IL COCER INTERFORZE SULLA MANOVRA: MISURE INIQUE E SCANDALOSE CHE SONO ANTITETICHE ALLA SPECIFICITA’ DEI MILITARI. ATTENDIAMO RISPOSTE URGENTI PER PREVENIRE IRREGOLARI FORME DI DISSENSO
Pubblichiamo il documento illustrato oggi nel corso della conferenza stampa del CoCeR Interforze.
Consiglio Centrale di Rappresentanza dei Militari
1. PREMESSA
Per la prima volta nella sua storia il COCER interforze tiene oggi una conferenza stampa nella sede istituzionale, in virtù dell’autorizzazione concessa dal Ministro La Russa. Un’autorizzazione che interpretiamo quanto meno come implicito riconoscimento dell’importanza e della delicatezza delle questioni che oggi vogliamo trattare nonché dalla forte preoccupazione e tensione che traspare dal personale del comparto difesa e sicurezza.
Ma perché una conferenza stampa e perché ora?
Il motivo è abbastanza semplice. E’ ormai più di un mese dall’approvazione del Decreto Legge n. 78 che i COCER sottolineano, in tutte le sedi, che il provvedimento è:
in antitesi con la “specificità” del comparto di recente sancita dal Parlamento;
capace di mettere in discussione i meccanismi che assicurano il funzionamento delle Forze Armate e di Polizia, con un’assoluta sottovalutazione degli effetti indotti.
Le ragioni esposte dal COCER sono state oggetto di specifici incontri con i massimi esponenti del Popolo delle Libertà, dell’Unione di Centro e del Partito Democratico, che le hanno condivise, così come sostanzialmente è avvenuto anche per il vertice politico del Dicastero della Difesa.
Nonostante tutto ciò e fatte salve alcune parziali e limitate varianti, ancora nessuna risposta è pervenuta sulle richieste principali. Una situazione pertanto che si mantiene inaccettabile, nonostante gli emendamenti presentati in Commissione Bilancio, i quali non ci consentono ancora di capire che cosa il Governo voglia effettivamente portare avanti.
Ecco allora che, per rimanere all’interno di modi e forme di legge, abbiamo voluto indire questa conferenza stampa considerata anche la dichiarazione del Presidente del Consiglio di volere avocare a se la situazione.
Ci sembra infine doveroso concludere questa premessa sottolineando che siamo assolutamente consci del momento di contingenza del Paese e che, lungi dall’essere una casta, nulla abbiamo mai obiettato e obietteremo circa le disposizioni di carattere generale che colpiranno anche il comparto nonostante la nostra specificità riconosciuta per legge proprio da questo Governo.
Non possiamo però accettare che, per via contabile, si generi confusione nelle nostre organizzazioni, compromettendo finanche la capacità di erogare servizi a favore dei cittadini e che nella ripartizione dei sacrifici non vi sia la giusta equità.
Intendiamo puntare l’attenzione su tre aspetti:
funzionalità dell’erogazione dei servizi;
meritocrazia;
equità sia sotto il profilo stipendiale che previdenziale.
2. FUNZIONALITÀ DEI SERVIZI.
Il principio, stabilito dal decreto legge n.78/2010, per cui ciascun dipendente pubblico, singolarmente considerato, non potrà guadagnare nei prossimi tre anni, più di quanto ha guadagnato nel 2010, non è applicabile al comparto difesa/sicurezza.
Militari e poliziotti hanno una retribuzione in parte fissa ed in altra importante parte legata alla loro operatività effettiva. Per intenderci, lavorare di giorno o di notte, in una festività, in Italia o all’estero, volare, navigare, portare a termine determinati tipi di operazioni con particolari rischi o disagi, comporta compensi diversi. Inoltre, le Forze Armate e di Polizia impiegano il loro personale in modo dinamico, cioè giorno per giorno, sovente richiamando in servizio anche chi ha già concluso il turno, affidano compiti differenti a cui corrispondono i predetti compensi diversi.
