CONDANNATO TENENTE 'INDOMITO', INDAGO' SU CARD GIORDANO - COLONNELLO GDF ASSOLTO PER CONCUSSIONE - DROGA: CAFFE' AL POSTO DI EROINA, ARRESTATO MARESCIALLO GDF - MAFIA: TALPE DDA; PROCURA DEPOSITA ATTO D'ACCUSA A GUP

mercoledì 06 ottobre 2004

 

CONDANNATO TENENTE 'INDOMITO', INDAGO' SU CARD GIORDANO

12 ANNI ALL' UFFICIALE GDF, COLPEVOLE DI CONCUSSIONE

(di Mario Restaino)

 

   (ANSA) - POTENZA, 28 SET - Estate del 1998: i giorni ''caldi'' dell' inchiesta sull' usura nella quale era coinvolto il Cardinale di Napoli, Michele Giordano. A Lagonegro (Potenza) - sede della ''piccola Procura'' sul cui registro degli indagati era finito il porporato - circolava un settimanale locale. Titolo a tutta pagina: ''L' indomito''. Sotto, sempre a tutta pagina, la foto in alta uniforme del tenente della Guardia di Finanza Fiorenzo Fioravanti, l' investigatore di punta dei magistrati che indagavano su Giordano.

   Oggi, palazzo di giustizia di Lagonegro: dopo quasi quattro giorni di camera di consiglio, il Tribunale condanna Fioravanti a 12 anni e dieci mesi di reclusione, ritenendolo responsabile di concorso in concussione continuata.

   Fioravanti non e' in aula, al momento della lettura della sentenza: in quel palazzo di giustizia nel quale si muoveva con passo sicurissimo (dal dibattimento e' emerso che avrebbe ricevuto da un coimputato 50 milioni di lire, frutto di tangenti, in una stanza della Procura della Repubblica, proprio nei giorni piu' intensi dell' inchiesta sull' usura) oggi lui non e' entrato.

   L' ultima volta, ci era venuto la settimana scorsa, prima delle richieste del pubblico ministero (il pm della Direzione distrettuale antimafia di Potenza, Vincenzo Montemurro, aveva chiesto al Tribunale la condanna a 15 anni di reclusione) e le arringhe dei difensori. Aveva chiesto di parlare: una volta davanti al Tribunale, aveva negato di aver ricevuto mai alcuna tangente, una dichiarazione che aveva colpito (negativamente) quanto meno la pubblica accusa. In precedenza, durante il dibattimento, Fioravanti aveva ammesso di aver avuto dei ''regali'', mai delle tangenti.

   Fiorenzo Fioravanti, che oggi ha 51 anni, fini' agli arresti domiciliari il 27 aprile 2000 per concorso in tentativo di concussione ai danni di un ristoratore; il 13 luglio successivo, passo' dalla sua abitazione al carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), con l' accusa di vari episodi di concussione; il 20 novembre dello stesso anno, i Carabinieri bussano alla sua cella con un' altra ordinanza di custodia cautelare, nella quale l' accusa di concussione e' accompagnata dalla contestazione dell'associazione per delinquere; il 19 gennaio 2001, un altro arresto.

   Ma l' ''indomito'' era crollato gia' prima e a risollevare la sua situazione giudiziaria non basto' la difesa del professor Carlo Taormina, poi sollevato dall' incarico. Le testimonianze raccolte dal pubblico ministero, Vincenzo Montemurro, e l'andamento del processo hanno riproposto lo schema di azione dell' ufficiale delle fiamme gialle. Comandante della tenenza della Guardia di Finanza di Lauria (Potenza), guida degli investigatori della Procura che indagavano sull' usura e sul Cardinale di Napoli, Fioravanti (che scortava costantemente il Procuratore della Repubblica, titolare dell' inchiesta) ''incuteva timore'', come testimonio' una delle vittime, anche per le persone che insieme a lui agivano (e che hanno scelto il rito abbreviato: sono state condannate e attendono ora il processo di appello).

