MANOVRA, QUANDO SI TOCCANO GLI STIPENDI EMERGE L’INEFFICACIA DELLE ATTUALI TUTELE: COSA PUÒ FARE DI CONCRETO CIASCUNO DI NOI PER CAMBIARE LE COSE – di Gianluca Taccalozzi

martedì 15 giugno 2010

MANOVRA, QUANDO SI TOCCANO GLI STIPENDI EMERGE L’INEFFICACIA DELLE ATTUALI TUTELE: COSA PUÒ FARE DI CONCRETO CIASCUNO DI NOI PER CAMBIARE LE COSE

La manovra economica ha messo pesantemente le mani nelle tasche dei militari alla faccia di chi, ancora qualche giorno fa, credeva che la c.d. “specificità” avesse messo al riparo il comparto sicurezza e difesa dai tagli previsti per il resto del pubblico impiego.

Oggi 450mila poliziotti e soldati si sentono presi in giro da un Governo che con una mano (La Russa) comprime ulteriormente i diritti dei militari dopo aver promesso vantaggi economici e previdenziali e con l’altra (Tremonti/Brunetta) taglia indiscriminatamente le retribuzioni.

Magari in sede di conversione il DL 78 sarà modificato e saranno aggiustate le gigantesche iniquità e gli evidenti profili di incostituzionalità che il provvedimento presenta, ma, posto che i saldi (e i soldi) non potranno essere modificati, il dato finale rimarrà lo stesso: il comparto non è affatto specifico, almeno per quanto riguarda tagli e sacrifici.

Il malcontento monta in tutti gli uffici di polizia ed in tutte le caserme ma, mentre i poliziotti civili si rivolgono ai sindacati, che si stanno facendo sentire (tanto che l’esclusione dal blocco del biennio 2008-09 è stata ottenuta a seguito della loro protesta), i militari sono disorientati e preoccupati e solo ora (qualcuno direbbe finalmente!!) avvertono quanto sia penalizzante non avere i diritti sindacali in un paese come il nostro, dove il potere corporativo incide in maniera spesso decisiva sulle scelte politiche.

A margine di una manovra come quella appena varata, che investe sotto il profilo economico pressoché indistintamente tutti i militari, l’interesse e la sensibilità verso i diritti e le tutele è risalita esponenzialmente, tanto che qualche autorevole commentatore (vedi http://www.ficiesse.it/news.php?id=4006) avverte che questo scenario porterà inevitabilmente all’avvento del sindacato militare. Il militare medio, infatti, un po’ per una preconcetta avversione verso il sindacato ed un po’ per ignoranza e disinformazione, prende coscienza dell’importanza dei diritti solo quando ha qualche problema disciplinare, di carriera, di trasferimenti e/o soprattutto, di carattere economico.

Non è un caso che negli anni ’90, quando i carabinieri chiesero con forza l’equiparazione economica e giuridica ai poliziotti appena smilitarizzati (meglio pagati e più tutelati) si pensò bene di negare loro i diritti sindacali concedendo però l’equiparazione economica e di carriera. Risultato: interessi economici materiali ed immediati soddisfatti e proteste placate.

Oggi c’è chi si rivolge alla rappresentanza, chi alle associazioni civiche come Ficiesse e chi agli stati maggiori, avanzando sempre le medesime richieste e le medesime esortazioni: allora, che si fa? quali iniziative state organizzando? E via di questo passo.

È evidente (oltre che giusto e opportuno) che nessuna delle tre strade dispone delle forme di protesta eclatanti attraverso le quali altri lavoratori possono esercitare le più forti pressioni su politica ed opinione pubblica. La rappresentanza militare, nonostante la buona volontà di molti delegati, è uno strumento monco e obsoleto; le associazioni ed i siti specializzati devono limitarsi ad attività di informazione e di proposta, certamente meritorie, ma che non hanno nulla di sindacale; i dirigenti di vertice degli stati maggiori si limitano alla sommessa rappresentazione delle esigenze ma, se vogliono continuare le loro carriere, non possono non seguire le decisioni delle autorità di governo.

È altrettanto vero però che al momento le strade percorribili sono solo queste, non solo per dare voce alla contrarietà verso gli iniqui ed ingiusti tagli contenuti nel DL 78/2010, ma anche e soprattutto per ottenere quegli strumenti che un domani potranno permettere di tutelare retribuzioni e diritti.

Quindi, perché non provare a seguire ogni percorso, ogni strada possibile e dare sostegno A CHIUNQUE in ogni modo e nei propri limiti si adopera per questo, senza lasciare che vinca l’atteggiamento del “tanto non cambierà nulla” o, ancor peggio, quello dell’ “armiamoci e partite”.

Ma con tutte queste limitazioni, bisogna rassegnarsi, o si può fare qualcosa di veramente concreto per migliorare?

Ebbene, oggi, nell’era di internet, ogni singola persona può fare molto, moltissimo, per cambiare in meglio. A cominciare da tre cose davvero importanti:

1) MANTENERSI COSTANTEMENTE INFORMATI, leggendo dai siti di settore e dalla stampa, ciò che accade;

2) FAR SENTIRE LA PROPRIA VOCE,esponendo opinioni, critiche e proposte attraverso lettere ai siti e messaggi nei forum;

3) SOSTENERE CON FORZA LE POSIZIONI CHE CONDIVIDIAMO, rappresentando  apprezzamento e solidarietà agli organismi, ai singoli delegati e ai vertici di cui si condividono le posizioni e sostenendo le associazioni che si impegnano per migliorare iscrivendosi e creando sezioni territoriali.

Non sottovalutiamo queste strade. Sono strumenti che stanno cambiando il mondo.

Ecco perché il motto di J. F. Kennedy “Non chiederti cosa gli altri possono fare per te, ma chiediti cosa puoi fare tu per loro“, dopo cinquant'anni, appare oggi di incredibile attualità. Specialmente per i militari.


GIANLUCA TACCALOZZI
Presidente Direttivo nazionale Ficiesse
g.taccalozzi@ficiesse.it

 


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