La fissazione dei plafond individuali in questione – tra l’altro difficilmente gestibili se non attraverso un considerevole incremento degli adempimenti burocratici (con buona pace dell’efficienza) – genera effetti devastanti sulla funzionalità.
Ad esempio:
il cittadino, che chiami un servizio di emergenza negli ultimi mesi dell’anno, potrebbe sentirsi rispondere che non c’è possibilità di immediato intervento perche gli operatori hanno già esaurito il plafond;
nei prossimi tre anni, nelle missioni estere dovrebbero essere impiegati solo coloro che vi hanno preso parte nel 2010; gli altri non avrebbero capienza. Addio quindi alle indispensabili rotazioni.
Da ultimo va, altresì, evidenziato che la manovra taglia di un ulteriore 10% le dotazioni delle Amministrazioni per le spese di funzionamento, che comprendono l’acquisto e la manutenzione di mezzi e apparati, il carburante e quant’altro serve a lavorare efficacemente e in sicurezza. I tagli complessivamente operati dalle ultime due manovre finanziare ammontano al 35%. Questi tagli si sommano a quelli già subiti in passato.
3. MERITOCRAZIA.
Una delle ragioni che spingono le persone ad entrare a far parte delle Forza Armata o di Polizia sono le prospettive di carriera. Prospettive non vaghe, ma regolate da norme di legge le quali stabiliscono rigidi percorsi basati su costanti valutazioni e dure selezioni. Chi si arruola sa che può giocare le sue carte. Le Forze Armate e di Polizia sono quindi uno dei pochi contesti del nostro Paese in cui anche se non hai alle spalle una famiglia che conta puoi, se vali, andare avanti.
Le Forze Armate e di Polizia sono anche delle organizzazioni piramidali, dove le promozioni di grado sono funzionali alle esigenze dell’Amministrazione e ad esse corrispondono incrementi di responsabilità e retribuzione.
La manovra economica rompe la relazione fra promozione e retribuzione. Facendo salvi solo gli effetti giuridici, si assegnano le responsabilità del nuovo grado, ma non i relativi benefici economici, portando anche nelle Forze Armate e di Polizia una cultura antimeritocratica.
Anche qui gli effetti sono paradossali.
Ad esempio:
un giovane laureato arruolato nel ruolo di base che nel corso dei prossimi anni superasse un concorso interno per il ruolo ufficiali e che venisse assegnato al comando di un reparto al termine dell’apposito corso di studi, assumerebbe il nuovo incarico mantenendo la sua retribuzione iniziale;
due colleghi di pari anzianità che venissero valutati da una commissione d’avanzamento ottenendo uno la promozione e l’altro no, continuerebbero a percepire la medesima retribuzione anche se il promosso nel frattempo fosse stato trasferito ad un incarico superiore.
4. EQUITÀ.
Una manovra è equa se consente ai cittadini di contribuire in ragione della loro capacità economica. C’è da chiedersi se il principio costituzionale sia in questo caso rispettato.
Il Comparto Difesa/Sicurezza subisce, al pari del resto del pubblico impiego, drastici tagli alle proprie retribuzioni.
In più gli vengono sottratti ben 770 milioni di euro derivanti dal pluriennale accantonamento dello stanziamento destinato al riordino delle carriere del personale. Si tratta di un provvedimento lungamente atteso e il cui disegno di legge è in discussione alla Camera dei Deputati.
Non solo, attesa la particolare costruzione delle carriere militari, coloro che nel prossimo triennio dovessero trovarsi in determinate condizioni, essere promossi o maturare scadenze importanti, verranno ad essere penalizzati in modo assolutamente discriminatorio con riferimento anche a dipendenti pubblici con redditi molto più elevati. Considerato che circa il 10% del personale ogni anno è interessato da procedure di avanzamento, si può dedurre che non meno del 30% del personale verrà ad essere colpito, nel triennio, dal blocco delle promozioni.
