MA L’EVASIONE FISCALE NON SI COMBATTE CON GLI SCONTRINI (di Piero Ottone)
Io li detesto, e l’ho scritto. Le mie osservazioni (qualcuno scrive, forse esagerando, le mie invettive) hanno provocato numerose lettere di riprovazione.
Gli scriventi non lo dicono apertamente: ma forse mi annoverano, orribile a dirsi, tra i difensori degli evasori fiscali. Rassicuratevi: non li difendo. Sono convinto anche io, come voi che l’evasione fiscale sia, fra i mali d’Italia, uno dei peggiori, se non il peggiore in assoluto. Ma vorrei che la lotta contro l’evasione fosse condotta in altro modo. Nei Paesi evoluti, un’amministrazione efficiente stabilisce con i contribuenti un rapporto di fiducia, che esclude situazioni assurde, di evasione plateale. Da noi, intere categorie presentano anno dopo anno dichiarazioni palesemente false, smentite dal tenore di vita, dalla residenza in quartiere eleganti, e la fanno franca. Al confronto, la caccia allo scontrino diventa patetica. Vorrei che Governo e Parlamento creassero una situazione di equità tra i cittadini, mentre oggidì in Italia impiegati, operai, e in genere, i lavoratori dipendenti, pagano anche la quota degli evasori.
Vorrei inoltre che gli uomini di buona volontà contribuissero a diffondere la convinzione che l’evasore è un fenomeno spregevole. Abbiamo avuto invece, anche da personaggi di alta collocazione, dichiarazioni in senso opposto. Naturalmente queste mie speranze, come tante altre, non saranno esaudite. Ormai siamo abituati, in Italia, a non farci illusioni. Sono passati sessantadue anni dalla fondazione della Repubblica, e l’evasione fiscale è sempre quella.
Sicché marescialli della Finanza continueranno ad aggirasi furtivi fuori dai bar, a mostrare rapidamente il tesserino, e a stendere i loro verbali in forbito linguaggio ottocentesco, quando acciufferanno qualche delinquente privo di scontrino (importo 80 centesimi, forse un euro e sessanta), nello stesso istante in cui la dichiarazione mendace di un furbo professionista, in altra parte della città , sarà tranquillamente infilata in un scaffale, e passata agli atti.
da Venerdì di Repubblica