MANOVRA FINANZIARIA, LA POSIZIONE DEL COCER GDF: LA MANOVRA È INIQUA, ECCO L’ELENCO DEI PRINCIPALI EFFETTI NEGATIVI CHE AVRÀ SUGLI APPARTENENTI AL COMPARTO SICUREZZA E DIFESA

sabato 12 giugno 2010

MANOVRA FINANZIARIA, LA POSIZIONE DEL COCER GDF: LA MANOVRA È INIQUA ED ECCO L’ELENCO DEI PRINCIPALI EFFETTI NEGATIVI CHE AVRÀ SUGLI APPARTENENTI AL COMPARTO SICUREZZA E DIFESA

Allegato n. 01
alla delibera 03/186/10°

COMANDO GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA
Consiglio Centrale di Rappresentanza
Viale XXI Aprile, 51 – 00162 Roma – Tel 06/44222631 – Fax 06/44222633

 

POSIZIONE IN MERITO AL DECRETO LEGGE 31 MAGGIO 2010, n. 78: “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”.

 

1. ASPETTI GENERALI.
Si è assolutamente coscienti che la situazione economica del Paese e quella internazionale richiedono uno sforzo da parte di tutti per superare la difficile congiuntura.
I finanzieri sono pronti a dare il proprio contributo con equità e giustizia.
Infatti vorrebbero che il contributo fosse richiesto nel rispetto del principio costituzionale di capacità contributiva previsto dall’art.53 della nostra Costituzione, atteso che, pur sotto altra forma, le misure previste assumono di fatto tutti i connotati di un prelievo impositivo sulle retribuzioni da lavoro dipendente.
Di contro, il decreto legge n. 78 del 31 maggio 2010 oltre a contenere misure fortemente penalizzanti per il personale della Guardia di Finanza rispetto ad altre categorie di dipendenti pubblici, determina anche effetti sperequativi fra le posizioni dei singoli appartenenti al Corpo, tali da indurre il dubbio sulla legittimità di talune norme contenute nella manovra.
Del resto, è a tutti noto che i finanzieri non hanno retribuzioni ricche, soprattutto se rapportate alle responsabilità che assumono, all’impegno incondizionato e alla mobilità loro richiesti, alla limitazione della sfera dei diritti personali cui sono sottoposti.
In altre parole, non possono essere considerati dei privilegiati, ma nonostante questo, ora devono farsi carico, unitamente agli altri dipendenti pubblici, dei sacrifici richiesti per fronteggiare la crisi del bilancio statale. Ciò posto, non si può sottacere che proprio in una situazione eccezionale come quella che si sta configurando, provvedimenti che incidono pesantemente sui bilanci familiari trovano condivisione solo se sono connotati da equità, ossia attraverso una distribuzione appropriata dei sacrifici fra tutti i cittadini.
Non sfugge, invece, che la manovra colpisce con forza le retribuzioni di cittadini che svolgono delicate ed indispensabili funzioni pubbliche, i quali hanno, nel corso degli ultimi anni, pesantemente subito la perdita del loro potere d’acquisto e che, insieme ai redditi privati da lavoro dipendente, sostengono per larga misura le entrare fiscali.
È nell’esperienza comune che negli anni scorsi, mentre gli stipendi dei dipendenti pubblici e privati, subivano una crescita molto inferiore all’inflazione reale, prezzi e tariffe iniziavano un’inarrestabile corsa al rialzo, determinando un marcato spostamento nella ripartizione della ricchezza del Paese. Spostamento che certamente non è estraneo alle cause della crisi che oggi viviamo, se non altro perché quella ricchezza si è trasformata in redditi che in larga misura possono sfuggire al fisco, come si evince dai risultati dello scudo fiscale e dell’attività di contrasto all’evasione internazionale.
Inoltre, si segnala che al di là della lotta all’evasione fiscale e della razionalizzazione del bilancio pubblico che in questa, come in altre manovre, trovano ampio spazio, è ormai giunto il momento in cui tutti devono sentire il dovere morale di essere cittadini di questo Stato, concorrendo alle spese pubbliche secondo la loro capacità contributiva.
Nondimeno, si reputa che senso di responsabilità, equità, trasparenza e passione per la cura dell’interesse dell’intera collettività deve connotare l’amministrazione della cosa pubblica.
Se ciò non avverrà, il nostro continuerà ad essere un Paese profondamente ingiusto.

