FICIESSE RENDE OMAGGIO AL CAPORALE MAGGIORE ALESSANDRO DI LISIO E SI STRINGE CON COMMOZIONE E AFFETTO INTORNO ALLA SUA FAMIGLIA

giovedì 16 luglio 2009

DA IL MESSAGGERO DI Mercoledì 15 Luglio 2009






di MARCO BERTI

ROMA - «Mancano solo tre mesi di guerra...solo tre mesi». Così scriveva sulla sua bacheca di Facebook, il 25 giugno, il caporalmaggiore Alessandro Di Lisio. Si sbagliava, la sua guerra è finita il 14 luglio del 2009, in Afghanistan, all’interno di un mezzo blindato fatto a pezzi da una bomba.
Non è un luogo comune parlare di morte annunciata. Da maggio, da quando le truppe italiane sono impegnate nel controllo e nella bonifica di strade fino a poco tempo fa sotto il controllo della guerriglia, i convogli delle nostre truppe sono presi di mira con cadenza quasi quotidiana. Fino all’altro ieri i blindati Lince avevano egregiamente resistito alle bombe e alle raffiche di kalashnikov, i soldati che si trovavano a bordo avevano riportato nella peggiore delle ipotesi ferite molto leggere, ma ieri l’ordigno che i miliziani avevano deposto a lato della strada doveva essere ben più potente degli altri.
E così anche ieri mattina a 50 chilometri da Farah, nell’Ovest dell’Afghanistan, una pattuglia di paracadutisti della Folgore e del reggimento bersaglieri è stata oggetto dell’ennesimo attentato anti italiano. Un ordigno esplosivo, posto a lato della strada, è esploso al passaggio del convoglio centrando in pieno il primo blindato della colonna. La deflagrazione è stata devastante, un soldato è morto, altri tre sono rimasti feriti(il tenente Giacomo Donato Bruno, i caporalmaggiore Simone Careddu e Andrea Cammarata). Nessuno di questi ultimi, come assicura il capo di Stato maggiore di Isaf, il generale Marco Bertolini, è in pericolo di vita.
Non è sopravvissuto invece, nonostante i primi soccorsi ricevuti all’ospedale di Farah, Alessandro Di Lisio, 25 anni, artificiere dell’8° genio guastatori della Folgore, originario di Oratino, un piccolo centro a pochi chilometri da Campobasso.
Quella di ieri è stata un giornata nera per gli stranieri in Afghanistan: due militari americani sono stati uccisi nel Sud, nella zona di Helmand, dove è in corso una grande offensiva anti talebani, mentre 8 persone (due piloti moldavi e sei passeggeri ucraini) appartenenti a una organizzazione umanitaria, sono morte a bordo di un elicottero il cui abbattimento è stato rivendicato dai talebani.
Con Di Lisio sono 14 gli italiani che hanno perso la vita in Afghanistan, tra attentati, incidenti e malori. Certamente pochi se si guardano i numeri altissimi di americani e inglesi, ma la nostra era partita come missione di pace, a differenza dell’impegno di Washington e Londra, e oggi di missione di pace non si può più evidentemente parlare. E’ in questo contesto che il presidente Usa Barack Obama ha detto di cominciare a pensare a una «exit strategy dall’Afghanistan». «Se riusciremo a superare con successo le elezioni in Afghanistan e se continueremo a sviluppare l'addestramento delle forze di sicurezza afgane - ha detto il presidente - e se riusciremo a rafforzare ulteriormente lo sviluppo economico dentro l'Afghanistan allora vi sarà la speranza di cominciare ad entrare in una fase diversa».

 


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