APPROVATA IN VIA DEFINITIVA ALLA CAMERA LA PROROGA DELLA RAPPRESENTANZA MILITARE. IN AULA PESANTI ACCUSE AI DELEGATI DEL COCER ESERCITO E CARABINIERI

venerdì 18 dicembre 2009

Ieri alla Camera e’ stato approvato in via definitiva il disegno di legge, già approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, recante disposizioni urgenti per la proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia.
La legge comprende anche la proroga del mandato dei delegati della Rappresentanza Militare dall’aprile 2010 al luglio 2011; nel corso del dibattito l’On. Maurizio Turco (Radicali) ha rivolto pesanti accuse ad alcuni delegati del CoCeR dell’Esercito e dei Carabinieri relativamente ai retroscena del provvedimento di prolungamento del mandato.
Pubblichiamo stralcio del resoconto della seduta (oppure vedi il resoconto completo
 )

Resoconto stenografico dell'Assemblea - Seduta n. 260 di giovedì 17 dicembre 2009

Discussione del disegno di legge: S. 1850 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, recante disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia (Approvato dal Senato) (3016) (ore 13,05).

PRESIDENTE. Passiamo agli identici emendamenti Di Stanislao 3.1 e Maurizio Turco 3.10.
Ricordo che l'onorevole Di Stanislao ha ritirato il suo emendamento 3.1.
Chiedo ai presentatori dell'emendamento Maurizio Turco 3.10 se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, non voglio rovinare il clima che si è creato, però ci sono alcune cose che vanno dette (poi ritirerò anche tutti gli emendamenti, visto come andrà a finire).
Abbiamo presentato questi emendamenti che sono tutti finalizzati ad evitare che questa Assemblea si renda complice di un atto palesemente incostituzionale. Il comma 7 dell'articolo 3 proroga fino al 30 luglio del 2011 i mandati dei consigli della rappresentanza militare, privando circa 400 mila cittadini in divisa del loro diritto di eleggere democraticamente i propri rappresentanti alla scadenza naturale dell'attuale mandato che avverrà tra pochi mesi, nell'aprile del 2010. Ma la cosa grave, nella gravità di questa proroga, è il contesto.
Vogliamo far finta che non vi siano diversi delegati dell'esercito che, pur essendo sottoposti ad indagini o addirittura imputati in procedimenti penali presso il tribunale militare di Napoli, continuerebbero in proroga a svolgere questo delicato compito. Vogliamo far finta che non siano state concesse onorificenze della Repubblica a delegati imputati in procedimenti penali.
Voi sapete che vi sono membri dei consigli della rappresentanza militare dei carabinieri che non hanno esitato ad aggredire e picchiare selvaggiamente un loro collega rappresentante di un organismo di base colpevole, secondo i suoi aggressori, di aver denunciato l'esistenza di illeciti riguardanti fogli di viaggio di alcuni delegati dell'attuale rappresentanza militare che voi tutti volete prorogare. Proprio su questa denuncia il pubblico ministero della procura militare presso il tribunale di Roma ha chiesto di procedere per il reato continuato di minaccia e violenza ad inferiore nei confronti di un carabiniere membro della rappresentanza.
Vorrei dare atto a qualcuno che in passato è stato facilmente dimenticato da quest'Assemblea: il maresciallo capo Ruggiero Piccinni, l'appuntato scelto Giuseppe La Fortuna, il vicebrigadiere Antonio Tarallo e tutti gli altri che nel 2002 fecero una meritoria lotta ed ottennero la sospensione della proroga che allora, nel 2002, il Governo aveva concesso. Proprio coloro che, a quel tempo, fecero un ricorso, che naturalmente dopo la vostra approvazione agevoleremo, e lo vinsero contro il Governo oggi sperano nella vostra complicità. Sono proprio loro quelli che lo scorso 28 ottobre, giorno in cui il Governo ha inserito il comma 7 nell'articolo 3 del presente provvedimento, hanno detto e scritto che il Governo ha concesso loro la proroga nel timore che potessero scendere in piazza per manifestare a fianco degli appartenenti alle forze di polizia di Stato.
La rappresentanza militare per noi radicali rappresenta oggi uno strumento al servizio di pochi e questi pochi, con il silenzio informato dei vertici militari e con il trascorrere del tempo, finiscono per non rappresentare più il personale.
Vorremmo sapere una cosa: qual è la necessità ed urgenza di inserire questo provvedimento nel decreto-legge riguardante le missioni?
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Maurizio Turco.
MAURIZIO TURCO. Noi vorremmo votare il decreto-legge sulle missioni mentre voi ce lo impedite (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico) perché vi inserite una norma anticostituzionale.
Signor Presidente, ritiriamo tutti gli emendamenti: non vogliamo essere complici nemmeno in questo (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori degli identici emendamenti Di Stanislao 3.1 e Maurizio Turco 3.10 li ritirano entrambi.

………………………………

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3016)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.
AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, chiedo ai colleghi cinque minuti... (Commenti).
PRESIDENTE. Cari colleghi, comprendo il vostro stato d'animo, ma lasciamo parlare l'onorevole Di Stanislao.
AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, credo che i colleghi della maggioranza e dell'opposizione debbano anche capire quale sia la posizione dell'Italia dei Valori. Penso che chi ha buonsenso può rimanere e chi ha altre cose da fare non è impedito ad uscire. Tuttavia, credo che al punto in cui siamo, nel mezzo delle missioni internazionali e di alcune scelte che appaiono ormai non rinviabili, la posizione dell'Italia dei Valori - che per qualcuno può sembrare residuale o assolutamente non da prendere in considerazione - qualcosa valga in questo Parlamento. Lo dico con grande rispetto di coloro che esprimono posizioni a volte divergenti e che rappresentano in talune occasioni anche la maggioranza in questo Parlamento.
Mi limito solo a dire, colleghi, che vi sono alcune riflessioni che vanno partecipate necessariamente e lo farò in maniera molto precisa e concisa. Ricordo anche un aspetto che penso vi riguardi, riguardi ognuno di noi come cittadino e come parlamentare, al di là delle appartenenze politiche. Io e l'Italia dei Valori crediamo che la cifra della maturità, della cultura e dell'emancipazione di uno Stato e di un Paese passi attraverso le politiche di welfare e della difesa, quelle vere, profonde e soprattutto condivise.
Questa premessa è essenziale e serve per dire, fin da subito e senza alcuna ambiguità, che l'Italia dei Valori è a favore delle missioni internazionali e a fianco, «senza se e senza ma», delle nostre Forze armate e dei tanti civili impegnati nei diversi scenari internazionali, a fianco dei nostri militari e dei nostri civili, anche se in questi otto anni hanno svolto un ruolo importante di cui spesso non si è parlato in questo Parlamento. Essi hanno svolto con impegno, dedizione, sacrificio e sacrifici di vite umane un mandato ampiamente riconosciuto dalla comunità internazionale e dalle popolazioni per le quali si sono prodigati.
Faccio mio e condivido quanto affermato dal direttore del Il Sole 24 Ore, Gianni Riotta, che parla dell'Italia che conta qualcosa nei grandi organismi internazionali soltanto perché sono presenti da anni e in tutti i luoghi caldi i nostri uomini. Otto anni di missioni caratterizzati da successi umanitari, ma pagati a caro prezzo e con la vita dei nostri operatori di pace, siano essi militari che civili e questo lo voglio ricordare sempre. Otto anni, tuttavia, senza mai riflettere da parte dei Governi che si sono succeduti sul senso e sulla prospettiva delle missioni, anche se ormai «missione» è spesso, per ognuno di noi e soprattutto in quest'Aula, sinonimo di Afghanistan. Otto anni svuotati di un necessario dibattito sulle strategie e sui contenuti e privati di un doveroso confronto politico e istituzionale. Anni, mesi, giorni bruciati e senza sentire, o quanto meno avvertire, l'esigenza di riferire, se non nella tragicità degli eventi, e di coinvolgere tanto il Parlamento quanto l'intero Paese.
Tanto sullo stato dell'arte quanto sulla complessità dei temi e dei problemi aperti ancora sul tappeto, che sono in attesa di soluzioni ma anche e soprattutto nell'ambito della compatibilità comunitaria all'interno del Trattato di Lisbona, in vigore dal 1o dicembre di quest'anno, che all'articolo 24, lo dico al Governo e ai colleghi di maggioranza, prevede l'impegno comune per una politica estera comune anch'essa, segnalando che la competenza nell'Unione europea in materia di politica estera e di sicurezza comune riguarda tutti i settori della politica estera.
Questo è un interrogativo che pongo al ministro: le nostre missioni sono ancora rispettose ed ancorate ai principi della cultura del peacekeeping? Io credo e noi crediamo ancora di sì, ma gli altri, le popolazioni, a partire dall'Afghanistan, ci percepiscono ancora come prima o ancora così? Ed altresì, la missione delle missioni è ancora integra, sovrapponibile a quella originaria, per la quale siamo stati riconosciuti dalla comunità internazionale e dalle popolazioni prese in carico quale modello positivo nell'applicazione di azioni ed interventi iscrivibili in una vera e propria attività di peacekeeping?
Diversi mesi or sono ho presentato un'apposita interrogazione in relazione all'Afghanistan, nella quale chiedevo al ministro ed al Governo se la missione corrispondesse ancora a quella originaria che operava su tre direttrici - ricostruzione, stabilizzazione e addestramento - e se altresì il Governo intendesse verificare quale fosse l'effettiva linea di demarcazione e se il mandato fosse ancora quello voluto dal Parlamento e percepito e condiviso dall'opinione pubblica italiana, ossia un mandato teso al mantenimento della sicurezza nell'interesse della ricostruzione e degli sforzi umanitari. Io sono ancora in attesa, ma la speranza è l'ultima a morire, caro Ministro.
Queste brevi riflessioni, unitamente a quelle argomentate in discussione generale, accompagnate da pochi e produttivi emendamenti al disegno di legge, predispongono l'Italia dei Valori a consegnare al Governo, alla maggioranza e al Parlamento tutto, un segnale politico ben preciso: l'astensione, che va letta come richiesta ulteriore di apertura di credito, di spiraglio aperto, una astensione da leggere nell'ottica del bicchiere mezzo pieno, una astensione di buonsenso istituzionale, lontano da ogni tentazione demagogica e strumentale.
Questa è una astensione dialettica, una astensione positiva che chiama a responsabilità il Governo al quale l'Italia dei Valori chiede finalmente di venire in Aula a riferire sul presente e sul futuro delle missioni internazionali ed anche ad impegnarsi con un alto profilo politico e istituzionale a confrontarsi in Aula e di fronte agli italiani sulla nostra mozione.
Credo che questa posizione non rappresenti un cambiamento della nostra linea, bensì la necessaria determinazione a pretendere dei chiarimenti e degli impegni non più rinviabili da parte del Governo, da un lato, e dall'altro la volontà politica di essere chiamati alla collegialità ed alla responsabilità e non ad umilianti e mortificanti ratifiche. Non vogliamo comunicazioni dal Governo, ma la ricerca di sforzi sempre più ampi di condivisione. È in questa ottica, cari colleghi, che l'Italia dei Valori in questo momento dà la propria astensione, cercando di farvi percepire il significato di uno sforzo ulteriore affinché si possa ricomporre all'interno del Parlamento e in Italia uno schieramento totalmente condiviso rispetto alle missioni internazionali per le quale, ripeto e ribadisco e chiudo, noi siamo totalmente favorevoli.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.
FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, io non voglio ripetermi rispetto ai tanti interventi che abbiamo fatto sulla importanza per la politica estera italiana delle nostre missioni internazionali. Certo è una delle più grandi operazioni dell'Italia, soprattutto la sfida che viene lanciata al mondo occidentale, alla NATO, dalle vicende afgane, e abbiamo accolto anche con favore il fatto che il Governo abbia deciso di incrementare gli organici. Adesso io credo che stiamo facendo anche altri passi in avanti, come quello di avere disciplinato meglio il regime che riguarda la condizione dei nostri militari che operano nelle missioni internazionali.
Infine, credo che debba essere sottolineata anche questa decisione dell'Aula della Camera di ricevere per un esame una riforma dei codici militari, per renderli più adeguati alla condizione dei militari che, dovendo obbligatoriamente uniformarsi alle regole di ingaggio, rischiano di trovarsi in una situazione di grande difficoltà e di grande rischio, come è stato fatto notare anche da alcuni colleghi che sono intervenuti. Pertanto, credo si debbano salutare positivamente anche questa giornata e questo atto che andiamo a votare. Noi convintamente, come sempre è accaduto, daremo il nostro voto favorevole, anche sperando però che si esca un po' da questa situazione di precarietà, che talvolta sembra purtroppo, nonostante il grande consenso parlamentare, coinvolgere le nostre missioni internazionali (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gidoni. Ne ha facoltà.
FRANCO GIDONI. Signor Presidente, consegnerò il mio intervento nella sua interezza. Volevo solo ribadire la posizione della Lega Nord, che vede con favore un ridimensionamento nelle nostre missioni in Libano e nei Balcani. Ringraziamo il sottosegretario per aver accolto il nostro ordine del giorno sul Kosovo e sulla protezione dei luoghi di culto dei cristiano-ortodossi. Come Lega, rimarchiamo che quanto è stato fatto al Senato, ovvero l'introduzione di tutta una serie di emendamenti che forse poco hanno a che fare con il testo del decreto-legge, è un'azione che magari per il futuro raccomanderemo che non venga più fatta, perché di sicuro ciò di cui non abbiamo bisogno è di avere un quadro legislativo del Paese poco chiaro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Onorevole Gidoni, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pistelli. Ne ha facoltà.
LAPO PISTELLI. Signor Presidente, colleghi, dato che l'ultima volta che abbiamo parlato di Afghanistan in quest'Aula lo abbiamo fatto per commentare l'attentato in cui avevano perso la vita sei militari e dato che i Presidenti della Camera e del Senato si recheranno a portare il Natale ai militari all'estero, penso valga la pena di spendere qualche minuto sul senso di ciò che stiamo votando, anche se il Natale incombe.
Questo è l'ultimo voto del 2009, con il quale sostanzialmente rifinanziamo l'insieme delle missioni nelle quali il nostro Paese è impegnato. Sono circa 8.300 militari, in ventidue diverse operazioni. Il Partito Democratico voterà a favore, secondo una consuetudine che lo ha accompagnato negli ultimi anni, salvo il caso dell'Iraq, fossimo maggioranza o opposizione, secondo quel principio di responsabilità che secondo noi in politica estera segna i grandi partiti delle grandi democrazie occidentali.
Dati il giorno e le circostanze, potrebbe esserci la tentazione di liquidarlo come un voto scontato, ma invece vi invito ad avere pazienza. Sarebbe un errore, questo non è un decreto-legge mille proroghe, anche perché non esiste, colleghi, voto più impegnativo e pregnante per un Parlamento di quello che stanzia risorse per inviare o mantenere all'estero militari, ragazzi italiani sì, ma ottimi professionisti, in luoghi dove si rischia la vita. Il decreto-legge per quest'anno mantiene inalterato sostanzialmente il quadro degli impegni, fatte salve alcune rotazioni, che collocano l'Italia ai primissimi posti della comunità internazionale per dispiegamento di uomini e mezzi. Ed è proprio scorrendo l'elenco delle missioni e l'anzianità di alcune di queste che viene naturale un primo pensiero di fondo. È un pensiero che accompagna il dibattito in molti Paesi, si parli di missioni di peacekeeping, di peace enforcing o di nation building. Dalla metà degli anni Novanta si è collaudato un meccanismo efficace di entrata nelle aree di crisi, una capacità di intervento durante le emergenze, ma per altro verso vediamo che è sempre più difficile, talvolta impossibile per la comunità internazionale, sapere uscire dopo lunghi anni di presenza. Tutti noi vediamo come la situazione nei teatri principali stia cambiando e sappiamo - ce lo dicono le notizia dei giornali e ce l'ha confermato l'audizione di Frattini e La Russa - che il prossimo decreto-legge, non questo, sarà l'occasione anche formale per una discussione diversa sulla presenza italiana, date le molte novità che si annunciano per l'Afghanistan.
Dunque, nel tempo che ho, desidero tracciare alcune brevissime linee di riflessione, dicendovi, cari amici e colleghi, che questa discussione è iniziata innanzitutto nel Paese che porta le maggiori responsabilità, cioè gli Stati Uniti: penso alla Presidenza Obama, alla nuova disponibilità verso il multilateralismo o alla strategia enunciata dopo il dibattito con il generale McCrystal.
Il dato di partenza è crudo, ma ineludibile: ad oggi, giovedì 17 dicembre 2009, la guerra in Afghanistan è durata esattamente due anni, due mesi e una settimana in più della seconda guerra mondiale, 800 giorni più; comunque lo si voglia leggere, questo dato è un tempo spaventosamente lungo e pone a tutti noi la domanda sul cosiddetto end game, sulla fine di questo impegno, sul senso della missione, sulla strategia che l'accompagna e sul tempo necessario per realizzarla.
Molti obiettivi, lo sappiamo, sono stati ridefiniti nel corso di questi anni. Concretamente, Osama Bin Laden e il Mullah Omar non sono stati catturati e non sono probabilmente morti, ma va detto che non godono più di alcuna agibilità operativa. La capacità di Al Qaeda di colpire al di fuori di alcuni luoghi e la popolarità del suo messaggio nel mondo islamico sono state aggredite in profondità, non ancora sconfitte, ma contenute, e i talebani non sono più al potere a Kabul.
D'altra parte, abbiamo anche imparato sul campo, con molto realismo - lo sapevamo già prima - che l'Afghanistan non è il luogo più adatto per applicare il modello della democrazia all'inglese, che le elezioni non sono sinonimo di democrazia e che la democrazia elettorale non è comunque sinonimo di democrazia sociale e di solidità delle istituzioni.
Abbiamo purtroppo avuto la conferma che la lotta ai talebani non è efficace se confinata all'Afghanistan, se non si estende all'AfPak (Afghanistan-Pakistan) , se non si colpiscono basi e santuari. In Afghanistan, colleghi, nel 2003 vi furono tre attentati kamikaze, nel 2008 sono stati 135 e il 2009 finirà con numeri analoghi. In Pakistan, di cui i media europei si occupano soltanto episodicamente, negli ultimi 15 mesi sono state registrate 1.842 azioni terroristiche, con molte migliaia di morti.
Non è un caso che nel dibattito di altri Paesi - penso al dibattito in Inghilterra - stia maturando l'idea che consolidare la sicurezza sul territorio afgano ed estirpare i talebani sono sempre più obiettivi contraddittori, e dunque che la scelta del primo obiettivo può comportare, secondo questa idea, il ridimensionamento del secondo: in una parola, trattare con i cosiddetti talebani moderati per tenere l'Afghanistan e cacciare Al Qaeda.
Questi sono i dati, perciò, colleghi, è un'esigenza non soltanto dell'opposizione, ma di tutti noi, un'esigenza vitale, spiegare dopo 8 anni alla nostra opinione pubblica se siamo lì insieme ad altri per continuare la caccia a Osama, per estirpare Al Qaeda, per impedire di essere colpiti qui, per sconfiggere i talebani, per affermare la democrazia, per stabilizzare la regione, per qualcuno solo di questi obiettivi o per una combinazione di tutti questi.
Questo è il dibattito che iniziamo oggi e che faremo a gennaio con il nuovo decreto. Almeno questo ci eviterà che capiti ancora di ascoltare dai banchi della stessa maggioranza, come è successo solo poche settimane fa, chi un giorno esalta il coraggio e la lealtà italiana alla missione, qualsiasi essa sia, e chi lo stesso giorno chiede di riportare a casa i nostri soldati appena possibile, perché si avvicina il Natale.
Questa materia, quella delle missioni, è una di quelle che non ammette sbavature e che richiede sobrietà e rigore, sulle parole come sui tempi. Confesso di nutrire qualche dubbio sull'opportunità di legare l'incremento della nostra presenza in Afghanistan, così come gli americani faranno, ad un annuncio sulla scadenza di questo impegno, specie - lo segnalo - dopo aver letto in queste settimane due interviste a comandanti talebani che hanno veicolato con parole diverse lo stesso concetto, quando hanno detto «voi occidentali pensate in mandati elettorali, noi in decenni; voi pensate con l'orologio, noi pensiamo con il tempo».
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 17,35)
LAPO PISTELLI. Capisco la ragione dell'annuncio che il Governo fa, ne temo la debolezza. A questo fine, un paio di ultime precisazioni: le guerre di guerriglia - lo hanno dimostrato tutti i conflitti della seconda metà del Novecento - si vincono più con il consenso stabile della popolazione che con l'aumento indiscriminato della pressione militare.
Dunque, affinché anche in Afghanistan sia vincente il passaggio ipotizzato dalla strategia del «cerca e distruggi» a quella del «ripulisci, mantieni e ricostruisci», la componente della spesa civile...
PRESIDENTE. Onorevole, Pistelli, le chiedo scusa. Potete dare la possibilità al Ministro La Russa di ascoltare l'intervento del collega? Prego.
LAPO PISTELLI. Il coordinamento fra i team provinciali dei vari Paesi, e un'alternativa plausibile e rapida alla coltivazione del papavero che alimenta i talebani, devono essere dunque elementi strategici equivalenti a quello militare. Secondo, è indispensabile, come si è finalmente iniziato a fare, agganciare il sostegno a Karzai e alla nuova leadership pakistana ad una richiesta di efficienza vera del Governo, soprattutto dopo l'accidentato percorso di rielezione a Kabul. Terzo, la disarticolazione di Al Qaeda e dei talebani richiede un'insistita azione di coinvolgimento regionale: è un fatto positivo l'uso dello spazio aereo russo concesso di recente da Medvedev a Obama, ma è sempre più chiaro il legame generale fra il dossier afghano, quello pakistano e quello russo-iraniano.
Signor Presidente, noi anticipiamo che non vorremmo ridimensionare la presenza italiana in Libano, e vorremmo maggiori dettagli sulla natura della riduzione prevista nella presenza nei Balcani. La missione UNIFIL in Libano ha fermato una guerra, ha permesso l'inizio di un processo importante di riappropriazione della sovranità libanese sul proprio territorio, ed è forse una delle cause non secondarie della riapertura di un negoziato israelo-palestinese ad esempio sullo scambio fra Gilad Shalit ed altri detenuti, per il quale speriamo in un esito favorevole. I Balcani, per quanto legittimamente non più prioritari per l'agenda americana, lo sono invece per noi: più che per una questione di storia, basta una questione di geografia.
Per questo, signor Presidente, signor Ministro, noi sappiamo che l'Italia non decide da sola il da farsi, sappiamo che essa partecipa ad alleanze ed assume impegni in sedi multinazionali.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
LAPO PISTELLI. Sto concludendo. Abbiamo pure letto la dura intervista del Ministro Frattini al Financial Times nel settembre scorso, in cui egli lamentava l'esclusione del nostro Paese da alcuni circuiti diplomatici; e da tempo condividiamo, fuori da ogni retorica a buon mercato sulla nostra reputazione nazionale, che abbiamo la medesima preoccupazione: la nostra esclusione. Chiediamo dunque che il nostro paese ci sia e si faccia sentire nelle sedi dovute. In questo spirito, confermo il voto positivo del Partito Democratico al decreto-legge in esame, confermo la nostra disponibilità a condividere ulteriori responsabilità, ma anche la ferma intenzione a partecipare non da spettatori a questa nuova fase che si apre (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mogherini Rebesani. Ne ha facoltà.
FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Signor Presidente, prendo soltanto pochi minuti, non solo perché sono intervenuta già nel corso della discussione sulle linee generali, ma anche perché ben mi sento rappresentata dalle parole del mio collega Pistelli.
Intervengo semplicemente per sottolineare il fatto che oggi pomeriggio, seppure con una certa confusione, abbiamo fatto alcune cose importanti, che non erano scontate, nella discussione e nell'approvazione della conversione del decreto-legge in esame. Spero però, mi auguro, voglio credere che il Governo sia pienamente consapevole dell'importanza degli ordini del giorno che sono stati accolti o accettati. Vorrei infatti fare tre esempi. Sarebbe anche bello che il Governo mi ascoltasse...
PRESIDENTE. Prego.
FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Signor Presidente, so che lei mi ascolta.
Abbiamo avuto l'impegno da parte del Governo di presentare entro sei mesi un disegno di legge che tratteggi le linee di un nuovo codice penale militare: sarebbe un fatto storico, visto che sono anni che lo si attende. Vi è stato un impegno importante contro i bambini soldato, e vi è stato l'impegno da parte del Governo di reintrodurre il Fondo speciale per le missioni internazionali che la legge finanziaria che abbiamo votato questa mattina ha cancellato.
Mi aspetto, e mi auguro, che questi impegni, presi oggi dal Governo, non siano carta straccia, non siano dimenticati in un cassetto, ma siano effettivamente realizzati. Tra sei mesi, noi chiederemo conto di quel codice nuovo: a gennaio dovremo infatti votare un rifinanziamento delle missioni, che probabilmente prevederà una proroga delle norme diverse del codice che sono inserite oggi nel decreto-legge che votiamo, ma al successivo rifinanziamento, a luglio, i sei mesi saranno scaduti, e noi ci aspettiamo di vedere quel codice modificato con una legge organica; così come ci aspettiamo già a gennaio, a questo punto, che vi sia un modo di reintrodurre il Fondo speciale per le missioni internazionali. Questi sono impegni formali, solenni, che in assenza di discussione sugli emendamenti, di votazione degli emendamenti, restano l'unico strumento che il Parlamento, non l'opposizione, il Parlamento ha per incidere su scelte strategiche della politica internazionale del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Martino. Ne ha facoltà.
Chiedo ai colleghi di liberare lo spazio davanti ai banchi del Governo, per permettere a tutti colleghi di ascoltare, qualora lo volessero, l'intervento del collega Martino.
ANTONIO MARTINO. Signor Presidente, vorrei molto brevemente svolgere una considerazione aiutandomi con due ricordi personali. Vedo con grande soddisfazione che l'Assemblea è compatta a sostegno delle nostre missioni di pace all'estero. Non è sempre stato così ed è un fatto positivo che adesso lo sia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
L'Italia è una ed è in grado di esprimere una voce in politica estera e di difesa. Questo dovrebbe davvero fornire motivo di consolazione per tutti quanti. Mi rendo perfettamente conto e gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto lo dimostrano che ognuno di noi ha visioni diverse su quale dovrebbe essere l'impiego migliore dei nostri militari all'estero. Rispetto quelle diversità, specie se innestate su una sostanziale concordanza circa l'importanza delle nostre missioni.
Il primo dei due ricordi ai quali volevo fare riferimento risale all'autunno 2005: John Reid prese il posto di Geoffrey Hoon quale Ministro della difesa inglese e io mi recai a Londra per un incontro bilaterale. John Reid mi disse: «Sono già stato Ministro della difesa sette anni fa. Torno dopo sette anni e scopro che è cambiata una sola cosa: voi italiani sembra siate diventati indispensabili e che non si possa fare a meno di voi». Aveva ragione, perché nel secondo semestre del 2005 gli italiani avevano il comando della missione europea in Bosnia, il comando della missione NATO in Kosovo, il comando della missione ISAF in Afghanistan e il comando della missione europea a Rafah al confine tra Gaza e l'Egitto. Davvero erano diventati indispensabili (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
L'altro ricordo è più antico e risale al 2001: due giorni dopo essere stato nominato Ministro, mi recai a Bruxelles per incontrare l'allora segretario generale della NATO Lord George Robertson. Egli mi disse: «Your output is admirable, your input is deplorable» Ciò che fate è ammirevole, le risorse con le quali lo fate sono deplorevoli! Credo sia vergognoso il fatto che questo Paese dedichi soltanto lo 0,8 per cento del prodotto interno lordo alla difesa (Applausi di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Unione di Centro). La difesa non è uno dei compiti dello Stato, la difesa è lo Stato! Per millenni lo Stato è esistito senza sanità pubblica, senza scuola pubblica, senza pensioni pubbliche, ma non è mai esistito uno Stato senza difesa! È una contraddizione in termini! Non possiamo spendere soltanto lo 0,8 per cento del PIL quando i Paesi europei membri della NATO ne spendono il 2 per cento, gli Stati Uniti il 4 per cento e la Federazione Russa il 5 per cento. È per questa ragione che non ho votato la fiducia al Governo e non ho votato questa finanziaria, perché trovo assolutamente inaccettabile il trattamento riservato alle nostre Forze armate (Applausi di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Unione di Centro)
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Martino, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Beltrandi. Ne ha facoltà.
MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo a nome della delegazione radicale all'interno del gruppo del Partito Democratico per annunciare un voto di astensione su questo provvedimento.
Voglio chiarire, anche se credo che alla luce della nostra storia politica non ce ne sarebbe bisogno, che consideriamo fondamentale la prosecuzione della missione in Afghanistan. Voglio chiarire che noi ci sentiamo a sostegno dei militari italiani, che sono chiamati ad agire su uno scenario che è così difficile, ma così importante per la sicurezza dei nostri Paesi e della nostra comunità.
Tuttavia ci impedisce di votare a favore di questo provvedimento - è già stato ricordato dall'onorevole Maurizio Turco - l'articolo 3, comma 7.
Riteniamo che non vi fosse nessuna urgenza e nessuna necessità, per rifinanziare la missione in Afghanistan, di inserire in questo provvedimento il differimento ancora una volta, per un altro anno e mezzo, dell'elezione da parte dei militari dei propri rappresentanti. Crediamo che proprio ai cittadini militari che si sacrificano per noi sia fondamentale garantire il diritto costituzionale di scegliersi i propri rappresentanti: non c'era nessuna necessità di inserire questa norma e mi sarebbe piaciuto avere una risposta dal Ministro La Russa sul motivo per cui essa è stata inserita in questo provvedimento.
La senatrice Bonino ha già detto, in più occasioni, che occorre una riflessione sulla missione in Afghanistan, perché l'opzione militare da sola probabilmente non è sufficiente, ma su questo so che vi è sensibilità anche negli altri gruppi politici.
La ragione per cui noi ci asteniamo - lo ripeto ancora - è unicamente questa; per il resto siamo assolutamente a sostegno dei nostri militari (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 3016)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 3016, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Diamo la possibilità al Ministro Bossi di votare... Onorevoli Ceroni e Rugghia. Il Ministro Bossi ha votato.
Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 482
Votanti 460
Astenuti 22
Maggioranza 231
Hanno votato sì 460).

 

 


Tua email:   Invia a: