LE TANTE POLIZIE DEL PAESE: LA QUANTITÀ E LA QUALITÀ (Lettera al Corriere della Sera con risposta di Sergio Romano)

sabato 24 maggio 2008

Corriere della Sera, La lettera del giorno

Venerdi' 23 Maggio 2008

risponde Sergio Romano

 

LE TANTE POLIZIE DEL PAESE - -LA QUANTITÀ E LA QUALITÀ

 

Quello della sicurezza, dopo essere stato uno dei temi centrali della recente campagna elettorale, continua a essere un argomento di forte interesse. Ebbene, nonostante la gravità dei fenomeni legati alle varie forme di criminalità oggi presenti, occorre dire che la risposta dello Stato appare ancora deficitaria. Per essere più chiari, a essere sotto accusa è l'intera architettura del nostro sistema di sicurezza interno, caratterizzato da un elevato numero di corpi di polizia nazionali, privi del necessario coordinamento o, in alternativa, di forme di specializzazione funzionale o geografica; a complicare il quadro vanno aggiunti poi quelli presenti a livello locale, ancor più numerosi.

Il livello massimo del paradosso viene raggiunto sui nostri mari dove operano i servizi navali della Polizia di Stato, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, poi la Guardia Costiera e, spesso, anche la stessa Marina Militare. Il sistema produce scarsi risultati a fronte delle ingenti risorse investite e del gran numero di uomini impegnati. E allora la domanda sorge spontanea: che cosa impedisce all'Italia di assumere, anche in questo delicato settore, un assetto paragonabile a quello degli altri Paesi europei?


Giovanni Martinelli , giova.mart@tin.it

 

 

La situazione sui mari della penisola è persino più stravagante di quella descritta nella sua lettera. Secondo il generale Piero Laporta, capo di stato maggiore del Casd (Centro Alti Studi Difesa), la flotta della Guardia costiera si compone di «5 pattugliatori della classe 900, 28 unità d'altura a grande autonomia della classe 200, 43 motovedette classe 800 per la ricerca e soccorso in mare, 26 motovedette classe 2000 e 32 unità navali classe 500, e 9 elicotteri Agusta AB 412 CP». E non avrebbe «nulla da invidiare, aggiunge Laporta, alla Coast Guard degli Stati Uniti d'America, che ha due coste oceaniche da sorvegliare e la frastagliatissima e lontanissima Alaska».
In un articolo pubblicato da Italia Oggi del 6 maggio, Laporta ha fatto la radiografia quantitativa dell'apparato a cui è affidata la sicurezza dei cittadini italiani. In un momento in cui il tema è particolarmente sentito dalla pubblica opinione vale la pena di ricordare le cifre. I carabinieri, la polizia di Stato e la Guardia di Finanza impiegano complessivamente 334.245 unità, vale a dire un poliziotto ogni 175 abitanti (il rapporto in Germania è di un poliziotto ogni 400 persone).

Ma non sembra che queste cifre siano sufficienti ad assicurare la tranquillità dei loro connazionali. Ai tre grandi corpi e a due polizie con compiti specifici (penitenziaria e forestale) occorre aggiungere le polizie comunali, provinciali e regionali per le quali non esistono dati certi, ma solo presunzioni. Laporta azzarda una cifra (fra 80.000 e 100.000 unità), aggiunge gli ausiliari a cui è delegato il compito di rilevare alcune specifiche infrazioni, somma le polizie private (circa 50.000 uomini), aggiunge gli atleti (circa un migliaio) e arriva alla conclusione che gli addetti alla sicurezza sono complessivamente 484.245: un «angelo custode » per ogni 120 italiani, «compresi 60 fra lattanti e vegliardi ».

Temo che dietro questa armata di poliziotti vi siano fattori che non depongono a favore della lungimiranza della classe politica. Abbiamo assunto poliziotti perché era questo il modo più semplice d'impiegare diplomati disoccupati, soprattutto meridionali, assillati dal desiderio di un lavoro stabile. Abbiamo investito sul numero piuttosto che sulle tecnologie. Abbiamo destinato le forze di polizia a compiti che potevano essere affidati a impiegati civili. Abbiamo permesso che ogni corpo rivendicasse la propria autosufficienza tecnica e sviluppasse servizi che avrebbero dovuto essere gestiti sul piano nazionale. I risultati di questa politica sono stati una bassa produttività, un confuso intreccio di competenze, molti accavallamenti e parecchi litigi «interforze ».

È stato appena approvato un «pacchetto» di misure di sicurezza che dovrebbero rafforzare, tra l'altro, i poteri delle polizie. Il nuovo ministro degli Interni dovrebbe cogliere l'occasione per far sapere al Paese che è consapevole dell'esistenza di un problema e che la quantità non è necessariamente sinonimo di qualità.


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