LA TRAPPOLA DELLA SPECIFICITÀ/PECULIARITÀ, UNA NORMA CHE RISCHIA DI PORTARE BENEFICI SOLO AL PERSONALE DIRIGENTE - di Gianluca Taccalozzi

sabato 25 ottobre 2008

Con la manovra economica estiva (dl 112/2008 convertito nella legge 133/2008) e l’avvio dell’iter parlamentare di due disegni di legge che interessano il pubblico impiego (il 1441-quater e l’847), è tornata di grande attualità la questione relativa alla specificità/peculiarità del comparto sicurezza e difesa rispetto al resto del pubblico impiego.

La questione è oggetto di dibattito e confronto tra politica, intellettuali, dottrina e addetti ai lavori e nel resto d’Europa ed in tutti i paesi occidentali è stata affrontata e risolta con la separazione del settore sicurezza dal settore difesa e la collocazione dello stesso in una posizione più prossima al resto del pubblico impiego, più o meno dove in Italia sono collocate le forze di polizia ad ordinamento civile.

Si è in sostanza ritenuto di:
- mantenere nettamente distinto il settore difesa dal resto del pubblico impiego; 
- separare il settore sicurezza da quello difesa avvicinandolo al resto del pubblico impiego.

In Italia si è invece preferito non risolvere il problema tenendo uniti in un unico comparto i settori sicurezza e difesa e mantenendo una situazione confusa, figlia di interessi corporativi più che di ragioni di pubblica utilità, situazione scaturita dalla continua spinta del personale verso il resto del pubblico impiego (che ha avuto la meglio nelle forze di polizia civili) e delle resistenze delle forze conservatrici politiche e dei vertici (che hanno avuto la meglio nell’ambito delle forze di polizia militari), un confronto che è stato segnato da alcune importanti tappe:

- tra il 1975 ed il 1978 al personale del pubblico impiego (escluso quello dei settori difesa e sicurezza) viene riconosciuta la contrattazione che consente di ottenere importanti benefici economici e normativi. Ciò crea una profonda voragine tra le amministrazioni del settore sicurezza e difesa ed il resto della pubblico impiego, in termini di condizioni economiche e di lavoro. In questo contesto, i settori sicurezza e difesa divengono quindi “specifici e peculiari” rispetto al resto del pubblico impiego;

- il personale del settore sicurezza inizia una dura e lunga battaglia per diminuire la “distanza” con il resto del pubblico impiego, ottenere il sindacato e con esso la contrattazione.

- nel 1981 al personale della Polizia di Stato viene concessa la rappresentanza sindacale (seppur limitata) e con essa contrattazione di I livello, attraverso l’abbandono dei compiti di difesa e la conseguente smilitarizzazione. Successivamente la stessa riforma viene estesa al personale del Corpo forestale e della Polizia penitenziaria, mentre alle amministrazioni militari del settore difesa e del settore sicurezza (GdF e Arma dei Carabinieri) rimangono con l’attuale rappresentanza militare con prerogative e poteri molto limitati rispetto al sindacato di polizia e senza alcun potere contrattuale;

- tra il 1981 ed il 1995 il personale della polizia ad ordinamento civile ottiene, attraverso la contrattazione, importanti benefici economici e sul piano dei diritti: lo stipendio viene praticamente raddoppiato, viene introdotto l’orario di lavoro e quindi il lavoro straordinario, vengono introdotti meccanismi di tutela come la maternità, il diritto allo studio, ecc.. Parte di tali benefici (per lo più quelli meramente economici) viene estesa (con provvedimenti legislativi ad hoc) anche al personale militare del settore sicurezza e del settore difesa. In pratica, il personale civile contratta e parte dei benefici ottenuti vengono poi paternalisticamente estesi anche al personale militare;

- nonostante le estensioni legislative la differenza di trattamento economico e di carriera tra il personale civile ed il personale militare del settore sicurezza diviene talmente evidente ed importante che alcuni carabinieri presentano ricorso alla giustizia amministrativa. Il contenzioso arriva sino alla Corte Costituzionale che, con sentenza 277/1991, impone al legislatore di sanare le disparità e di omogeneizzare le carriere ed i trattamenti economici del personale dei settori sicurezza e difesa;

- nel 1995 il legislatore con i decreti delegati 195-196-197-198-199/1995 da attuazione alla sentenza 277 del 1991, creando il comparto sicurezza e difesa, omogeneizzando le carriere e concedendo la contrattazione decentrata di II livello al personale civile e la sola concertazione di I livello al personale militare. Sul piano puramente economico quindi la disparità tra il personale civile ed il personale militare è, almeno in apparenza, sanata. Rimane la disparità di trattamento sul piano dei diritti. In questo ambito, infatti, la Corte Costituzionale con la sentenza 449/1999 ribadisce l’incompatibilità della rappresentanza sindacale e della contrattazione nell’ambito dell’organizzazioni militari;

- oggi quindi abbiamo un unico comparto sicurezza e difesa, con amministrazioni impegnate in compiti estremamente eterogenei (sicurezza e difesa) con forme di organizzazione estremamente diverse (civile e militare). Il tutto con l’unico fine di non incidere sui compiti (di difesa) e/o sull’organizzazione (militare) dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza.

Dunque tutti i benefici economici e normativi ottenuti negli ultimi anni dal personale del comparto sicurezza e difesa derivano dalla continua spinta verso il resto del pubblico impiego. Ma allora perché oggi tutti (Sindacati e Rappresentanze comprese) chiedono la specificità/peculiarità del comparto rispetto al resto del pubblico impiego? Cosa è cambiato?

