BUONI PASTO IN GUARDIA DI FINANZA: TANTI PASSI AVANTI MA LA STRADA E' ANCORA LUNGA ED IRTA D'OSTACOLI - di Simone Sansoni
1. Premessa
La questione dei buoni pasto è stata costantemente oggetto di interesse da parte della rappresentanza militare della Guardia di Finanza; sulla scia dell’attività esplicitamente svolta nei precedenti mandati, l’obiettivo strategico è stato quello di estendere quanto più possibile l’utilizzo dei buoni pasto in luogo delle convenzioni con esercizi commerciali e, soprattutto, delle mense a gestione diretta ed indiretta.
Tale progetto comporterebbe i seguenti effetti positivi:
• progressiva ottimizzazione delle risorse umane del corpo mediante la dismissione delle mense e sburocratizzazione delle procedure amministrative connesse al vettovagliamento;
• implementazione della qualità del vitto, nella considerazione che l’individuo è il miglior giudice della propria dieta;
• estensione effettiva del vettovagliamento a tutti coloro che ne hanno diritto, nonostante la tipologia del servizio svolto ne renda ardua la fruizione;
• adesione alla volontà della maggior parte del personale che di gran lunga preferirebbe l’utilizzo dei buoni pasto rispetto le altre forme di vettovagliamento.
L’attività deliberativa in questi tre anni a livello centrale ma anche periferico, è stata di conseguenza imponente e su più fronti; nel contempo da parte dell’Amministrazione, sia a livello locale che nazionale, vi è stato un progressivo ma parziale adeguamento alle suddette finalità. Peraltro permangono tuttora molte problematiche, dovute principalmente a resistenze dal punto di vista normativo, economico e “filosofico”.
Il presente approfondimento è finalizzato a stabilire un punto della situazione e delle prospettive future.
2. Breve quadro normativo
L’attuale diritto al vettovagliamento per il personale del Corpo trae origine dalla L. 203/1989 che istituisce le mense obbligatorie di servizio ovvero, in mancanza di queste, il ricorso ad esercizi privati; invero fino alla fine degli anni ’90 non era raro che vi fossero reparti, soprattutto in periferia, ove non era utilizzato nessuno dei due sistemi di vettovagliamento, lasciando il personale in balìa di sé stesso.
Oltre a tali tipologie di vettovagliamento, l’art. 61 del DPR 254/1999 (Contratto FFPP) ha poi introdotto anche la possibilità per le Forze di polizia di provvedere tramite i buoni pasto del valore di € 4,65.
La legge Finanziaria 2001 ha poi previsto che ciascuna Amministrazione determinasse annualmente le modalità del vettovagliamento secondo tre tipologie:
a) gestione diretta o in convenzione;
b) buoni pasto;
c) viveri speciali da combattimento.
Il Ministro dell’economia ha sinora emanato solo due provvedimenti al riguardo (DM 25/03/02 e DM 11/7/08), molto simili tra loro, che in sostanza prevedono che il servizio di vettovagliamento sia assicurato nelle seguenti forme:
a) gestione diretta;
b) gestione mediante catering;
c) gestione mista;
d) convenzioni con esercizi privati;
e) buoni pasto;
f) viveri speciali da combattimento.
Il Ministro nel D.M. ha previsto che il Comando Generale determini le forme gestionali del vettovagliamento presso ciascun reparto secondo le seguenti priorità:
a) qualora possibile tramite mense a gestione diretta ovvero affidamento a privati;
b) catering veicolato;
c) ove non sia possibile la mensa interna o di altra amministrazione, a mezzo convenzioni con esercizi privati o, in alternativa, tramite la concessione del buono pasto.
E’ qui il caso di sottolineare che in nessuna delle norme sopra richiamate l’utilizzo dei buoni pasto, qualora non sia presente una mensa, è considerato modalità residua per il vettovagliamento: in parole povere, nessuna norma impone che la concessione del buono pasto sia subordinata alla preventiva ricerca di un esercizio commerciale disposto alla somministrazione mediante convenzione.
L’uso dei termini “in alternativa” (e non “in subordine”) sta infatti a significare che le due metodologie di somministrazione stanno sullo stesso piano (in tal senso si è espresso anche il T.A.R. Lazio su di un ricorso presentato da appartenenti alla P.S. con la Sentenza nr. 5407/2009:”In base alla lettura e all’interpretazione letterale della legge, quando non sia possibile provvedere con mense della P.S. non è fissato un ordine di priorità ma sono poste sullo stesso livello le due soluzioni alternative (convenzione o buono pasto”). Dunque qualunque tentativo...di creare artificiosamente una scala di priorità tra le due soluzioni non gode di supporto normativo."
Inoltre in nessuna delle circolari emanate nel tempo viene fissato chiaramente tale criterio di subordinazione del buono pasto rispetto alla convenzione con privati, anzi negli ultimi anni vi è stata una certa esortazione da parte del Comando Generale nel riconsiderare le modalità di somministrazione nel senso di favorire l’utilizzo dei buoni pasto.
3. Prospettive future e stravaganti diete
L’importo del buono pasto è rimasto immutato per ben dieci anni, nonostante il costo della vita sia andato ad aumentare in maniera esponenziale; con la definizione della coda contrattuale approvata lo scorso anno tale importo è stato elevato ad € 7,00 adeguandolo a quanto riconosciuto alla maggior parte dei dipendenti pubblici.