Alcuni esempi eclatanti:
un appuntato scelto/caporal maggiore in promozione a vice brigadiere/sergente, a causa del mancato rinnovo del contratto e della mancata attribuzione dell’assegno funzionale avrebbe una riduzione annua lorda di circa 3.700 € pari a circa il 13,3% del suo reddito;
un maresciallo capo in promozione a maresciallo aiutante, nelle medesime condizioni dell’appuntato/sergente avrebbe una riduzione annua lorda di circa 3.550 €, pari a circa il 10,20% del suo reddito;
un capitano in promozione a maggiore che maturi anche le altre attribuzioni economiche di pertinenza, vedrebbe una riduzione annua lorda di oltre 13.000 €, pari a circa il 36% del suo reddito.
Per contro, sempre in forza delle disposizioni della manovra, dirigenti pubblici con redditi di:
130.000 €, vedono una riduzione di 2.500 € , pari a circa il 2% della retribuzione;
100.000 €, vedono una riduzione di 500 €, pari a circa lo 0,5% della retribuzione.
Da sottolineare che la norma esclude per queste ultime retribuzioni, riflessi ai fini previdenziali, che si verificano, invece, nei casi sopra evidenziati.
In particolare, si sottolinea che il Comparto difesa/sicurezza contribuisce finanziariamente alla situazione di crisi del Paese (cosi come il pubblico impiego con i provvedimenti sotto indicati)
blocco dei rinnovi contrattuali per le annualità 2011/2013;
blocco degli automatismi stipendiali e delle classi e scatti per le medesime annualità;
blocco delle retribuzioni per le annualità 2011/2013 che non possono superare quelle percepite per l’anno 2010;
rateizzazione del pagamento della buonuscita;
valenza delle promozioni ai soli fini giuridici;
Sotto il profilo previdenziale, la manovra finanziaria prevede un diverso computo dell’indennità di buonuscita per il personale del Comparto in particolare prevedendo al posto del trattamento di fine servizio (TFS - cosiddetta “buonuscita”, tipica del settore pubblico) il trattamento di fine rapporto (TFR - di cui all’art. 2120 del codice civile e quindi istituto tipico del settore privato). Gli effetti sono assolutamente diversi in quanto le indennità corrisposte all’atto della cessazione dal servizio differiscono per le modalità di calcolo e i meccanismi di contribuzione previsti per i potenziali beneficiari.
Ciò premesso è facile dimostrare come si tratti di una norma in antitesi con la specificità riconosciuta al comparto e assolutamente penalizzante.
Innanzi tutto la specificità del comparto non è in discussione, visto che già il D. Lgvo n. 29/1993 ha escluso dalla privatizzazione del rapporto di impiego alcune categorie di dipendenti pubblici, tra cui il personale delle Forze armate e delle Forze di polizia.
Il predetto provvedimento legislativo rinviava la disciplina di tutti i contenuti del rapporto di lavoro (anche di quelli di natura previdenziale/assistenziale) ad uno specifico “contratto” recepito nell’ordinamento con DPCM (per i dipendenti pubblici “contrattualizzati”) o ad un provvedimento normativo, identificato per il Comparto Sicurezza e Difesa nei D.P.R. di recepimento dei provvedimenti di negoziazione/concertazione. In tale contesto si inquadra il rinvio fatto dal legislatore, con la legge n. 335/1995, alla negoziazione/concertazione per il personale del comparto ai fini del passaggio dal TFS al TFR e dell’attivazione dei fondi pensione.
Una specificità confermata con le successive norme con cui è stato introdotto l’assoggettamento obbligatorio dei dipendenti pubblici “contrattualizzati” neoassunti dopo il 31 dicembre 2000 (esclusi quindi i dipendenti “non contrattualizzati”) al TFR. Da tale disposizione risultavano quindi ancora una volta esclusi gli appartenenti al Comparto Sicurezza e Difesa.
