LASCIAMO STARE L'ARMA SE NON SI HA UN'IDEA CHIARA DI RIFORMA. NO ALLA SMILITARIZZAZIONE DEI CARABINIERI, CHE RESTANO UN MODELLO DA SEGUIRE IN EUROPA E IN USA - di Piero La Porta (ITALIAOGGI)

venerdì 18 settembre 2009

ItaliaOggi
Numero 219 pag. 6 del 15/9/2009

Il commento

LASCIAMO STARE L'ARMA SE NON SI HA UN'IDEA CHIARA DI RIFORMA
No alla smilitarizzazione dei Carabinieri, che restano un modello da seguire in Europa e in Usa

PRIMO PIANO
di Piero Laporta*
prlprt@gmail.com

Dopo la bufala sul golpe di De Lorenzo, negli anni '60 ci voleva la polizia nelle città e l'Arma ristretta nei centri minori. Terrorismo e mafia imposero che alle questure s'affiancassero i comandi dei carabinieri, alle stazioni i commissariati, e via duplicando. Nel frattempo crebbe la guardia di finanza, mentre si riattizzava la smania di smilitarizzazione.
Finita la Guerra Fredda, volevano rottamare le forze militari, idea sgangherata, il cui primo naturale obiettivo erano proprio le polizie militarizzate: Arma e Fiamme Gialle.
Il risultato pareva a portata di mano. Come nel 1981, si agitavano le medesime bandiere: maggiore efficienza e razionalizzazione. Alla «base» si profetizzavano carriere fulminanti e consistenti miglioramenti economici. Nel frattempo la credibilità del sindacato era precipitata e, di emergenza in emergenza, la cooptazione dell'Arma non c'è stata, nonostante le spinte centrifughe, rallentate tuttavia da chi ricordava la smilitarizzazione della polizia del 1981, il cui obiettivo strategico era la subordinazione dei carabinieri, alla quale conseguì quella più umiliante dell'esercito.
Di male in peggio si arrivò all'estate del '92, gli attentati in Sicilia, quando il Viminale pretese e, quel che è più grave, ottenne l'impiego dei soldati per consentire ai poliziotti di andare in vacanza.
I Vespri Siciliani anticiparono il paradosso corrente. Un esercito di centomila uomini, impegnato nelle missioni internazionali, riesce laddove 300mila agenti di polizia falliscono il controllo del territorio, cioè la prima missione della polizia.
Il Viminale ha missioni troppo complesse e differenziate per gestirle in forma compatta: ogni imprevisto è un'emergenza. Ogni emergenza esige nuove risorse, reputandosi sempre insufficienti quelle appena stanziate per l'emergenza precedente. La quantità di agenti? È scarsa. La benzina?
Non basta. Domani vi sarà penuria di straordinari, oggi scarseggiano le auto. Dopo domani s'aprirà un'altra falla.
Non accade ai carabinieri. È la gestione militare? Apriti cielo e additano il decreto legislativo 297 del 2000: l'Arma, pedina della Difesa, attinge pure alle risorse dell'ordine pubblico.
Uno scialo? D'accordo, portiamo i carabinieri nel ministero dell'Interno. La direzione generale di pubblica sicurezza sarà guidata da un'alternanza di prefetti e generali dei carabinieri? Tutti smilitarizzati? Che fare delle Fiamme Gialle?
Accantoniamo le domande. Forse è meglio sfoltire subito le competenze dell'Interno: i Vigili del Fuoco alle Regioni e la protezione civile al dipartimento già operante nella presidenza del consiglio. In quanto alle unificazioni, le istituzioni si pesano per i risultati e poi per i costi. Il problema sussiste quando lievitano i costi e tardano i risultati. Questo non accade all'Arma, la cui doppia struttura, militare e di polizia, è reputata un modello da seguire, in Europa e negli Usa.
Al contrario, nessuno ambisce, neppure in Mongolia, a replicare la dispendiosa smilitarizzazione del 1981. Insomma, se non si hanno idee chiare sulla riforma, meglio lasciar tutto così com'è.
In vista del federalismo, vedremo tuttavia che una collocazione dell'Arma, in coerenza con i suoi 200 anni di storia, è possibile e persino auspicabile.

(*Generale dell'Esercito Italiano)

 


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