PER UN’ETICA DEL SINDACATO, SINDACALIZZIAMO LE FORZE ARMATE (di Antonello Ciavarelli)
INTRODUZIONE
Nella scorsa legislatura anche fuori dagli ambienti militari si è molto parlato di sindacalizzazione delle Forze Armate, forse anche grazie ad alcuni disegni di legge sulla riforma del sistema di rappresentatività, che ha portato la discussione nelle aule Parlamentari.
È chiaro che in particolare negli ultimi mesi si è diffusa una sensazione (a parer mio sbagliata) di diffidenza nei confronti dell’attività sindacale in generale, a causa degli alti e bassi derivante spesso dalla personalizzazione dello strumento. Infatti su libri e pubblicazioni, i sindacati italiani vengono definiti “caste” subendo critiche alla stessa stregua di quelle ricevute dal mondo politico. Ma ciò vorrebbe dire che un Istituto che tutela i lavoratori riconosciuto dalla Costituzione italiana e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, è da buttar via perché attualmente per certi aspetti può venire mal utilizzato? Allo stesso tempo dovremmo eliminare il Parlamento perché da parte dell’opinione pubblica i partiti vengono considerati delle “caste” e la politica perde di credibilità? Ciò mi ha invogliato a studiare e ad approfondire questi temi che di seguito mi permetto di portare all’attenzione dei lettori, frutto dell’esperienza maturata in questi anni di attività come delegato Co.Ce.R..
RAPPRESENTANZA E PASSAGGIO ALLO STRUMENTO MILITARE PROFESSIONALE
Le spinte provenienti dal personale militare, anche e sopratutto dalle Rappresentanze di Base, non possono farci esimere dal riflettere sulla opportunità di dare ai lavoratori militari una riforma della Rappresentanza Militare in direzione sindacale. Infatti a distanza di quasi trenta anni, tante sono le difficoltà e contraddizioni legate alla gestione e funzionamento di uno strumento che ha come riferimento la gerarchia escludendo possibilità di dialogo e confronto democratico. Da questo punto si sono evidenziati negli anni i limiti della Rappresentanza Militare la quale, nonostante tutto, è riuscita a incidere su un miglioramento dello stesso Organismo. Tutto ciò si è evidenziato con la professionalità e crescita culturale dei militari tutti. Questa non più rinviabile esigenza di sindacalizzazione la stanno esprimendo in modo evidente gli uomini dell'Aeronautica e della Guardia di Finanza e in modo, anche se meno evidente ma altrettanto sentito, la stanno percependo altre decine di migliaia di militari, compresi i Marinai.
CENNI DI STORIA SINDACALE
Come è noto in particolare agli appassionati del diritto sindacale, il sindacato è un fenomeno moderno nato con il movimento operaio, collocabile storicamente verso la metà del settecento, ed è strettamente collegato alla comparsa sulla scena dell'impresa. Con questa ultima compaiono due ruoli, quello di chi ha investito il capitale, ha comprato materie prime e fornito mezzi e quello di chi ne è sprovvisto ma è in possesso solo di forza lavoro.
In quasi tutti i paesi europei dopo un percorso evolutivo articolato in una fase di repressione, e di tolleranza, viene riconosciuto a pieno titolo il sindacato. Nella seconda metà dell'ottocento si afferma in Inghilterra il sindacato con i dovuti riconoscimenti giuridici.
Una sintesi estrema, questa, per riflettere di quanto ampio sia stato il percorso effettuato in termini temporali, ma ancor più in termini sociali, per approdare alla sindacalizzazione dei lavoratori. All'inizio infatti, per lungo tempo è stato valutato devianza sociale, un crimine, e come tale represso. Progressivamente è stato accettato come un fatto congenito all'organizzazione e poi investito di una funzione sociale, nella considerazione che uno dei due contraenti è in partenza più debole e come tale deve essere protetto.
GIORNI NOSTRI ED ETICA DI UN SINDACATO DEI MILITARI
Tutto ciò fino ad arrivare ai giorni nostri dove in Italia la Costituzione nell'art. 18 e 39 dà il diritto di associarsi liberamente a tutti i cittadini in organizzazioni sindacali.
Se consideriamo il lavoro umano sotto una duplice dimensione oggettiva e soggettiva, possiamo allora intendere per oggettivo l'insieme di attività, risorse, strumenti e tecniche di cui l'uomo si serve per produrre (nel caso delle FF.AA. le navi, gli aerei, i cannoni ecc.) e in senso soggettivo l'agire dell'uomo in quanto essere dinamico, capace di compiere varie azioni che appartengono al processo del lavoro. Ciò per puntualizzare che la soggettività conferisce al lavoratore la sua peculiare dignità, che impedisce di considerarlo come una semplice merce o un elemento impersonale dell'organizzazione produttiva.