Una specificità che infine trova conferma nell’entità del personale del comparto difesa e sicurezza rispetto al globale dei destinatari “non contrattualizzati” (forze armate e forze di polizia, magistrati, avvocati e procuratori dello Stato, docenti e ricercatori universitari, personale appartenente alle carriere prefettizie e diplomatiche, personale delle Camere del Parlamento e della Segreteria della Presidenza della Repubblica). Rispetto al totale infatti, pari a circa 515.000 unità, il personale del Comparto rappresenta circa il 90% del totale dei potenziali nuovi destinatari del TFR, ai sensi dell’art 12 comma 10 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78.
Tra l’altro la norma volutamente crea un ibrido penalizzante per il comparto perché non concede la possibilità di avere in anticipo la buonuscita ed estromette le rappresentanze dalla definizione delle voci retributive utili ai fini del computo. Né risulta possibile una comparazione con i rimanenti dipendenti pubblici stimati in circa 600.000 unità (soggetti in servizio al 31 dicembre 2000 che non hanno optato per il TFR e i fondi pensione). Questi ultimi, tuttavia, hanno avuto la “chance” di aderire ai fondi pensione, avendo a disposizione le “regole del gioco”, inesistenti per Forze armate e Forze di polizia.
In sintesi, la prescrizione in esame, introdotta dal D.L. n. 78/2010, costituisce un’ulteriore pesante penalizzazione proprio a danno dei lavoratori di un Comparto di cui in più provvedimenti (anche di natura pensionistica e previdenziale) è stata ampiamente riconosciuta la specificità.
5. CONCLUSIONI
Il personale delle Forze di Polizia e delle Forze Armate si distingue dagli altri dipendenti pubblici per:
l’incondizionata disponibilità al servizio a favore dei cittadini;
i rischi che è tenuto ad assumere durante la sua operatività;
la limitazione delle libertà individuali cui è soggetto.
In considerazione di ciò e delle ragioni in precedenza esposte, riteniamo di avere sufficientemente spiegato perché chiediamo con forza la modifica di una manovra finanziaria, iniqua e sperequativa per il personale, che incide negativamente sulla funzionalità e quindi sul servizio in termini di sicurezza da dare al cittadino.
Ma vogliamo altresì sottolineare come sulla stessa si sia aperto una sorta di baratto al punto da ipotizzare forme di compensazione interne di cui la più scandalosa, ora ritirata, era quella di un taglio sulle tredicesime.
Su questo aspetto deve essere chiaro che il comparto difesa e sicurezza ha già compensato, ovvero ha pagato un prezzo altissimo, se non il più alto in assoluto, rispetto ad altri settori e non possono essergli richiesti ulteriori sacrifici.
Infatti, il Ministero dell’Economia ha già incamerato, ai fini del saldo della manovra, i circa 770 milioni di euro non strutturali, con una perdita economica media stimata di circa 1500 euro pro capite accantonati per il noto Riordino delle Carriere, per effetto della previsione generale di recupero delle somme relative a leggi finanziate ma non ancora attuate. Risorse, tra l’altro, che si ritengono ancora indispensabili perché finalizzate non solo al personale, ma anche e soprattutto all’efficienza generale della struttura.
Per concludere, riteniamo l’incidenza di questa manovra sul comparto difesa e sicurezza allo stato attuale inaccettabile, anche perché, partendo da un profilo contabile funzionale, stravolge gli schematismi delle strutture interne ed è tale da instaurare un diffuso e crescente malcontento tra il personale in divisa, la cui dignità e il cui spirito di servizio e di sacrificio non è messo in discussione, ma che, proprio per questo e per i limiti costituzionali imposti, dovrebbe avere il riconoscimento ed il rispetto dovuti.
Ecco perché, preso atto della assunzione di responsabilità da parte del Premier sulla manovra, ci attendiamo risposte precise e urgenti anche per prevenire eventuali forme di dissenso al di fuori delle regole.
IL COCER INTERFORZE