   Copione standard: individuato l' imprenditore o il commerciante da colpire, lo si convocava con un pretesto in caserma, a Lauria, o direttamente al palazzo di giustizia, a Lagonegro. Nel frattempo, magari aveva ricevuto una visita in azienda e alcuni documenti erano stati acquisiti. La proposta, diretta o indiretta, era chiarissima: pagare (decine di milioni) o subire le conseguenze di una verifica fiscale. In qualche caso - secondo l' accusa - il tenente ottenne l' esecuzione di lavori - senza pagare - nella sua villa in costruzione, a Villapiana (Cosenza).

   Uno provo' a resistere e Fioravanti taglio' corto: ''Ho capito a te ti devo far imparare la strada della caserma''.    Fu uno dei suoi complici, un impreditore, ad incastrare il tenente: registro' ogni colloquio telefonico, con appuntamenti e accordi per dividere i soldi, poi nascose tutto in casa di una zia, in una valigetta 24 ore che - secondo alcuni - ha custodito anche ''carte'' pericolose per persone piu' in alto di Fioravanti. Il quale tuttavia ha presentato ricorso contro il provvedimento di diniego della richiesta di rientrare nei ranghi della Guardia di Finanza: indomito.

 

COLONNELLO GDF ASSOLTO PER CONCUSSIONE, PM IMPUGNA SENTENZA

PER ACCUSA FRENO' INDAGINI SU GUADAGNI EX SCIATORE ALBERTO TOMBA

 

   (ANSA) - GENOVA, 1 OTT - Il pubblico ministero militare della Spezia Stefano Grillo ha impugnato la sentenza di assoluzione pronunciata dal tribunale militare spezzino nei confronti del colonnello della Guardia di finanza Giuseppe Moscuzza, 52 anni, in servizio presso il comando di zona di Venezia.

   Moscuzza era stato condannato a 2 anni il 22 giugno per frode al fisco ma assolto dall' accusa di concussione formulata dall'accusa per un presunto accordo con i manager che si occupavano dei beni dell' ex campione di sci Alberto Tomba, accordo - secondo il pm - teso a favorire un rallentamento degli accertamenti sui guadagni 'in nero' di Tomba.

   In sostanza, Moscuzza non solo avrebbe rivelato l' esistenza di un' indagine fiscale a carico dell' ex campione di sci e di suo padre Franco, ma avrebbe di fatto concesso tempo a uno dei manager e all' entourage di Alberto Tomba - sottoposti a indagine fiscale - per ''provare a sottrarre agli accertamenti i guadagni in nero''. ''Di piu' - scrive il pubblico ministero mella proposta di appello -, Moscuzza rappresento' la possibilita' che le indagini si attardassero su uno dei manager'' per rallentare fattivamente le indagini.

   Secondo il pm Grillo, per la definizione di questo tipo di reato (la concussione, appunto) e' sufficiente ''qualsiasi accordo tra finanziere e terzo per effetto del quale sia leso l'interesse primario dello Stato alla normalita' e alla sicurezza delle entrate indispensabili per il finanziamento dello Stato stesso''. La collusione con estranei, prosegue il pubblico ministero, puo' consistere inoltre ''in qualunque intesa, evidentemente non abbisognevole di consacrazione formale, che abbia per oggetto un contenuto determinato o determinabile dalla successiva volonta' delle parti''.(ANSA).

 

DROGA: CAFFE' AL POSTO DI EROINA, ARRESTATO MARESCIALLO GDF

SOSTITUITO PACCHETTO SEQUESTRATO DA CONSEGNARE A UFFICIO REPERTI

 

   (ANSA) - MILANO, 1 OTT - Un maresciallo della Guardia di Finanza e' stato arrestato oggi per peculato, detenzione illecita di sostanze stupefacenti e calunnia: e' accusato di aver consegnato all'ufficio reperti del palazzo di giustizia di Milano, al posto di un pacchetto che avrebbe dovuto contenere oltre 3 chili di eroina sequestrati durante una operazione, un pacchetto simile contenente pero' caffe'.

