALI CHIEDIAMO IL SINDACATO” (di Roiatti, Dongiovanni, Balsamo, Calabrese, Silvestri, Caradonna, Bazzotto e Zupo)

sabato 26 gennaio 2008

Pubblichiamo di seguito il documento redatto da sei delegati e due ex delegati del Cobar Lombardia, sintetizzato nell’intervento tenuto il 23 gennaio 2008 all’assise de L’Aquila dal delegato del Cobar Lombardia della Gdf, maresciallo capo Alberto SILVESTRI e depositato agli atti.

 

 

DOCUMENTO DEI DELEGATI DEL COBAR LOMBARDIA ROIATTI, DONGIOVANNI, BALSAMO, CALABRESE, SILVESTRI E CARADONNA E DEGLI EX DELEGATI DEL COBAR LOMBARDIA BIZZOTTO E ZUPO

 

 

Egregi colleghi, sentite le proposte emerse dagli elaborati di codesti spettabili organismi e con l’intento di fornire un valido contributo alla stesura del documento unitario sulla riforma della rappresentanza militare, espongo le considerazioni espresse ed elaborate in comune accordo con alcuni delegati del Cobar Lombardia.

 

La Legge n. 382 dell’11 luglio 1978 ha introdotto per la prima volta nell’ordinamento militare la rappresentanza militare come organismo inserito in un sistema gerarchico-disciplinare; i preordinati organi rappresentativi detengono un ruolo esclusivamente propositivo-consultivo.

 

Sebbene tale riforma fosse innovatrice rispetto allo stato di cose di allora, a più di un quarto di secolo, l’attuale sistema della rappresentanza militare manifesta dei limiti oggettivi. È presente un deficit democratico che incide negativamente sul piano della rappresentatività, dell’indipendenza, dell’autonomia e del pluralismo, quali cardini di un reale organismo rappresentativo.

 

Nei fatti possiamo riscontrare che la rappresentatività non è garantita per le seguenti anomalie:

 

·                    scarsa corrispondenza tra consistenza della rappresentanza e dimensione della base rappresentata. I delegati della rappresentanza militare sono eletti solo apparentemente in modo proporzionale. Il sistema identifica ad ogni categoria di personale un numero minimo di delegati che, in associazione ai meccanismi di calcolo delle proporzioni, può determinare l’istituzione di organismi caratterizzati da un numero paritetico di rappresentanti indipendentemente dal numero dei militari che sono rappresentati. Questo fatto comporta, ad esempio, che possono accadere circostanze in cui categorie che rappresentano il 90% del personale di un reparto, hanno lo stesso numero di delegati di altre categorie che ne rappresentano il 10%. Risultato: all’interno dei consigli della rappresentanza militare si possono verificare situazioni in cui i delegati in rappresentanza di una stretta minoranza del personale, possiedono la maggioranza dei voti penalizzando così le categorie maggiormente numerose.

 

·                    L’incarico di presidente dell’organo collegiale, non avendo carattere elettivo, è assegnato de iure al membro più alto in grado. E’ ovvio il senso giuridico di tale disposto legislativo che è spesso causa di difficoltà ed ostacoli in sede deliberante. La figura del presidente ha anche la funzione di superiore gerarchico, quindi, titolare dell’azione disciplinare. che origina una illogicità sostanziale: disciplina militare e democrazia sono a volte incompatibili. Le assemblee sono gestite in un contesto militare, i delegati si radunano in luoghi militari, previa autorizzazione del comandante dell’unità di base, ed esercitano il mandato per servizio. Con tali presupposti sono pienamente applicabili sia il regolamento di disciplina sia i codici penali militari. Di conseguenza, nella trentennale storia della rappresentanza militare, si sono registrati casi di delegati puniti o censurati per i loro interventi in assemblea o, ancor peggio, denunciati alle procure militari per il contenuto delle loro delibere.

 

·                    L’impossibilità per i delegati di avere una comunicazione autonoma con l’esterno degli organi di rappresentanza, in modo da partecipare anche ai dibattiti della società sulle questioni fondamentali che interessano tutta la cittadinanza.

 

A proposito della mancata indipendenza, si rileva nella misura in cui:

 

·                                gli organi di rappresentanza funzionano in un contesto di servizio e quindi sono totalmente finanziati dall’amministrazione militare. In tal modo, si viene a creare una situazione di sudditanza, poiché sono le gerarchie militari che determinano, quantificano ed impongono le scelte sulle risorse da erogare e sul loro utilizzo. Ne consegue, che i delegati, in modo particolare quelli a livello di base, sono frequentemente in difficoltà perché privi di strumenti di lavoro e di supporto professionale.

 

·                                L’attività dei delegati è talora vincolata dalle decisioni dei comandanti che esigono la priorità ai compiti di servizio a discapito delle attività di rappresentanza.

Relativamente alla inconsistente autonomia, si può dedurre che:

 

·                    a volte i destinatari degli interventi della Rappresentanza sono gli stessi appartenenti agli organismi. Tale situazione crea una conseguente difficoltà di attuazione pratica delle delibere loro indirizzate. Perciò, il ruolo svolto dal rappresentante resta svuotato e senza alcuna possibilità di realizzo poiché, i risultati, si traducono nell’assodare che vengono ripresentate questioni che nella sostanza erano già state esposte all’ordine del giorno dai rappresentanti dei precedenti mandati e alle quali più volte fanno riscontro risposte delle autorità militari con formule di rito quali: “prendo atto, prendo atto ed inoltro alle superiori gerarchie, la materia non è di competenza di codesto organismo “ e cosi via.  

    

Infine, il pluralismo è mancante perché:

 

·                    l’attuale legge stabilisce un unico organismo di rappresentanza, obbligatorio per tutti i militari, precludendo loro la libertà di scelta nell’aderire o meno agli organismi di rappresentanza ovvero avere la possibilità di scegliere fra diversi organismi. 

 

Il Parlamento, sia in questa sia in altre legislature, ha preso atto della necessità di cambiamento o di modifica dell’attuale sistema di rappresentanza ed in tal senso sono stati presentati vari progetti di legge che rivelano soluzioni piuttosto contraddittorie, immutabili ed involutive rispetto alla condizione giuridica esistente.

 

Possiamo citare ad esempio, degli estratti di alcune proposte al fine di comprenderne il tenore:

 

1. il disegno di legge d’iniziativa del Sen. Ramponi (A.S. 428) - Ordinamento della rappresentanza militare - conferma che: “ Il presente disegno di legge non comporta oneri aggiuntivi rispetto a quelli già previsti per l’attività di rappresentanza “;

 

2. il disegno di legge d’iniziativa dei Sen. Nieddu, De Simone e Mercatali (A.S. 652) - Riforma della rappresentanza militare - conclude che: “ Si ritiene di poter affermare che le nuove norme sulla rappresentanza militare previste dal presente disegno di legge contribuiscono a modernizzare lo strumento militare, valorizzando l’efficienza e il carattere democratico. Alla crescita della rappresentanza militare, valorizzando lo spirito ed il carattere interforze, è affidata anche la prospettiva di un’ulteriore più autonoma agibilità dei diritti sindacali in ambito militare “;

 

3. il disegno di legge d’iniziativa del Sen. Marini Giulio (A.S.1688) - Nuove disposizioni in materia di tutela dei diritti e degli interessi individuali e collettivi del personale militare - all’articolo 17, comma 1 - Diritto di associazione - sancisce che: “ I militari possono costituire associazioni socio-culturali, di solidarietà e di assistenza al personale militare e ai loro familiari previa comunicazione al Ministro della difesa che provvede ad emanare il relativo decreto qualora l’istanza abbia i requisiti previsti dalla normativa vigente in materia di organizzazioni di utilità sociale”, di seguito al secondo comma: “ I militari non possono esercitare il diritto di sciopero o aderire e costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali “.

 

4. Il disegno di legge d’iniziativa dei Sen. Giambrone, Formisano, Rame, Caforio e Turigliatto (A.S. 1683) - Riforma del sistema della rappresentanza militare - dall’ultimo paragrafo della relazione, si chiarisce che: “ Le Forze armate hanno nella struttura della rappresentanza militare una grande risorsa da valorizzare che può, peraltro, esprimere una forte carica unitaria e democratica in forza della rappresentatività che deriva dallo stretto rapporto con la base che rappresenta. È in forza di ciò che è stato presentato il disegno di legge “.

 

E poi, da un’accorta analisi dei summenzionati progetti di legge, si può dedurre come essi si adattino strumentalmente alla sentenza n. 449 del 13 dicembre 1999 della Corte Costituzionale che ha stabilito la non incostituzionalità del divieto di associazione sindacale. Si cita testualmente: “ Il rilievo che la struttura militare non è un ordinamento estraneo, ma costituisce un’articolazione dello Stato che in esso vive, e ai cui valori costituzionali s’informa attraverso gli strumenti e le norme sopra menzionati, non consente tuttavia di ritenere illegittimo il divieto posto dal legislatore per la costituzione delle forme associative di tipo sindacale in ambito militare“.

 

Inoltre, prosegue la sentenza: “ La declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1, della legge 11 luglio 1978, n. 382, aprirebbe inevitabilmente la via ad organizzazioni la cui attività potrebbe risultare non compatibile con i caratteri di coesione interna e neutralità dell’ordinamento militare “. Questa massima, tra l’altro, riceve supporto indiretto dalla sentenza n. 24 del 1989 della stessa Consulta dalla quale si evince che: “ Nel pensiero del legislatore, e nella sistematica del c. p. m. p. , la giustificazione della repressione penale delle arbitrarie adunanze militari previste dal comma 2, dell’art. 184 del c. p. m. p. risiede nel loro carattere ostile e sedizioso che, mentre rappresenta per se stesso lesione della disciplina, realizza al contempo una situazione di concreto pericolo nei confronti dell’efficienza dell’istituzione in funzione dei fini costituzionali”.