La verità è che si è divenuti tutti conservatori dal momento che oggi il processo di riforma del pubblico impiego iniziato con la privatizzazione trova nei Ministri Brunetta e Tremonti due autentici protagonisti, il primo impegnato nel dare attuazione ai principi di efficienza responsabilità e meritocrazia già contenuti nel d.lgs.165/2001 ed il secondo impegnato nel taglio della spesa pubblica.

I mezzi ed i meccanismi con i quali si intende raggiungere questi obiettivi sono sostanzialmente:

1. il taglio delle spese inutili;
2. la riduzione degli organici in sovranumero;
3. l’introduzione di una responsabilità datoriale (simile a quella del settore privato con incarichi a tempo determinato) per la dirigenza pubblica;
4. il diretto collegamento delle retribuzioni a quanto realmente prodotto;
5. il potenziamento dei sistemi di valutazione e rendicontazione del lavoro prestato;
6. il potenziamento della contrattazione di II livello.

Un processo riformatore che tende a premiare la produttività ed il merito e ad eliminare privilegi e benefit non giustificati e che, ed questa la novità più interessante, comprende anche il comparto sicurezza e difesa.

I sindacati di polizia si oppongono a tali riforme invocando la specificità/peculiarità del comparto sicurezza e difesa dal resto del pubblico impiego, la stessa specificità che solo qualche anno fa veniva contestata quando avvicinarsi al resto del pubblico impiego voleva dire ottenere benefici (contrattazione in primis).

I vertici delle amministrazioni militari si affannano a nascondere inefficienze e disfunzioni per mantenere all’esterno un’apparente aspetto di funzionalità ed efficienza, cercando di evitare ogni tentativo di riforma che in qualche modo intacchi la propria autonomia o la propria posizione di vantaggio rispetto al resto della dirigenza pubblica.

Le rappresentanze militari chiedono di essere escluse da ogni riforma invocando anch’essi la peculiarità del comparto, difendendo quei pochi benefici ancora rimasti al personale militare, molti meno rispetto a al personale civile.

Una parte della politica anche di maggioranza (PD, IDV, UDC, AN), per motivi più propagandistici/elettorali che sostanziali, si schiera affianco del fronte che chiede l’esclusione del comparto sicurezza e difesa dalle riforme del pubblico impiego.

A nostro avviso la “peculiarità/specificità” del comparto rispetto al resto del pubblico impiego è invece una trappola da evitare ad ogni costo. Una trappola che può provocare pesanti disagi al personale militare come si è già avuto modo di constatare prima del 1981 quando la “peculiarità” era realtà e le condizioni economico/normative del personale militare del settore sicurezza erano molto peggiori rispetto al personale civile del pubblico impiego.

In particolare, per il personale della Guardia di Finanza “peculiarità/specificità” vorrebbe dire:

- tornare alla situazione antecedente al 1981 quando le condizioni economiche e di lavoro del personale erano molto peggiori rispetto al resto del pubblico impiego (per esempio non vi era l’orario di lavoro). Basta analizzare la prima proposta di riforma delle organizzazioni militari uscita in questi giorni che prevede l’abolizione dello straordinario e dei riposi compensativi (come prima del 1981), ovvero la possibilità di prendere sempre lo stesso stipendio a fronte di prestazioni lavorative senza precisi limiti temporali;

- abbandonare ogni speranza di ottenere la contrattazione di I e II livello;

- appiattirsi su sistemi e modelli di organizzazione poco competitivi che privilegiano l’esecuzione, la fedeltà e la certezza dell’ordine impartito dal vertice, piuttosto che la competitività, la premiazione del merito, la professionalità e le capacità cognitive dell’operatore, ecc.;

- perdere in termini di competitività con amministrazioni sempre meglio attrezzate (Agenzie) nei principali settori di intervento (tributario, finanziario), connotati da grande professionalità, estrema dinamicità, ecc.;

- favorire il personale (a tutti i livelli) poco competitivo e/o poco impegnato e responsabile, attraverso il mantenimento di sistemi di progressione economici e di carriera pressoché esclusivamente basati sulla mera anzianità di servizio.

La storia insegna che la “specificità/peculiarità” non equivale a dire migliorare le condizioni economiche e di lavoro del personale (non dirigente) del comparto sicurezza e difesa e che i veri e sostanziali miglioramenti sono stati ottenuti dal 1981 con l’introduzione del sindacato di PS e della contrattazione, vero ed unico strumento ed unico strumento per migliorare le condizioni economiche e di lavoro di qualsiasi dipendente e l’efficienza delle amministrazioni pubbliche.

Attualmente l’emendamento che sancirebbe al specificità del comparto sicurezza e difesa (art.39 bis al DDL 1441 quater) già approvato in commissione è in attesa di discussione alla camera ma è continuamente rimandato a causa del parere negativo espresso dal Ministro Tremonti e motivato dall’aumento della spesa pubblica che comporterebbe e dalle inevitabili proteste del resto del pubblico impiego che andrebbe a scatenare.

La sensazione che se ne ricava è che la specificità del comparto così come concepita dai sindacati di polizia e dai vertici, si riassuma nella richiesta maggiori risorse per evitare i tagli imposti dal DL 112 (potere dirigenziale) e completare un riordino che giova quasi esclusivamente al personale direttivo/dirigente (vedi proposte di riordino presentate in Parlamento) piuttosto che per migliorare la condizione lavorativa ed economica del personale non dirigente a cui verrebbero distribuite solo le briciole, sottoforma di esenzione dalle decurtazioni per le assenze per malattia previste dall’art.71 del DL 112.

GIANLUCA TACCALOZZI
Segretario Sezione Ficiesse Roma
gianlucataccalozzi@alice.it


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