ANALISI DELLA MANOVRA SUI DIPENDENTI PUBBLICI, UNA PERDITA SECCA SUI VALORI DEGLI STIPENDI CON EFFETTI FINO AL TERMINE DEL RAPPORTO DI SERVIZIO - di Daniele Tisci ed Eliseo Taverna
Pubblichiamo di seguito un intervento di Daniele Tisci ed Eliseo Taverna sugli effetti della manovra nei confronti dei dipendenti pubblici. Il titolo è della redazione del sito.
La manovra è racchiusa nelle dichiarazioni rilasciate la scorsa settimana da Emma Marcegaglia. Il Presidente di Confidustria, ha giudicato la manovra insufficiente: “Bene i Tagli, ma mancano le riforme strutturali” ed ha suggerito al Governo anche la vera ricetta per venir fuori dalla contingenza economica: “diciamolo chiaro: la politica dà occupazione a troppa gente in Italia, ed è l’unico settore che non conosce né crisi né cassa integrazione”, ed ancora “nessuna fornitura ed appalto deve più avvenire senza una gara pubblica. Basta con lavori e commesse ad amici e compari a prezzi gonfiati”.
Siamo totalmente d’accordo con la Marcegaglia, a parte un piccolo particolare: una riforma strutturale nella manovra finanziaria c’è, è quella operata sui salari dei dipendenti pubblici, sui quali, con il solo congelamento dei contratti, si avrà una perdita secca sul valore degli stipendi che produrrà i suoi effetti addirittura fino al termine del rapporto di servizio (gli aumenti salariali si sommano ai precedenti ed ai successivi).
Inoltre, appare chiaro che la manovra, generando minori entrate, per persone spesso già al limite della sufficienza, produrrà un ulteriore peggioramento della pensione in una situazione già di per sé resa grave (ed iniqua) dall’incolmabile buco quindicennale costituito dal mancato avvio della previdenza complementare.
Ma per essere precisi, la manovra finanziaria, ha previsto non solo il congelamento dei contratti per un triennio, ma anche tutta una serie di misure che se non dovessero essere emendate in fase di conversione del Decreto Legge, ridurranno a colpi d’ascia le retribuzioni del personale appartenente al comparto, con penalizzazioni spesso non ispirate a criteri oggettivi e generalisti ma connesse alla carriera del singolo individuo.
La manovra prevede infatti:
1. trattamento principale/accessorio:
• art. 9, comma 17: mancato rinnovo del contratto relativo al triennio 2010-2012, senza possibilità di recupero futuro. È fatta salva l'erogazione dell' indennità di vacanza contrattuale;
• art. 9, comma 1: il trattamento economico complessivo, ivi compreso il trattamento accessorio, dei dipendenti pubblici, anche di qualifica dirigenziale, negli anni dal 2011 al 2013 non può superare in ogni caso quello in godimento nel 2010. È fatta salva la corresponsione dell'indennità di vacanza contrattuale per il personale contrattualizzato;
• art. 9, comma 2: a decorrere dal 1 gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013, i trattamenti economici complessivi sono ridotti del 5%, per la parte eccedente 90.000 euro e fino a 150.000 euro, e del 10 %, per la parte eccedente i 150.000 euro. La riduzione non opera ai fini previdenziali;
• art. 9, comma 21: blocco senza possibilità di recupero dei meccanismi automatici di adeguamento della retribuzione del personale non contrattualizzato e non validità degli anni 2011 – 2013 per la maturazione degli scatti e classi.
Per tutto il personale (contrattualizzati e non), efficacia ai fini esclusivamente giuridici delle progressioni di carriera, comunque denominate, intervenute negli anni 2011, 2012 e 2013.
Tradotto in parole semplici, gli effetti degli articoli sopra riportati produrranno delle perdite economiche che nel triennio potrebbero essere quantificate all’incirca nei seguenti importi:
• mancato rinnovo del contratto: considerando in via prudenziale che negli ultimi tre contratti l’aumento medio, al lordo delle imposte, si è aggirato intorno ai 90 euro mensili e considerando la copertura per il primo anno contrattuale con la sola vacanza contrattuale a circa 15 euro mensili, la perdita nel triennio 2010-2012 è misurabile in circa 2500 € medi lordi procapite.
• Soglia del trattamento economico complessivo in godimento nel 2010: Premettiamo che la norma necessita di un’interpretazione da parte degli uffici competenti che chiarisca cosa realmente deve intendersi per “trattamento economico complessivo”.
La stessa sembra porsi come una clausola di salvaguardia del costo totale delle retribuzioni in grado di determinare, di per sé, la spesa massima del personale del pubblico impiego nel triennio 2011-2013, in misura non superiore a quella dell’anno 2010.
In base a tale lettura la soglia di spesa potrebbe essere letta in quella determinata nel CUD del singolo dipendente.
Una norma di tal genere produrrà effetti paradossali e devastanti sulle singole figure. Si pensi all’appartenente al Corpo che nel 2010 percepisce una retribuzione del solo trattamento principale a causa, ad esempio, della frequenza di un corso. Detto personale, una volta rientrato nel servizio operativo, potrebbe patire la soglia venutasi a determinare per effetto degli incarichi svolti nell’anno 2010 che determinerà a sua volta il mantenimento, per il triennio successivo, di una retribuzione non superiore a quella percepita nell’anno 2010, creando degli effetti di dubbia costituzionalità.
Immaginiamo anche gli effetti che produrrà su coloro che in questi anni matureranno il diritto a percepire l’assegno funzionale.
• Riduzione del 5% e del 10% sulle retribuzioni eccedenti i 90mila ed i 150 mila euro: sulla parte eccedente i redditi superiori i limiti sopra riportati si opera la riduzione del 5 e del 10%. La norma troverà applicazione, di fatto, per il personale non contrattualizzato.
• blocco automatismi di adeguamento della retribuzione e non maturazione degli scatti e classi (personale non contrattualizzato): la norma produce il blocco degli automatismi annuali di rivalutazione delle retribuzioni (all’incirca pari al 4%) e degli scatti e classi biennali (pari all’incirca al 6%) cui è soggetto il personale dirigente.
• efficacia ai fini esclusivamente giuridici delle progressioni di carriera: Nel triennio 2011-2013 il personale che transita a qualsiasi titolo ad un grado superiore non percepisce il relativo beneficio economico. A titolo di esempio, si riporta la figura di un finanziere, che a seguito della frequenza del corso per AA.MM. perderà (come da tabella riportata in calce), transitando nel grado di Maresciallo ai soli fini giuridici e senza possibilità di recupero, circa 490 euro lordi mensili, pari ad oltre 19.000 € lordi nel triennio.
Grado Parametro Importo mensile lordo Indennità mensile pensionabile
Maresciallo 120.75 1657.29 692.00
Finanziere 101.25 1389.66 467.90
Differenza ========= 267.63 224.1
Totale mensile lordo 491.63
(tabella parametri stipendiali, DPR11/09/2007 n. 170 - D.L. 01/10/2007 n. 159)
2. missioni all’estero:
• art. 6 comma 12: dalla data di entrata in vigore del decreto (1 giugno 2010) non è più dovuta la diaria di missione all’estero, ad eccezione delle missioni internazionali di pace. Con ulteriore decreto interministeriale dovranno essere fissati i limiti concernenti il rimborso delle spese di vitto e alloggio; la norma elimina la corresponsione delle diarie di missione all’estero per il personale che a qualsiasi titolo, con esclusione delle missioni internazionali di pace, si reca all’estero per servizio.
3. riordino delle carriere:
• art. 9, comma 30: fissazione della decorrenza di un ipotetico riordino delle carriere a partire dal 1 gennaio 2011, assistito dallo stanziamento annuo di 119 milioni di euro disposto dall’art. 3, comma 155, della legge 350/2003. Recupero al bilancio dello Stato delle somme sino ad ora stanziate e non impegnate, pari a circa 770 milioni di euro; la norma dal tenore positivo, si traduce in sostanza nella decurtazione al comparto delle risorse accantonate dal 2003 per il riordino delle carriere. La norma inoltre riassegna 119 mln di euro strutturali a partire dal 2011.