2. CONSIDERAZIONI IN MERITO ALLE NORME CONTENUTE NEL TESTO.
Non è certamente sostenibile un’interpretazione letterale e restrittiva dell’art. 9, comma 1, secondo cui il trattamento economico complessivo, ivi compreso il trattamento accessorio, dei singoli dipendenti pubblici, anche di qualifica dirigenziale, negli anni dal 2011 al 2013 non può superare in ogni caso quello in godimento nel 2010 (fatta salva la corresponsione dell'indennità di vacanza contrattuale per il personale contrattualizzato) se non accettando la realizzazione di effetti veramente singolari.
Infatti, laddove si ritenesse che il parametro da prendere a base per stabilire il limite fosse il reddito da lavoro dipendente da ciascuno percepito nel 2010, potrebbero verificarsi situazioni del tipo: un finanziere nel corso del 2010 svolge compiti di ufficio e nel 2011 viene assegnato a compiti operativi comportanti l’erogazione di indennità accessorie correlate al particolare tipo di impiego e/o la percezione di compensi maggiori per lavoro straordinario, missione fuori sede ecc. Egli non potrebbe percepire quanto di sua spettanza in quanto non vi sarebbe capienza rispetto al tetto massimo fissato dalla norma.
Gli effetti sperequativi appaiono viepiù evidenti se si prende in considerazione il combinato disposto della norma appena citata con il successivo art. 9, comma 21 .
Si pensi:
 a un ispettore/finanziere che nel 2010 abbia superato il concorso per il passaggio nel ruolo ufficiali e che nel medesimo anno avvii il relativo corso che si conclude nel 2011, anno nel quale la persona viene promossa e assegnata al comando di un reparto. L’interessato assumerebbe il nuovo incarico mantenendo la sua retribuzione da ispettore/finanziere;
 a due allievi marescialli, uno proveniente dai civili e uno proveniente dal ruolo sovrintendenti che concludono il loro ciclo formativo presso la Scuola Ispettori nel 2011: il primo sarebbe assegnato al reparto con la retribuzione da allievo, il secondo con quella da sovrintendente, ma nessuno dei due con quella da ispettore, la quale sarebbe loro attribuibile solo a partire dal 2014, dopo tre anni di svolgimento delle relative mansioni con retribuzioni tra di loro differenziate;
 un appuntato/ispettore che maturi nel 2011 il requisito di anzianità di servizio utile per la percezione dell’assegno funzionale (emolumento spettante al raggiungimento senza demerito di determinati livelli di anzianità di servizio) non avrebbe lo stesso trattamento del collega che ha maturato il requisito in parola nel 2010;
 ad un ufficiale che venga promosso a scelta nel 2011 e assuma il relativo grado, venendo posto al comando di un reparto. Lo stesso, a parità di grado, funzioni e responsabilità, avrebbe una retribuzione inferiore al collega promosso nel 2010 o a quello che lo sarà nel 2014.
I casi soprariportati sono solo delle esemplificazioni, molto lunga sarebbe, infatti, la lista completa delle distorsioni che l’applicazione della norma comporta su organizzazioni gerarchico funzionali come le Forze di Polizia e le Forze Armate, le cui dinamiche interne di progressione nei ruoli e nei gradi, strettamente connesse all’impiego del personale presso le unità organiche, sono regolate da stringenti norme di legge.
In altri termini, l’applicazione della norma, oltre a determinare le disparità di trattamento in parola, mina alla base il funzionamento delle organizzazioni, ponendosi in palese contraddizione con la sua logica.
Altresì, la norma penalizza fortemente il merito.
Un secondo profilo di irragionevolezza deriva dalla misura del danno arrecato ai singoli appartenenti alle Forze di Polizia e alle Forze Armate rispetto al sacrificio richiesto ad altri dipendenti pubblici che percepiscono redditi ben maggiori.
La dinamica delle carriere degli appartenenti al comparto Sicurezza-Difesa, come accennato, è regolata da precise norme di legge, che prevedono un andamento per scaglioni delle retribuzioni. Tali scaglioni sono legati all’anzianità di grado/servizio e al superamento favorevole di selezioni ai fini dell’avanzamento tra ruoli o nell’ambito del medesimo ruolo.
