SICUREZZA E DIFESA, I TENTATIVI DI RIFORME ULTRAMILITARISTE CHE METTONO A RISCHIO DEMOCRATICITÀ TRASPARENZA E FUNZIONALITÀ DI CARABINIERI E GUARDIA DI FINANZA – di Gianluca Taccalozzi

sabato 22 maggio 2010

Ormai è evidente. Il Governo, traendo vantaggio da un’opposizione timida e passiva e da una certa rappresentanza, intende isolare il settore militare dal mondo civile e riportarlo agli anni ’70.

In parole povere, si vogliono eliminare tutti quei diritti che hanno negli ultimi decenni avvicinato il militare al lavoratore civile (orario di lavoro, accesso agli atti, libertà di pensiero, possibilità di ricorsi, ecc.), a fronte di futuri vantaggi economico previdenziali di cui per ora non vi è traccia, anzi sotto questo aspetto il comparto è pienamente inserito nei tagli imposti al pubblico impiego (la specificità evidentemente non vale sempre).

La specificità, la proroga della rappresentanza, la proposta di contro-riforma della rappresentanza stessa e, da ultimo, la limitazione della libertà di pensiero, furbescamente inserita nel nuovo codice dell’ordinamento militare, sono segnali inequivocabili di questo progetto ultra militarista e conservatore.

Con queste premesse è facile immaginare che quelle proposte di limitazione/negazione del diritto di ricorso alla giustizia amministrativa, di abolizione dell’orario di lavoro, ecc., che solo ieri sembravano incredibili, possano invece divenire presto realtà. Un ritorno agli anni ’70 quando il militare era a completa disposizione del comandante, doveva chiedere il permesso anche per andare al bagno e non poteva minimamente permettersi di esprimere opinioni. Una riforma che appare in assoluta contro tendenza rispetto agli intendimenti europei, anche recentemente ribaditi in un’ennesima raccomandazione del Consiglio d’Europa del 24.02.2010.

Se questo progetto non convince per le Forze Armate, figuriamoci per le Forze di polizia deputate alla sicurezza interna. In Italia, infatti, il settore militare comprende anche Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza. Una situazione di compromesso che sino ad oggi è stato possibile mantenere solo grazie ad un’applicazione, diciamo “elastica” della militarità, tanto più intensa quanto più importanti e prevalenti sono i compiti di difesa (Forze Armate) e tanto meno intensa e meno rilevanti sono gli stessi compiti di difesa (Carabinieri e Guardia di Finanza).

La reintroduzione di un ordinamento rigido e ultra-militare, pensato esclusivamente per le Forze Armate e per i compiti di difesa, metterebbe a serio rischio funzionalità, trasparenza e democraticità delle forze di polizia militari per le quali l’impatto di una simile riforma avrebbe effetti devastanti, sotto diversi aspetti:

1. trasparenza e democraticità: l’ordinamento militare tradizionale prevede l’assoluta riservatezza delle amministrazioni, giustificata dai compiti di sicurezza esterna ad esse demandati. La stessa estrema riservatezza verrebbe estesa alle Forze di polizia deputate alla sicurezza interna, laddove appare meno giustificata ed opportuna. Il tutto, in evidente contraddizione con quanto si intende (giustamente) fare per migliorare il servizio pubblico con la tanto sbandierata trasparenza amministrativa e gestionale.

2. conflittualità: carabinieri e finanzieri, una volta aver toccato con mano le pesanti limitazioni imposte dalla riforma (orario di lavoro, accesso agli atti, possibilità di ricorsi, ecc.) senza sensibili vantaggi economici e previdenziali, vedranno inevitabilmente diminuite le proprie motivazioni, con l’inevitabile aumento del malcontento, della conflittualità interna e delle spinte verso la smilitarizzazione;

3. organizzazione e personale: il profilo professionale ideale per i compiti di sicurezza interna nel settore economico-finanziario non è il reattivo e fedele “soldato-marine” ma il moderno poliziotto che oltre ai compiti di polizia giudiziaria pura, sa leggere carte e documenti contabili e, nel contempo, è un verifi¬catore fiscale capace di "vedere" nelle contabilità le fatture false, le truffe, il riciclaggio e tutti i crimini economico-finanziari.

In sostanza si rischia di creare forze di polizia militari autoreferenziali e prive di controllo, più simili ad eserciti che ad amministrazioni deputate al mantenimento della legalità e dell’ordine pubblico.

La sensazione che si ha leggendo i resoconti parlamentari e, più in generale, gli interventi della politica sull’argomento, è che questo aspetto non venga adeguatamente considerato. Sembra che, quando si parla di militari, si abbiano in testa solo e soltanto le Forze Armate e le missioni internazionali, senza considerare che militari sono anche l’Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza che rischiano così di essere indirettamente ed inopportunamente coinvolte in provvedimenti concepiti esclusivamente per compiti di difesa.

A mio avviso, oggi appare quanto mai necessario ed opportuno fermare questo processo di militarizzazione, non fosse altro per evitare che aumentino a dismisura i casi di corruzione e di casi di abuso (vedi G8, Cucchi, Gugliotta, ecc.).

Senza rivoluzioni, scioglimenti e stravolgimenti vari, si potrebbe pensare di creare un ordinamento (militare o meno) “ad hoc” che possa in qualche modo rappresentare un giusto compromesso tra quello che sta prendendo forma per le Forze Armate e quello adottato per le Forze di polizia civili, come fatto in Spagna per la Guardia Civil ed in Francia per la Gendarmerie.


GIANLUCA TACCALOZZI
Presidente Direttivo Nazionale Ficiesse
g.taccalozzi@ficiesse.it


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