4. indennità di comando:
• art. 9, comma 35: obbligo di individuare i percettori dell’indennità di comando terrestre nei limiti degli stanziamenti previsti dall’art. 52, comma 3, del d.p.r. n. 164/2002, con conseguente impossibilità di corrisponderla alla stragrande maggioranza di coloro che sono stati individuati nella bozza di decreto predisposta a seguito dei ricorsi intentati; Gli appartenenti al Corpo, a cui sarebbe spettato il compenso sulla base degli elenchi degli “incarichi di comando” redatti dal Comando Generale in relazione alle previsioni normative di cui all’art. 52 del DPR 164/2002, erano circa 7400, per una spesa totale di circa 9,5 mln di €.
Il protrarsi dell’inadempienza della parte pubblica, che dal lontano 2002 avrebbe dovuto corrispondere l’indennità, aveva generato nel tempo un contenzioso pari a circa 3000 ricorsi amministrativi e giurisdizionali, la maggior parte dei quali non lasciavano spazio ad ulteriori appelli da parte dell’Amministrazione. La norma in esame ha riformato in pejus le previsioni normative originarie, determinando di fatto la spettanza dell’indennità ad un numero notevolmente minore di figure. A seguito di tale norma il Comando Generale dovrà rielaborare un nuovo elenco di incarichi che avranno diritto all’indennità, tenendo conto dello stanziamento iniziale pari a soli 1,25 milioni di euro. Ciò comporterà, come avevamo paventato nei mesi scorsi, che a diverse migliaia di potenziali percettori non verrà più corrisposta l’indennità in parola.
5. Pensioni e previdenza:
• art. 12, commi 1 e 2: per coloro che maturano il requisito per l’accesso al pensionamento, per vecchiaia o anzianità, nel corso del 2011, il diritto al trattamento pensionistico decorre trascorsi 12 mesi dopo la maturazione del requisito;
• art. 12, comma 7: corresponsione dell’indennità di buonuscita in unico importo se pari o inferiore a euro 90.000 (lordi), in due importi annuali se compresa fra 90.000 e 150.000 (la prima rata di 90.000, la seconda a saldo), in tre importi annuali se superiore (90.000 il primo anno, 60.000 il secondo, saldo al terzo). La disposizione in parola non si applica ai collocamenti a riposo per raggiunti limiti di età e alle posizioni derivanti da domande di cessazione dall’impiego presentate e accolte prima dell’entrata in vigore del decreto (1 giugno 2010), a condizione che la cessazione dall’impiego avvenga entro il 30 novembre 2010. L’accoglimento della domanda determina l’irrevocabilità della stessa;
• art. 12, comma 10: per le anzianità contributive maturate a decorrere dal 1 gennaio 2011, i trattamenti di fine servizio sono calcolati secondo la meno favorevole regola dell’art. 2120 c.c., con l’applicazione di un’aliquota del 6,91%;
In materia di previdenza la manovra determina, per il personale che matura il diritto alla pensione a partire dal 1 gennaio 2011, lo slittamento di un anno dalla maturazione del diritto.
Al personale che ha presentato domanda di quiescenza anteriormente al 1 giugno 2010 - a condizione che sia posto in quiescenza prima del 30 novembre 2010 – verrà corrisposto il trattamento di fine servizio in unica soluzione.
La norma, inoltre, applica al TFS dei dipendenti pubblici (salvaguardando l’anzianità maturata fino al 31.12.2010) il sistema di calcolo adottato per il TFR. Da una prima interpretazione sembra tuttavia che la “buonuscita” dei dipendenti pubblici - ancorché assimilata nei conteggi a quella dei dipendenti privati - rimarrà imputabile come TFS. Ciò, ovviamente, continuerà ad escludere la possibilità di chiedere il previsto anticipo al datore di lavoro.