   Ad accorgersi di quanto era accaduto sono stati gli addetti dell'ufficio reperti, una decina di giorni fa. Subito sono stati avvisati i militari del nucleo regionale della Guardia di Finanza della Lombardia, i quali dopo aver controllato l'involucro, hanno spiegato che il pacchetto non era lo stesso confezionato e sigillato da loro. Poi la scoperta: all'interno invece della droga c'era caffe'.

   Da qui sono scattate indagini lampo, coordinate dal pm Alfredo Robledo. I militari del Gico della Gdf sono risaliti al  collega che aveva sostituito il pacchetto. Questo pomeriggio il maresciallo e' stato arrestato dagli uomini del Gico e il pacchetto contenente gli oltre 3 chili di eroina e' stato rinvenuto durante le perquisizioni.

   L'ordinanza di custodia cautelare, richiesta dal pm Robledo, e' stata firmata dal gip Maria Rispoli.(ANSA).

 

MAFIA: TALPE DDA; PROCURA DEPOSITA ATTO D'ACCUSA A GUP

 

   (ANSA) - PALERMO, 2 OTT - Un atto d' accusa che riepiloga fatti e circostanze per i quali e' stato chiesto il rinvio a giudizio del presidente della Regione, Salvatore Cuffaro, dell'imprenditore Michele Aiello, e dei marescialli Giorgio Riolo dei carabinieri e Giuseppe Ciuro della Guardia di Finanza, e' stato depositato al gip dalla procura di Palermo.

   In oltre cento pagine i magistrati ripercorrono le indagini sulle ''talpe alla dda'', le fughe di notizie, i contatti fra uomini politici, imprenditori e affiliati a Cosa nostra. E' una sorta di ''sentenza ordinanza'' che veniva fatta in passato dal giudice istruttore.

   All' udienza preliminare il presidente della Regione, che deve rispondere solo di aver favorito Cosa nostra, potrebbe presentarsi con una richiesta di giudizio immediato, cosi' come l'imprenditore Michele Aiello, accusato di associazione mafiosa. L' udienza e' fissata per il 14 ottobre. Entrambi gli imputati vorrebbero saltare questa fase di giudizio e presentarsi direttamente davanti al tribunale.

   L'indagine sulle talpe, come spiega la procura nella memoria depositata al gup, ''ha evidenziato la gravita' del problema della rivelazione di notizie segrete sulle indagini alla mafia''. Il documento e' arricchito da dotte citazioni, come quelle di Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino, nella loro indagine sulla ''Sicilia nel 1876'', ma anche quelle della Commissione antimafia, di Luciano Violante e Giuseppe Lumia.    I magistrati sottolineano ''la capacita' di Cosa nostra di instaurare e mantenere rapporti con i piu' svariati settori della societa' civile e delle istituzioni''.

   ''In questo procedimento - scrivono i pm al gup - sono stati dimostrati, come accade spesso in un unico contesto di indagine, i rapporti di una persona imputata di far parte

dell'associazione mafiosa Cosa nostra ( Michele Aiello) e di una condannata con sentenza definitiva per questo reato (Giuseppe Guttadauro) con esponenti, anche al piu' alto livello, della politica regionale, con imprenditori, professionisti e giornalisti, con impiegati, funzionari e dirigenti della pubblica amministrazione, con persone che lavorano negli uffici giudiziari e con appartenenti, di ogni ordine e qualifica, alle Forze di polizia''.

   I magistrati cercano di spiegare le singole posizioni e connessioni, e sottolineano che ''solo in alcuni casi questi rapporti hanno integrato a parere della procura, fattispecie di reato''. ''In tutti i casi pero' - aggiungono - anche quando non hanno avuto, sotto il profilo oggettivo o sotto quello soggettivo le caratteristiche dell'illecito penale, questi rapporti possono avere un effetto devastante sulla vita della societa' siciliana''.

   La procura diretta da Pietro Grasso si rifa' a quanto ha scritto nel 1993 dalla Commissione parlamentare antimafia, presieduta allora da Luciano Violante, quando dice: ''Risulta indispensabile che ogni settore delle istituzioni e della societa' civile rompa i rapporti con Cosa nostra''. (ANSA).

 

 


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