La persona è il metro della dignità del lavoro: non c'è infatti, alcun dubbio che il lavoro umano abbia un suo etico valore, il quale senza mezzi termini e direttamente, rimane legato al fatto che colui che lo compie è una persona.
Anche se non può essere ignorata l'importanza della componente oggettiva del lavoro sotto il profilo della sua qualità, tale componente tuttavia, va subordinata alla realizzazione dell'uomo, e quindi alla dimensione soggettiva, grazie alla quale è possibile affermare che il lavoro è per l'uomo e non l'uomo per il lavoro e che lo scopo del lavoro eseguito dall'uomo rimane sempre l'uomo stesso e la comunità in cui vive.
Questa valenza del lavoro dell'uomo e per l'uomo è ancora più rilevante se si tratta di professioni “limite” come quella del militare. In questa fase di cosiddetta professionalizzazione delle FF.AA. l'attenzione sull'uomo diventa ancora più rilevante, proprio per il senso di operatori di pace e giustizia sia in ambito nazionale che internazionale che si sta dando al mestiere di militare. Infatti, anche a livello soggettivo, il militare è sempre più cosciente dei suoi compiti tanto é che ad esso gli si affida l'uso di armi micidiali e molto più sofisticate rispetto a poco più di mezzo secolo fà.
In questo senso l'uomo militare, sempre più cosciente della delicatezza che la sua scelta di vita comporta e della rilevanza che ognuno assume nello svolgimento del proprio compito a qualsiasi livello, è ormai maturo per assumere le responsabilità che una sindacalizzazione della rappresentanza comporta. Responsabilità che orientate al perseguimento del bene comune, sono un fattore di ordine sociale e di solidarietà e quindi un elemento indispensabile della vita sociale. Tanto più se si tratta di lavoratori con lo status di militare si rende quanto mai attuale e necessario l'esercizio di un'autentica solidarietà tra i lavoratori. In questa direzione si rimane naturalmente lontano da una interpretazione di sindacati che costituiscano solamente il riflesso della struttura di classe della società e che siano l'esponente della lotta di classe, che inevitabilmente governa la vita sociale. In particolare un eventuale sindacato dei militari dovrebbe essere promotore della lotta per la giustizia sociale, per i diritti degli uomini che lavorano in una particolare e delicata professione come quella militare. Il confrontarsi deve essere visto come un normale adoperarsi per il giusto bene, non una lotta contro gli altri. Ancor più nel mondo militare il sindacato, divenendo strumento di solidarietà e di giustizia, non potrebbe o dovrebbe abusare degli strumenti di lotta; in ragione della sua vocazione, vincerebbe le tentazioni del corporativismo, si autoregolamenterebbe e valuterebbe le conseguenze delle proprie scelte rispetto all'orizzonte del bene comune. Puntualizzando che essi non devono avere il carattere di partiti politici che lottano per il potere e non sottoposti alle loro decisioni, le rappresentanze sindacali militari avrebbero tutto il diritto di influenzare e sensibilizzare direttamente il mondo politico ai problemi del lavoro e di impegnarlo a favorire le realizzazione dei diritti dei lavoratori. Dimostrazione nel nostro contesto, di una siffatta visione del mondo sindacale, è il contributo apportato dai sindacati delle Forze di Polizia sia per il proprio personale che per il Ministero stesso. Apporto che darebbero i sindacati militari al personale e agli stessi Stati Maggiori.
In questi approfondimenti fra le varie fonti si è approfittato in particolare di alcune citazioni di Giovanni Paolo II e della sua lettera enciclica Laborem exercens, proprio nella convinzione che, in una eventuale stesura di una riforma della Rappresentanza Militare in direzione sindacale, è fondamentale tenere ferma una dimensione etica alta del sindacato dei lavoratori e dei lavoratori militari. Per cui sarebbe indispensabile che il sindacato dei militari fosse composto da personale in servizio e collegato all’attività di servizio. Dimensione, quindi, che non può essere slegata dai riferimenti forti ai quali la vita militare si rifà e puntualmente citati in una Costituzione italiana dai valori sempre attuali.
In questo senso dare alle Rappresentanze Militari un ruolo sindacale, cominciando da subito da quello negoziale, è quanto mai urgente e sarebbe un valore aggiunto se si vuole fare delle Forze Armate un'istituzione costituita di uomini coscienti delle loro responsabilità e della loro scelta di vita sempre più orientata al servizio della nazione e del bene dei suoi cittadini.
ANTONELLO CIAVARELLI
Delegato Co.Ce.R. M.M. – Guardia Costiera
antonellociavarelli@libero.it