Gli appartenenti alle Forze di Polizia e alle Forze Armate che nel triennio 2011-2013 matureranno il requisito per lo scaglione successivo vedranno penalizzate le loro retribuzioni in termini, assoluti e in percentuale rispetto al reddito percepito nel 2010, di gran lunga superiori agli altri appartenenti al pubblico impiego, le cui dinamiche di incremento retributivo sono preminentemente legate alla contrattazione. In altri termini, al netto degli aumenti correlati ai rinnovi contrattuali o agli adeguamenti automatici delle retribuzioni che vengono bloccati per tutti i dipendenti pubblici (compresi poliziotti e militari) dal d.l. 78/2010, mentre a un dirigente pubblico con 160.000 euro di reddito viene richiesto un sacrificio annuo di 4000 euro (il 5% da 90.000 a 150.000 e il 10% da 150.000 a 160.000) – pari al 2,5% del suo reddito in godimento nel 2010 -, per gli appartenenti al comparto, anche non dirigenti, possono registrarsi decurtazioni fino al 25-30% del loro reddito. La perdita, inoltre, produce in prospettiva anche pesanti effetti sotto il profilo previdenziale, mentre questo non avviene per le decurtazioni relative ai redditi superiori a 90.000 e 150.000 euro .
Da considerare anche che il periodo 2011-2013 viene completamente reso inefficace ai fini della maturazione delle classi e degli scatti stipendiali dei dirigenti del comparto, determinandosi un’ulteriore sperequazione rispetto a quanto previsto dal decreto per i magistrati.
L’art. 9, comma 22, infatti, stabilisce per questi ultimi particolari meccanismi che determinano comunque la valorizzazione, ai fini retributivi e previdenziali, di tale triennio a decorrere dal 2014, mentre ciò non viene previsto per il personale del comparto con conseguenti effetti negativi sulle retribuzioni a regime e sul trattamento pensionistico in prospettiva.
Ulteriore punto di criticità è costituito dalla nuova norma in materia di calcolo del trattamento di fine servizio . Estendendosi, infatti, il meno favorevole meccanismo di calcolo previsto per il TFR senza ulteriori disposizioni che disciplinino anche gli altri aspetti connessi al passaggio al nuovo regime (inclusione nella base di calcolo di tutti gli emolumenti retributivi, introduzione della previdenza complementare), si è data una soluzione frettolosa e superficiale a complesse e delicate questioni, vitali per le prospettive future di intere generazioni. Peraltro tale soluzione era stata normativamente rimessa al confronto con le rappresentanze del personale (cfr. d.p.r. n. 254/1999). Tale confronto non ha mai sino ad ora prodotto effetti concreti, nonostante le richieste in tutti questi anni costantemente avanzate alle autorità di governo, per l’indisponibilità da queste mostrata a individuare le soluzioni tecniche atte a garantire un’adeguata tutela delle giovani generazioni.
C’è poi da tenere in conto la tematica del riordino delle carriere. Lo stanziamento annuale assentito dalla legge n. 350/2003 a decorrere dal 2004 è risultato infatti assolutamente esiguo per procedere ad una manovra di portata adeguata rispetto ai problemi da risolvere. Nonostante questo, non solo non si è proceduto nella direzione dovuta, ma paradossalmente ci si è appropriati di queste risorse destinate al personale del comparto, che da sole coprono circa il 7% dell’intera manovra per il 2011, in ciò determinando un’ulteriore ingiustizia.
Un ulteriore profilo foriero di ingiustificate sperequazioni è quello riconnesso alla soppressione della diaria di missione all’estero, salvaguardata esclusivamente per il personale che partecipa alle missioni internazionali di pace. Non si comprende la ratio di una norma che porta al verificarsi di situazioni in cui il personale inquadrato in un contingente militare in Afghanistan riceverebbe un tale emolumento mentre quello che vi fosse inviato per svolgere indagini sul traffico internazionale di stupefacenti non godrebbe di analoga previsione.
Altra questione cui si è inteso dare una soluzione ingiusta è quella relativa alla corresponsione dell’indennità di comando “terrestre” al personale delle Forze di polizia. Tale indennità, già percepita da oltre un ventennio dal personale delle Forze armate, è stata estesa agli appartenenti alle Forze di polizia con il D.P.R. n. 164/2002, ma da allora non è mai stata effettivamente corrisposta per il diniego a fornire la relativa copertura finanziaria. Ciò ha determinato un lungo contenzioso che ha visto soccombere ripetutamente ed in tutti i gradi di giudizio le Amministrazioni, giungendosi addirittura alla nomina di commissari ad acta. L’empasse non più sostenibile viene ora risolta con un a norma interpretativa ad effetto retroattivo , che di fatto impedisce l’erogazione dell’emolumento a tutti coloro che effettivamente svolgono le funzioni per le quali lo stesso dovrebbe essere attribuito.