Il passaggio del TFS al TFR comporterà una liquidazione meno vantaggiosa soprattutto per coloro che hanno, nel corso degli anni, una rilevante progressione di carriera. Infatti, mentre il TFS viene determinato prendendo come riferimento l’ultima retribuzione, moltiplicata per gli anni di servizio prestati, più gli anni di supervalutazione (riscatto). Mentre, per il calcolo del TFR si provvede all’accantonamento di una quota annuale (quota pro-rata) pari al 6,91% dello stipendio annuo lordo, compresa la tredicesima mensilità. Successivamente al 31 dicembre di ogni anno, il datore di lavoro rivaluta il fondo complessivo accantonato negli anni precedenti con un tasso di rivalutazione composto da una voce fissa (1,5%) ed una variabile (75% dell’aumento del costro della vita calcolata dall’ISTAT). Rimane, inoltre, da valutare eventuali differenze in merito all’imposizione fiscale.
6. Varie:
art. 2 comma 1, a decorrere dal 2011, taglio lineare del 10% delle dotazioni di bilancio delle Amministrazioni;
art. 6 comma 8, a decorrere dal 1° Luglio 2010, l’organizzazione di eventi celebrativi e cerimonie - anche da parte delle Forze Armate o di Polizia - è subordinata all’autorizzazione del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro competente. Il personale che vi partecipa è da considerarsi non in servizio e, pertanto, non ha diritto a percepire compensi per lavoro straordinario, indennità a qualsiasi titolo, né a fruire riposi compensativi;
art.9 comma33, a partire dal 2011 diventa strutturale il contributo al F.A.F., ottenuto, a suo tempo, grazie ad un’ azione costante del Co.Ce.R. e legato al recupero derivante dalla lotta all’evasione fiscale.
Detto questo, non può ritenersi non grave che la manovra, per cercare consenso tra i cittadini, giochi a scaricare le colpe del cattivo funzionamento della cosa pubblica sui dipendenti, vittime di un sistema cronicamente vicino al collasso strutturale che spesso si regge proprio sulla forza di volontà dei singoli lavoratori.
Le colpe sono sì da ricercarsi nel pubblico, ma nelle vesti di chi cura la gestione della cosa pubblica. Soggetti, purtroppo, sempre più spesso, mossi da fini personalistici piuttosto che da interessi che riguardano l’intera collettività.
Possiamo dire, invece, che come comparto sicurezza-difesa abbiamo sempre dimostrato una grande disponibilità al dialogo con le parti politiche ed un alto senso di responsabilità, nonostante i continui insulti del Ministro Brunetta.
Siamo andati incontro al Governo quando (coda contrattuale del biennio economico 2006-2007) abbiamo partecipato con le nostre risorse contrattuali all’adeguamento dell’ora di straordinario, all’elevazione del buono pasto da 4,65 € a 7 € ed al pagamento di 4,5 mln di euro per una norma (quella sui giorni di malattia del personale) che trovò applicazione al nostro comparto per soli 6 mesi per l’indisponibilità alle trattative mostrata dal Ministro Brunetta.
Ma ora è troppo, non si può fare cassa solo sui dipendenti pubblici, ed in particolar modo sugli appartenenti al comparto difesa e sicurezza che in questo Paese, insieme ai dipendenti privati ed ai pensionati, sono il vero pilastro delle entrate fiscali.
Rifugiamo da ogni banale ed inutile qualunquismo, ma ci teniamo ad affermare che uno “Stato di Polizia Tributaria” è quello ove vige la buona usanza di pretendere che tutti i consociati concorrano “alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”, dove l’evasione fiscale è considerata un reato più grave del furto o della rapina, perché si pone a danno dell’intera società determinando l’incapacità per gli Enti locali e lo Stato centrale di garantire una serie di servizi, che anche quando non sono primari, determinano in positivo o in negativo le condizioni di vita di un’intera comunità. Uno “Stato di Polizia tributaria” è l’America, dove negli anni ’30 il malavitoso “Al Capone”, è stato assicurato alla giustizia grazie a 23 capi d’accusa inerenti il reato di evasione fiscale. Un crimine tuttora ritenuto più grave di molti altri.
Non dimentichiamo che il fine di uno Stato è quello di assicurare la pacifica convivenza tra i consociati attraverso l’equa condivisione dei costi e dei benefici.
DANIELE TISCI
ELISEO TAVERNA
Delegati Co.Ce.R. Guardia di Finanza - X Mandato