PROROGA DEI COCER PER TAMPONARE L’ASSENZA DI CORAGGIO POLITICO – di Antonella Manotti

mercoledì 11 novembre 2009

Pubblichiamo l'editoriale che apparirà sul prossimo numero de Il Nuovo Giornale dei Militari a firma del direttore, Antonella Manotti.

 

La nostra riflessione sulla recente decisione assunta in sede di Consiglio dei Ministri, di concedere un anno di proroga ai delegati in carica della Rappresentanza Militare, non ha nulla di “personale”. Non è nello stile del nostro giornale infatti, alimentare polemiche strumentali nei confronti di persone o soggetti investiti di ruoli istituzionali, mentre riteniamo più corretto, spostare il ragionamento su un piano squisitamente politico.

Non è la prima volta, e non sarà l’ultima, che viene concesso un allungamento al mandato rappresentativo. Le motivazioni sono per lo più le stesse. Anche il 7° ed il 9° mandato furono prorogati perché occorreva "meglio seguire l’iter della riforma della rappresentanza militare" o "per occuparsi al meglio del riordino delle carriere" Ma chissà com’è, la legge sulla rappresentanza è sempre la stessa ed il riordino, per ora, sembra solo un grande bluff.

Se, al superamento dei trent’anni dal varo della legge 382/78, siamo ancora alla concessione delle proroghe, ciò significa che si deve percorrere ancora un lungo e tortuoso cammino per arrivare al traguardo di una democrazia compiuta che riconosca al personale militare il diritto a forme di tutela più adeguate.

Perché di democrazia si tratta: di progettualità e pratica democratica quali elementi imprescindibili per poter attuare una correzione di rotta nel processo iniziato più di trent’anni fa e mai compiutamente realizzato. Quel che è certo, infatti, è che il problema della tutela della categoria militare non può essere aggirato o rinviato di proroga in proroga. Certo, è più facile per la politica concedere proroghe piuttosto che impegnarsi per fare delle vere riforme.

Del resto, lo stanco dibattito parlamentare e la ritualità delle audizioni con i Cocer, dimostra il “distacco” e l’arretratezza di certe scelte legislative che limitano il dibattito sul diritto di tutela del personale militare a formule assai generiche e fumose, lasciando intatti pregiudizi e conservatorismi, purtroppo ancora molto presenti non solo all’interno della struttura militare, ma anche tra le stesse forze politiche.

Nulla si è fatto – concretamente – per far crescere una nuova cultura partecipativa tra il personale, anzi si può dire che la “complicità” di una politica disattenta, ha abbassato una sorta di saracinesca su questo tema, mentre sono in troppi ancora a non considerare – anche tra gli stessi militari - che la possibilità di migliorare la propria condizione lavorativa e di riscattare il proprio ruolo di cittadini, sta anche nella opportunità di costituire un efficace, autonomo ed aggregante modello rappresentativo.

Deluse queste aspettative, cosa resta oggi di quella spinta che voleva trasformare i militari, da spettatori a protagonisti dei processi democratici, affrancandoli e liberandoli da una condizione di ingiustificata sudditanza?

Resta una produzione legislativa opacizzata ed un ritardo politico ingiustificato.

A chi, come noi, è da anni sul “campo” e da altrettanto tempo segue il dibattito sulla rappresentanza militare, appare sempre più incomprensibile giustificare l’assenza politica“bipartisan”, su questa materia. E lo è ancor di più, alla luce degli angusti spazi di autonomia in cui si muovono tuttora gli organismi rappresentativi, a distanza di tanti anni di “sperimentata” attività.

Eppure, oggi più che mai vi sarebbe la necessità di valorizzare la condizione professionale elevando i livelli di partecipazione attiva dei militari nelle varie fasi che accompagnano l’adeguamento e la trasformazione dello strumento militare, essendone essi i principali protagonisti. Soprattutto alla luce dei problemi sorti dopo anni di mazzate, tagli e ridimensionamenti, di un modello di Difesa che stenta a decollare, di precarietà, di ambienti di lavoro fortemente gerarchizzati, di incertezze previdenziali, di sofferenza economica-

Purtroppo, però, siamo alle prese con una classe politica che arrendevolmente o pavidamente, risulta incapace di fare quel salto di qualità che la categoria attende da anni, limitando il suo ruolo all’intercettazione delle richieste e degli umori del Comparto, esclusivamente in occasione di appuntamenti elettorali, salvo poi dimenticarsi di tutto, una volta al governo del Paese.

E qui si pone un problema più generale e forse più preoccupante sullo stato in cui versano le istituzioni rappresentative la cui efficacia ed autorevolezza sono condizione essenziale per la vita di tutte le grandi democrazie. Nel nostro Paese il Parlamento è il grande ammalato delle nostre Istituzioni. Non è più il “luogo – officina” delle leggi discusse ed approfondite, bensì di leggi governative per lo più scritte sotto dettatura; una produzione legislativa sempre più pressata dai decreti urgenti da approvare. Ogni giorno il bollettino parlamentare registra una emergenza, l'urgenza è il pane quotidiano di cui si nutre la politica.

Oppure c’è la politica degli annunci mediatici: tantissimi. Proposte che vengono presentate ogni giorno. Tutti ne parlano ma nei fatti concretamente, poco o nulla cambia. Si ha l’impressione di vivere in un colossale “show delle riforme” che sembrano vere ma sono virtuali. E così, l’intero nostro sistema istituzionale è destinato a funzionare in condizioni di "precarietà”.

Come stupirsi se anche nel caso della riforma della rappresentanza Militare, l’unica cosa che si sia materializzata nelle aule parlamentari, sia la proroga del mandato?

In fondo, da una politica che ha sottratto al cittadino anche la possibilità di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento … cosa aspettarsi? Le infinite anomalie italiane si intrecciano sempre più strettamente, rischiano di soffocare la democrazia e certamente producono sfiducia crescente da parte dei cittadini elettori che si trovano radicalmente espropriati della possibilità di scegliere i loro rappresentanti. Con liste bloccate confezionate da una ventina di “dirigenti” di partito, ai quali è stato così trasferito il potere incontrollato di designare quasi mille parlamentari.

In un certo senso, la stessa cosa avverrà per le rappresentanze.Poco importa se al personale verrà sottratta la possibilità di esprimersi con il voto per il rinnovo dei Cobar, Coir e Cocer. Ciò che conta è “tamponare” con la proroga, l’assenza di coraggio politico.

ANTONELLA MANOTTI
Direttore de’ Il Nuovo Giornale dei Militari”
 


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