LA SPECIFICITA' DEL COMPARTO SICUREZZA E DIFESA: UN RITORNO AL 1981 CON FINANZIERI E CARABINIERI EQUIPARATI AI SOLDATI MA PENALIZZATI RISPETTO AI POLIZIOTTI (di Gianluca Taccalozzi)

mercoledì 18 marzo 2009

Prendono forma i contenuti delle proposte governative di riforma del comparto sicurezza e difesa: nuovo modello di difesa, riordino delle carriere e riforma della rappresentanza militare. Tutte questioni che ruotano attorno a due grandi temi, la specificità  del comparto Sicurezza e Difesa rispetto al resto del pubblico impiego e la specificità  (all’interno del comparto) del settore Difesa rispetto al settore Sicurezza.

I vertici delle Forze Armate spingono verso una riforma del modello di difesa che preveda una più marcata specificità  rispetto al resto del pubblico impiego, caratterizzata da maggiori limitazioni dei diritti del personale (si sente sempre più spesso parlare dell’abolizione dell’orario di lavoro) e da una relativa compensazione economica/previdenziale.

Al contrario, il settore civile della sicurezza spinge per diminuire la distanze dal resto del pubblico impiego al fine di colmare l’attuale deficit negli ordinamenti delle carriere e , tuttavia, contemporaneamente cavalca in maniera opportunistica e contraddittoria anche la spinta verso la specificità  del comparto, con il solo fine di eludere i tagli alla spesa pubblica.

Le citate spinte corporative si traducono in due grandi temi parlamentari:

Specificità  e riforma della rappresentanza militare:
- in questo ambito la proposta governativa (contenuta nell’art.14 del DDL S1167 già  approvato alla camera) accoglie una parte del progetto avanzato dagli ambienti militari fissando il principio di specificità  del comparto sicurezza e difesa rispetto al resto del pubblico impiego in termini di limitazione dei diritti del personale, mentre la parte relativa alle compensazioni economico/previdenziali è rimandata a futuri provvedimenti legislativi. Tanto è vero che tutti i tentativi di concedere ai Co.Ce.R un autonomo ruolo negoziale sono miseramente abortiti, che la proposta di legge di riforma della rappresentanza militare ad oggi presentata (S161 Ramponi) risulta poco innovativa se non addirittura retriva rispetto a quanto già  previsto dalla Legge 382/1978, mentre, al contrario, le risorse finanziarie dedicate alla specificità  risultano essere pressochà© inesistenti (60 mln di euro per la detassazione del fondo incentivante e qualche spicciolo per l’esclusione dalle decurtazioni per le assenze per malattia).

Riordino delle carriere:
- in questo contesto, in attesa dell’annunciata proposta governativa, si possono distinguere due proposte: una proveniente dal settore militare che, sulla scia conservatrice del mantenimento della specificità  rispetto al resto del pubblico impiego, tende a premiare l’anzianità  di servizio e la formazione interna (Accademie militari e istituti di istruzione militari) e tende ad ostacolare la progressione professionale interna; l’altra proveniente dal settore civile della sicurezza che al contrario tende a ridurre la distanza con il resto del pubblico impiego, premiando la formazione esterna (Università ) e la progressione professionale interna. La sensazione è che si vada verso due modelli di carriera uguali nelle posizioni (ruoli e gradi) ma sensibilmente diversi nelle forme di accesso e progressione (concorsi ed avanzamenti).

Uno scenario di riforme che, a mio parere, non tiene adeguatamente conto delle amministrazioni militari del settore sicurezza, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza. Se infatti queste riforme venissero varate provocherebbero un’evidente e marcata spaccatura tra il settore difesa ed il settore sicurezza o meglio tra le amministrazioni militari e le amministrazioni civili, in quanto in tutte le proposte legislative sin qui presentate l’Arma dei carabinieri e la Guardia di Finanza sono collocate nel settore difesa a fianco delle Forze Armate (in ragione del loro ordinamento) e non nel settore sicurezza a fianco delle polizie civili (in ragione dell’attività  effettivamente e prevalentemente espletata).

Dunque, a parità  di condizioni economico/previdenziali (anche nell’eventualità  di una più consistente copertura finanziaria della c.d. specificità  gli eventuali vantaggi economici saranno riconosciuti in maniera eguale a tutto il personale del comparto sicurezza e difesa) e di attività  espletata, ai poliziotti militari verrebbe applicata una sensibile ed inaccettabile limitazione dei diritti (d’opinione, d’associazione, orario, tutela, ecc.) rispetto ai poliziotti civili. Si riprodurrebbe una situazione molto simile a quella che si verificò tra il 1981 ed il 1995 quando la smilitarizzazione della Polizia di Stato e la conseguente contrattualizzazione migliorò sensibilmente la situazione economico/normativa dei poliziotti civile, producendo un’autentica voragine tra questi ed i “cugini” militari che sfociò nei ricorsi amministrativi e quindi nell’omogeneizzazione del 1995.

Proprio quella omogeneizzazione economica, unita ad una applicazione, diciamo pure “elastica” della militarità , tanto più intensa quanto più sono importanti e prevalenti sono i compiti di difesa (Forze Armate) e tanto meno intensa quanto meno rilevanti sono gli stessi compiti di difesa (Carabinieri e Guardia di Finanza), ha fin qui permesso, non senza difficoltà , di mantenere unito il settore sicurezza a quello difesa, limitando le spinte di Carabinieri e Finanzieri verso il più democratico e conveniente settore civile sicurezza. Una situazione di fragile equilibrio che verrebbe compromessa se le Forze di polizia ad ordinamento militare venissero incluse in riforme pensate per le Forze Armate e viceversa escluse dalle riforme pensate per le Forze di Polizia.

Da ultimo, non mi convincono affatto le motivazioni di chi vede nella “specificità ” un “vantaggio” rappresentato dal fatto che possa significare l’esclusione dalle riforme che hanno interessato, stanno interessando ed interesseranno il pubblico impiego.

Primo perchà© partono dal presupposto che l’addetto alla difesa non possa ottenere maggiori spazi di democrazia (vedi sindacato) e quindi fanno riferimento ai soldati e non già  i poliziotti (vedi Finanziari e Carabinieri); secondo perchà© il resto del pubblico impiego non è stato affatto penalizzato dalle riforme che lo hanno avvicinato al lavoro privato, tanto è vero che quando prima del 1981 il settore Sicurezza era del tutto uguale a quello Difesa e “specifico” rispetto al resto dl pubblico impiego non si stava certo meglio, che dopo la smilitarizzazione della PS i carabinieri hanno fatto ricorso per essere equiparati alla polizia civile e non già  all’Esercito, che oggi si sta spingendo per un riordino delle carriere che imiti il modello del pubblico impiego e non già  il modello militare e così via.


GIANLUCA TACCALOZZI
Segretario Sezione Ficiesse Roma
gianlucataccalozzi@alice.it

 

 


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