L’innalzamento si è formalizzato con la pubblicazione sulla G.U. del 25 maggio 2009 del DPR nr. 51 di recepimento dell’accordo relativo al quadriennio normativo 2006-2009 e al biennio economico 2006-2007; inoltre l’aumento del valore del buono ha effetto retroattivo, cioè a partire dal 1 gennaio 2009, con immaginabili difficoltà dal punto di vista amministrativo nel riconoscere la differenza di € 2,35 per coloro che ne abbiano già fruito.
L’incremento del valore però riguarda soltanto i buoni pasto, in quanto l’art. 30 dell’accordo sottoscritto esclude l’adeguamento dell’onere a carico dell’amministrazione in caso di convenzioni con privati.
Pertanto, dalla vigenza del nuovo contratto del 1/6/09, per quanto riguarda il vettovagliamento del personale abbiamo paradossalmente tre diversi trattamenti:
• a coloro che fruiscono di mensa interna viene assicurato un pasto gratuito completo;
• a coloro che fruiscono di buono pasto viene garantito un pasto del valore di € 7,00;
• a coloro che fruiscono di esercizio convenzionato basta ancora che sia assicurato un pasto del valore di soli € 4,65 (con probabile integrazione da parte del personale per avere un pasto completo).
4. Permanenti problematiche nell’erogazione dei buoni pasto: figli e figliastri
Ipotizziamo che il vettovagliamento sia possibile ovunque tramite buoni pasto ed analizziamo quindi i problemi ed i paradossi più diffusi che, di fatto, spesso creano sperequazioni tra il personale.
La maggiore problematica riguarda l’obbligo della pausa pranzo alla quale viene subordinato il diritto al vitto e, in stretta connessione, quello al buono pasto; vi sono quindi varie tipologie di personale al quale viene di fatto impedito di fruire del pasto.
Personale con turni continuativi
Alcune tipologie di servizio sono regolate da ordini che non consentono l’interruzione del servizio (ad es. piantoni, addetti alle Sale Operative); tuttavia la concessione del buono pasto viene subordinata alla pausa pranzo.
Ne consegue una situazione paradossale: il personale in questione non fruisce di vitto perché deve lavorare senza pausa, ma non gli viene assegnato il buono pasto perché non effettua la pausa pranzo!
Personale con orario flessibile
Una pattuglia, composto da un militare che svolge orario normale e l’altro orario continuato (senza pausa pranzo), effettua una perquisizione nella località sede del reparto; l’attività si protrae ininterrottamente ben oltre il turno ordinario tanto da rendere impossibile la fruizione del pasto.
Al primo verrà con tutta probabilità assegnato un buono pasto al contrario del secondo: infatti quest’ultimo ha optato per la rinuncia al pasto. Sfugge però il fatto che nell’occasione il servizio si è svolto ininterrottamente non per una libera scelta del militare ma per una esigenza connessa al servizio svolto.
5. L’illegittimità del nesso tra buono pasto e pausa pranzo
Molte delle difficoltà che trova il personale nel fruire concretamente del diritto al trattamento vitto derivano appunto dalla stretta subordinazione alla pausa pranzo che viene imposta dall’Amministrazione per la concessione del buono; tuttavia si tratta di una imposizione contraria alle norme.
Il Decreto del Presidente Del Consiglio Dei Ministri del 18 novembre 2005 “Affidamento e gestione dei servizi sostitutivi di mensa” (in GU n. 13 del 17-1-2006) ha disciplinato le caratteristiche e la regolamentazione di utilizzo del buono pasto.
L’art. 5 di tale decreto prevede espressamente che i buoni pasto sono utilizzati, durante la giornata lavorativa anche se domenicale o festiva, anche qualora l'orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto.
(Onde evitare le consuete obiezioni circa l’applicazione o meno delle norma statuale anche alle organizzazioni militari, corre l’obbligo precisare che il decreto definisce come cliente, il datore di lavoro, pubblico o privato, senza prevedere quindi eccezioni di sorta).
Alla luce di tale decreto appare quindi improprio l’obbligo posto in capo agli utilizzatori del buono pasto di effettuare una pausa pranzo, tanto più quando questi ne sono impossibilitati per la tipologia del servizio svolto e quindi la continuazione del turno non deriva da una scelta personale.
6. Alcune semplici soluzioni
Dopo aver speso tante parole nel descrivere l’ingarbugliata e stratificata disciplina e la problematiche di un particolare aspetto della vita lavorativa e del benessere di molti Finanzieri, corre ora l’obbligo di presentare alcuni semplici auspici che tendano a rendere più omogenea e giusta l’applicazione dell’istituto del buono pasto in Guardia di Finanza:
a) emanazione di un compendio definitivo delle disposizioni e delle prassi in materia, onde definire regole chiare ed inequivocabili che eliminino sperequazioni ed incertezze;
b) aumento del trattamento vitto di cui all’art. 61, c. 1, del DPR n. 254/1999 onde parificare l’onere a carico dell’amministrazione in caso di convenzione con privati al valore del buono pasto (7€);
c) eliminazione dell’obbligo della pausa per fruire del buono qualora il servizio si svolga ininterrottamente per motivi di servizio;
d) svolgere le ricerche di mercato finalizzandole chiaramente al reperimento di forniture di pasti completi interamente a carico dell’Amministrazione;
e) variare le modalità gestionali di vettovagliamento passando dalle convenzioni con esercizi commerciali all’uso di buoni pasto, coinvolgendo i diretti interessati.
SIMONE SANSONI
Segretario Nazionale FICIESSE
s.sansoni@ficiesse.it