 

Signori Delegati, è tempo di svecchiare l’attuale sistema di rappresentanza militare che si rifà ad un anacronismo legislativo. Sono mutati i costumi sociali e la stessa legislazione ordinaria, per tramite dei suoi proponenti, deve saper interpretare e adeguare il significato delle disposizioni costituzionali anche a fronte delle convenzioni internazionali. A tal proposito, quasi tutti i Paesi europei hanno attuato sia la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948) in particolare l’articolo 20 - Libertà di riunione di associazione -, sia la Convenzione europea sulla protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, in modo particolare l’art. 11 - Libertà di riunione e di associazione -, nonché l’art. 3 della Carta Sociale Europea.

 

In aggiunta, la Risoluzione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa datata 8 maggio 1979 consente agli agenti di polizia, agli agenti di polizia militare, ai militari e alle milizie, che svolgono funzioni di polizia, di fondare organizzazioni professionali, di aderirvi e di svolgervi un ruolo attivo. Coerentemente, la stessa Assemblea parlamentare prese atto che tali associazioni dovevano avere il diritto di partecipare ai negoziati riguardanti gli interessi professionali e sociali dei loro membri, poiché, i militari siano essi di leva o di lunga ferma non devono essere isolati dalla società democratica, e devono partecipare essi stessi alla democrazia che difendono, considerato il principio che il soldato è un cittadino in divisa.

 

A conclusione di questo virtuoso percorso democratico, il 12 aprile del 1984, il Parlamento Europeo approvò una Risoluzione sul diritto di associazione dei militari.

 

Ne conseguì che molti Paesi Europei riconobbero il diritto di organizzazione sindacale nelle Forze di polizia ad ordinamento militare aprendo così la strada ad una serie di miglioramenti che introdussero una maggiore qualificazione del personale ottenendone, di seguito, una più elevata efficienza dei servizi a favore del cittadino. Possiamo pertanto affermare che il riconoscimento di tale diritto ha ottenuto concretamente due risultati:

 

- maggiore dignità professionale e più tutela economica per il personale;

 

-  un diverso rapporto tra le strutture generali di una società moderna e democratica e quelle istituzioni preposte alla difesa dello Stato e dei Cittadini.

 

Egregi Colleghi quanto abbiamo sin qui riportato ci consente di addivenire allo scopo essenziale del presente documento: l’istituzione delle associazioni sindacali per il personale del Corpo della Guardia di Finanza.

 

Con tali organismi si supererebbe ogni preclusione al potere contrattuale vero e proprio, che tutt’oggi la Rappresentanza militare, nonostante l’impegno profuso dall’attuale mandato del COCER, è relegata alla facoltà di concertare (art. 2, comma 1, lett. b Dlgs. 195 / 1995). Inoltre, raggiunto tale obiettivo verrebbero ampliate le materie di competenza della rappresentanza in modo da consentire ai delegati di esercitare un ruolo difensivo degli interessi professionali dei militari e di trattare argomenti che concernono l’ambito disciplinare, la carriera, i rapporti gerarchici e l’organizzazione dei servizi. In aggiunta, tali associazioni potrebbero intervenire non solo per questioni di carattere collettivo, come stabilito dalla legge 382 / 78 e quasi immutabilmente ribadito nel “ Testo Unificato ” in discussione presso la IV^ Commissione permanente del Senato, bensì a tutela anche del singolo militare per questioni quali trattamento economico, sanzioni disciplinari, note caratteristiche, abusi-mobbing, problemi stipendiali, cause di servizio, trasferimenti, ecc.

 

Per rafforzare il senso del nostro intervento, e sgombrare il campo dall’illegittimità costituzionale paventata in alcune discussioni parlamentari, giova ribadire che da un’attenta valutazione della già citata sentenza n. 449 / 1999, si evince che il giudice si è pronunciato unicamente sulla legittimità costituzionale di un divieto legislativo, affermando che la cancellazione sic et simpliciter di tale riserva, avrebbe provocato una situazione di carenza normativa difficilmente superabile, traendo spunto dalle innegabili ed imprescindibili particolarità organizzative e strutturali delle Forze Armate. La Corte Costituzionale perciò, non ha vietato in alcun modo possibili interventi parlamentari tesi a legiferare in merito al diritto di costituire associazioni professionali a carattere sindacale o di aderire ad altre forme di associazioni sindacali piuttosto, ha messo in evidenza l’opportunità di avviare riforme normative che riconoscano maggiore spazio alla tutela individuale oltre che collettiva del personale militare.

 

Il presente documento è il frutto del lavoro e del personale convincimento dei sottoscritti delegati del Cobar Lombardia. E’ stato redatto con la speranza che quest’assemblea deliberando in direzione di una piena autonomia della rappresentanza militare divenga finalmente un strumento vero di “rappresentanza dei diritti”.

 

Grazie per l’attenzione.

 

I DELEGATI DEL COBAR LOMBARDIA

ROIATTI MARIO

DONGIOVANNI ANTONIO

BALSAMO GIUSEPPE

CALABRESE ALESSANDRO

SILVESTRI ALBERTO

CARADONNA VITO

 

Hanno inoltre partecipato:

BIZZOTTO AURELIO (decaduto)

ZUPO GAETANO (dimesso)

 

 


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