3. CONCLUSIONI.
Le situazioni innanzi sinteticamente illustrate rappresentano taluni degli effetti distorsivi che l’approvazione senza modifiche della manovra potrebbe determinare: si è infatti tralasciato l’esame di ulteriori aspetti che comportano effetti negativi, anche di assoluto rilievo, sul personale ma che comunque riguardano la generalità dei dipendenti pubblici:
 congelamento dei rinnovi contrattuali e di meccanismi di adeguamento annuale delle retribuzioni;
 rateizzazione dell’indennità di buonuscita.
 ulteriori riduzioni degli stanziamenti di bilancio per il funzionamento delle Amministrazioni che determinano, come naturale, il peggioramento delle condizioni di lavoro dei dipendenti.
In definitiva, da un lato una applicazione corretta del principio di specificità dovrebbe portare all’esclusione dalla manovra del personale del comparto.
Dall’altro, è chiara l’esigenza di rimuovere profili maggiormente sperequativi del decreto, evitando che il personale del comparto diventi vittima della sua “specificità”, cioè che un’impostazione della manovra che non tiene conto dei peculiari connotati che regolano le sue carriere finisca per penalizzarlo in modo spropositato rispetto ad altri e mini il funzionamento stesso delle Forze di Polizia e delle Forze Armate. Ciò proprio nel momento in cui, per l’ennesima volta, vengono richiesti impegni straordinari per il perseguimento di prioritari obiettivi del Paese quali la lotta all’evasione fiscale, alla criminalità organizzata ed al terrorismo internazionale.
In tale quadro, risulta indispensabile quanto meno:
 accedere ad un’interpretazione dell’art.9, comma 1, tale da evitare effetti paradossali quali quelli sopra richiamati;
 escludere il personale del comparto dalle misure di cui all’art. 9, comma 21, che pregiudicano la valorizzazione economica delle promozioni conferite nel triennio 2011-2013 ed introdurre meccanismi similari a quelli già previsti per i magistrati (cfr. art.9, comma 22);
 escludere il personale del comparto dall’applicazione dell’art. 12, comma 10, e riprendere al più presto il confronto per l’avvio della previdenza complementare;
 estendere la deroga relativa alla corresponsione della diaria di missione all’estero (oggi prevista solo per le missioni internazionali di pace) anche a tutte le missioni del personale delle Forze di Polizia e delle Forze Armate;
 ripristinare la piena disponibilità delle risorse assentite per il riordino delle carriere per le annualità dal 2004 al 2010;
 espungere la norma di interpretazione concernente l’indennità di comando “terrestre” (art. 9, comma 35).

Roma, lì 9 giugno 2010

IL COCER DELLA GUARDIA DI FINANZA

 


Tua email:   Invia a: