PENSIONI COL SISTEMA MISTO O CONTRIBUTIVO: BASTA PROMESSE, BISOGNA AVVIARE SUBITO LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE E SANARE I 15 ANNI PREGRESSI O SI FARA' LA FAME – di Francesco Parisi
PENSIONI COL SISTEMA MISTO O CONTRIBUTIVO: BASTA PROMESSE, BISOGNA AVVIARE SUBITO LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE E SANARE I 15 ANNI PREGRESSI O SI FARA' LA FAME – di Francesco Parisi
Pubblichiamo un articolo del presidente del Direttivo della Sezione Ficiesse di Prato. Il titolo è della redazione del sito.
La pensione è un argomento che sta a cuore a tutti poiché rappresenta la serenità della nostra vecchiaia. È per questo che mi sono chiesto come mai, vista l’importanza di quest’argomento, non si stia assistendo ad una assordante protesta da parte di questa categoria di lavoratori, visto che tra non molto inizieranno i primi pensionamenti con la riforma Dini cui deriveranno pensioni “da fame”.
Forse perché se ne parla poco, ovvero perché vi è uno sforzo immane da parte di qualcuno a far sì che l’argomento non venga trattato. D’altronde è cosa nota come la politica italiana, specie quella di ultima generazione, sia maestra nell’eludere gli argomenti di interesse di intere e cospicue categorie di cittadini spostando l’attenzione su questioni meno importanti dando loro un’enfasi esagerata. O forse perché vi è una forma di rassegnazione da parte di cittadini che, stanchi di assistere a promesse sempre rinnovate e mai mantenute, sono ormai disillusi e non credono più alle promesse delle campagne elettorali dei politici di riferimento.
Come detto, tra pochi anni si avranno i primi pensionamenti con la riforma introdotta dalla cosiddetta legge Dini, i cui importi sembrano destinati a non arrivare a non più del 50 - 55% dell’ultimo stipendio percepito.
La legge Dini, proprio nell’intento di integrare l’esigua consistenza della pensione risultante dall’applicazione delle disposizioni inerenti la riforma, aveva previsto l’avvio della previdenza complementare, che però non decolla, anche per il Comparto sicurezza e difesa, assurdamente e vergognosamente, dal lontano 1995 (ormai ben 15 anni!).
Sono arrivati così i primi ricorsi, con grande desiderio da parte dei ricorrenti che all’atto del varo della riforma erano già in servizio, di vedersi riconosciuto il diritto alla pensione con le regole ante riforma proprio in considerazione del mancato avvio della previdenza complementare.
Tuttavia, a stemperare le speranze di queste persone è intervenuta la Corte Costituzionale, che ha evidenziando come la legge 335 si inserisce in un processo riformatore che trae la sua ragionevole giustificazione nella necessità di influire sull’andamento tendenziale della spesa previdenziale al fine di stabilire il rapporto tra la stessa e il prodotto interno lordo. Praticamente, la Corte ha affermato il principio secondo il quale in ambito previdenziale, non esistono diritti acquisiti trattandosi di materia oggetto di bilancio dello Stato e per la quale lo Stato, ex art. 117 della nostra Carta fondamentale, ha competenza esclusiva, lasciando così intendere che il bilanciamento operato con il successivo art. 38 pende a favore della spesa pubblica.
Attualmente, pendono ancora davanti al TAR i ricorsi di migliaia di appartenenti alle Forze armate e di polizia, ma il loro vero scopo è probabilmente quello di sollecitare il legislatore e il governo a interrompere la loro lunga latitanza e a legiferare in materia. La soluzione del problema è quindi di natura politica, visto che i ritardi e le omissioni sono di natura politica.
L’inerzia del legislatore non è certamente voluta dai ricorrenti o dai futuri pensionati, è solo mancanza di volontà, forse dovuta alla scarsa convenienza politica nell’affrontare la questione. Interessarsene probabilmente non è considerato produttivo sotto il punto di vista politico, perché comporta molto impegno e alcune insidie: impegno ad aprire un tavolo dove confrontarsi con tutti gli attori e il rischio di lasciarne scontenta qualche importante categoria con la conseguente perdita di consensi. Le energie si concentrano così nel proferire slogan e proclami elettorali, continuamente, anche fuori dalle campagne elettorali, senza curarsi poi se le promesse non verranno mantenute.
Tale comportamento è deleterio. Chi sono, e dove sono finiti i nostri interlocutori politici, coloro che dovevano difendere i nostri interessi? Tutta quella bella gente che all’ultima tornata elettorale ci ha gonfiato il cuore con generose promesse?
Lo sappiamo tutti chi sono e dove sono. Ma niente. Sono spariti o si sono eclissati. Nascondono la testa sotto la sabbia, occupati come sono a mantenersi attaccati alle poltrone ricevute in cambio della svendita, a bassissimo prezzo, della fiducia accordata loro da noi elettori.
Occorrono iniziative concrete per dare sfogo alle legittime attese dei lavoratori pubblici e segnatamente del Comparto sicurezza e difesa. Dopo 15 anni di omissioni e ritardi bisogna, senza più alcuna indulgenza, dare immediata esecuzione alla previdenza complementare e trovare rimedi reali e concreti ai danni creati in tutto questo tempo di mancato avvio della stessa. Bisogna dare esecuzione al secondo pilastro della riforma Dini. È un dovere del legislatore, un atto dovuto per legge e non esistono spiegazioni plausibili a tale omissione né alla sperequazione che così viene perpetrata nei confronti dei dipendenti pubblici.
Per tutto questo, deve esserci necessariamente una precisa responsabilità politica e i politici inadempienti, amanti degli slogan elettorali privi di sostanza, devono essere costretti a meditare, perché la sovranità appartiene al popolo e i consensi ricevuti sulla scorta delle promesse fatte e mai mantenute non tornano più.
FRANCESCO PARISI
Presidente del Direttivo
della Sezione Ficiesse di Prato