DOCUMENTI CONSEGNATI ALL'ASSISE DE L'AQUILA, LA POSIZIONE DEL COBAR PIEMONTE: "DOVE SBAGLIANO I DEMONIZZATORI DEL SINDACATO PER I MILITARI, VA SEGUITO L’ESEMPIO SPAGNOLO DELLA GUARDIA CIVIL”

mercoledì 30 gennaio 2008

Pubblichiamo in allegato il documento del Cobar Piemonte letto il 22 gennaio 2008 dal delegato, app. sc. Loris CHIARAMELLO.

A margine della riunione i delegati piemontesi presenti all’assise hanno inoltre rappresentato il grave problema che a breve coinvolgerà oltre 500 militari del Piemonte i quali, dopo la Sentenza negativa del Consiglio di Stato, saranno messi in mora dall’amministrazione per la restituzione delle somme già liquidate, come preliminarmente deciso dal locale TAR, a fronte delle ore di straordinario tagliate e non recuperate.

 

ASSISE DE L’AQUILA, 22 GENNAIO 2008

DOCUMENTO DEL COBAR GDF PIEMONTE

Il Cobar Piemonte, come emerge dai suoi deliberati prodotti, ha chiare le idee circa l’organo di cui dotarsi per tutelare gli interessi degli appartenenti al Corpo; non staremo  qui a dilungarci sulla inadeguatezza ed inutilità della rappresentanza militare: è noto a tutti.

Coloro che all’inizio del X mandato avevano qualche dubbio su quale fosse la migliore prospettiva di riforma della rappresentanza, ossia se perseguire o meno la strada della sindacalizzazione, hanno sviluppato la cognizione che il sindacato non è di per sé incompatibile con lo status militare, una volta chiarito che la libertà sindacale non presuppone una conseguente libertà di sciopero, come dimostra l’esperienza delle Polizie civili italiane e di quasi tutte le Forze Armate Europee.

In coerenza con il lavoro e gli studi svolti al riguardo, questo Cobar ritiene come non possano esserci ambiguità nella scelta degli organismi di cui dotarsi per la tutela del personale rappresentato: non c’è nulla da creare, nulla da inventare. Esiste già ed è ampiamente collaudato: si chiama Sindacato.

Il confronto quotidiano con le numerose problematiche che riguardano gli oltre 2000 colleghi rispetto le minime possibilità date ad un organismo di soli 12 persone, i lacci formalistici che impediscono un’attività ed una risoluzione pronta ed immediata, le limitazioni non solo ai settori in cui è possibile intervenire ma alle stesse modalità d’intervento, non possono che far giungere alla conclusione, da parte di qualsiasi delegato scevro da malizie e che intenda perseguire sinceramente la “tutela del personale”, che un sistema di rappresentanza interno alla struttura militare non è geneticamente in grado di perseguire veramente tale tutela.

Si è tuttavia consapevoli che una unanimità non è riscontrabile in tutti gli organismi, compreso quello centrale. Le differenti posizioni tuttavia si misurano più sul campo nominalistico che sostanziale: fa paura la parola sindacato! Ad essa viene associata un’idea politica e partitica, come se le OOSS fossero etichettabili necessariamente in un determinato versante ideologico, dimenticando che ne esistono di qualsiasi ispirazione.

In tutte le esperienze storiche, ideologiche e nazionali, la reale tutela dei lavoratori è stata da sempre affidata ad entità estranee sia allo Stato che ai datori di lavoro (dalle gilde medievali agli ordini professionali moderni): anche la normativa fascista non abolì il sindacato ma lo limitò ad uno solo, comunque non negando aprioristicamente il diritto dei lavoratori ad auto-tutelarsi, come invece tuttora imposto ai militari italiani. Questo è il principio per il quale è vietata, sia dalla normativa nazionale che internazionale, la costituzione dei cd. sindacati gialli, ossia costituiti o favoriti dagli stessi datori di lavoro.

I demonizzatori dell’idea sindacale richiamano spesso il rischio di scollamento interno dell’istituzione militare, un germe rivoluzionario che porterebbe alla negazione del vincolo gerarchico, ignorando che vi sono esperienze internazionali ed italiane (appunto le polizie civili) che confutano inequivocabilmente l’assioma sindacato=insubordinazione. Le FFAA tedesche, che da ben 50 anni hanno la libertà di costituirsi in sindacati, sono forse meno efficienti di quelle italiane? Eppure sono entrambe presenti fianco a fianco in missioni internazionali di pace.

Per non parlare dei poliziotti che, dal 1981, possono far parte di organizzazione sindacali, senza che ciò abbia provocato il disfacimento della sicurezza interna, anzi non dimentichiamo che alla Polizia di Stato è affidata la tutela della sicurezza pubblica nazionale; si consideri anche il caso della Polizia Penitenziaria ai cui appartenenti è consentita anche l’affiliazione alle confederazioni sindacali della generalità dei lavoratori, ciò senza attentare alla struttura gerarchica ed alla apoliticità del Corpo od alla funzionalità del sistema carcerario.

Si segua l’esempio della Guardia Civil spagnola alla quale è stato riconosciuto il diritto di costituire “associazioni professionali” che in sostanza hanno funzioni ed attribuzioni molto simili ai sindacati, nonché il dibattito e le conseguenti aperture che si stanno manifestando nei pochi Paesi europei, Francia e Portogallo, ove la condizione militare è simile a quella italiana.

Alcuni oppongono a questo punto l’eccezione della frammentazione interna, riscontrabile appunto nella Polizia di Stato; non considerano che forse la frammentazione è dovuta paradossalmente al divieto di affiliazione alle grandi confederazioni nazionali (che negli altri settori fungono invece da grandi contenitori delle diverse posizioni). Comunque, a queste divisioni si potrebbe facilmente ovviare con meccanismi di rappresentatività che non neghino, però, a priori la libertà sindacale (sarebbe altrimenti come affermare che per limitare il numero di partiti si dovrebbe vietarne la costituzione).

Tra l’altro è abbastanza ipocrita l’idea che la Rappresentanza Militare unica e monolitica favorisca virtuosamente la coesione delle idee, come se in ciascun organismo ad ogni livello non potessero esistere diversi pensieri e  posizioni; il sistema attuale non assicura l’unità e la coesione ma forse la può solo far apparire all’esterno, negando l’esistenza di altre idee che non siano della maggioranza.

Tale coesione è invece un artificio che non regge allorquando le problematiche riguardano direttamente e peculiarmente ciascuna categoria rappresentata; si creano in questi casi delle divisioni tra categorie ben più nette rispetto la frammentazione sindacale, come avvenne per il riordino delle carriere.

La Rappresentanza Militare è un vestito confezionato su misura sulle Forze Armate di 30 anni fa, quando per giunta erano costituite principalmente da personale di leva; ora è completamente inadatta all’attuale organizzazione della Difesa, ma ancor di più è inadeguata per la Guardia di Finanza la cui situazione è peculiare e completamente diversa dagli altri Corpi militari.

L’organismo di rappresentanza ha come referente politico naturale il Ministro della Difesa e le sue competenze sono legate ai problemi del personale della Difesa.

Il nostro referente naturale non è il Ministro della Difesa ma il Ministro dell’Economia, i nostri problemi non sono quelli della Difesa, la nostra formazione e struttura è quella di una forza di polizia economico-finanziaria e di sicurezza, il nostro comparto deve essere esclusivamente quello della Sicurezza.

Vi è invece il fondato sospetto che l’avversione nei confronti di un organismo esterno di tutela si basi più sulla difesa degli attuali privilegi dei pochi rispetto la tutela dei molti.

Si diceva però che le differenze tra le posizioni sincere (minoritarie) degli avversari del sindacalismo siano più nominalistiche che sostanziali; in definitiva, proprio per quanto sia deludente la prova data nei decenni dalla Rappresentanza Militare, chi aspira veramente alla difesa dei Finanzieri non può non propendere per la tutela esterna. Da questo punto fermo imprescindibile si deve partire per costruire una posizione comune.

Chiarito quale sia l’obbiettivo da raggiungere resta da definire il metodo. Forse mai come in questo X mandato il dibattito su tale tema è stato tanto sentito, sviscerato, propugnato dai delegati della rappresentanza militare.

Purtroppo si deve constatare che a fronte dei svariati e continui pronunciamenti pro-sindacali da parte del Cocer Gdf e di altri Cocer, la politica è rimasta sorda, o meglio è stata più attenta ad ascoltare la tesi più comoda cioè quella avversa di altri Cocer (CC ed EI) che propendono per la fantomatica Rappresentanza “forte”, posizione che viene però puntualmente smentita dagli organismi confluenti; ulteriori dichiarazioni di principio ormai non possono sortire alcun effetto.

La storia insegna che le conquiste dei diritti nel mondo militare sono avvenute mediante strappi e fughe in avanti, concretizzatesi solo grazie a sofferte e dolorose conquiste di democrazia, tanto che la politica è stata poi costretta ad inseguire e limitare i danni: è stato così per la 382 allorquando la politica ha finto di concedere alcuni diritti costituzionali sotto la spinta dei vari coordinamenti proposti dai militari democratici; analogamente sono corsi ai ripari per quanto riguarda la smilitarizzazione dei controllori di volo e della Polizia di Stato, quando ormai la protesta del personale non era più gestibile e si doveva arginarla evitando pericolosi coinvolgimenti di altri Corpi.

Le istituzioni, gli Stati Maggiori non possono arroccarsi su posizioni anacronistiche, in controtendenza rispetto al panorama europeo; in democrazia la voce del popolo è ascoltata.

Il Cobar, espressione dei Finanzieri del Piemonte con questo documento ha indicato la linea e la strada da perseguire. Del dibattito interno saremo attenti uditori delle posizioni diverse da quanto da noi espresso e saremo attenti alle scelte che questa assise farà, ma bisogna oltrepassare una volta per tutte la “linea del Piave”, una strada che dev’essere senza ritorno e che ci imporrà di guardare avanti e non girarci più indietro; con questo appello all’unità in questa bellissima manifestazione di democrazia all’interno della GdF; vi è anche l’istanza da parte nostra che nel documento finale sia inserita altresì una richiesta: che la politica ancora una volta non si faccia superare dagli eventi e rispetti le nostre aspettative. Una unanimità all’assemblea la chiediamo: di respingere qualsiasi forma che prevedeva un istituto rappresentativo all’interno del Corpo.

 

IL COBAR GDF DEL PIEMONTE

 

 

 


Tua email:   Invia a: