INTERVISTA AL MARESCIALLO BOCCASSINI: “IO FINANZIERE TRA I LIBICI, VI RACCONTO LA NOSTRA MISSIONE” (Corriere della Sera)

sabato 18 settembre 2010

Corriere.it - 17 settembre 2010

L'intervista

«Io, finanziere tra i libici, vi racconto la nostra missione»

Il maresciallo Boccassini: mai successo un episodio come quello del motopesca. Tre volte intimato l'alt

ROMA - Domenica sera, quando i suoi compagni sono rientrati dopo la sparatoria in mare, lui era nella base di Sabratha. «Erano molto provati, ma soprattutto sorpresi perché una cosa del genere non era mai accaduta. Sto lì da sette mesi, cioè dall’inizio della missione. E posso assicurare che prima di adesso una cosa del genere non era mai accaduta. Sfido chiunque a smentirmi». Il maresciallo della Guardia di Finanza Cosimo Boccassini ha 44 anni, vive a Molfetta, ma all’inizio dello scorso anno ha fatto domanda per andare all’estero. Ed è stato mandato in Libia. Ora è uno dei dieci «tecnici» che escono in pattugliamento con i militari della guardia costiera locale in base al trattato bilaterale che il governo italiano ha siglato con il colonnello Gheddafi. La sua missione terminerà alla fine di ottobre. Sono circa trecento le istanze presentate al Comando Generale dai finanzieri che vogliono partire e dunque si è deciso che l’avvicendamento scatti ogni sei mesi. Che cosa è accaduto? «I miei compagni mi hanno riferito che era stato intercettato il peschereccio e gli è stato intimato per tre volte di fermarsi. I libici hanno chiesto ai colleghi di parlare alla radio in italiano per cercare di convincerli a farsi identificare, altrimenti avrebbero usato le armi. So che loro hanno cercato di dissuaderli, ma non c’è stato verso e per questo hanno deciso di farsi da parte, come prevede il regolamento».

Lei non crede che fosse meglio rimanere?
«Non possiamo farlo visto che le motovedette sono ormai libiche a tutti gli effetti e la responsabilità delle operazioni, come prevedono gli accordi, è di loro competenza. Noi agiamo di supporto, siamo semplici osservatori e li aiutiamo nella gestione dei mezzi, ma questo è tutto».

Non intervenite neanche se c’è necessità di effettuare soccorsi in mare?
«Ma certo che lo facciamo, il contrario sarebbe assurdo. Se vengono avvistate barche con migranti interveniamo e aiutiamo i libici ad assisterli, soprattutto se ci sono donne e bambini».

Quante volte è accaduto?
«Pochissime. Del resto le rotte sono cambiate, dalla Libia non parte quasi più nessuno perché gli scafisti hanno capito che è troppo rischioso. So che a Zwarah si ammassavano gli stranieri che volevano abbandonare l’Africa, ma ormai hanno cambiato zona. Salpano dalla Tunisia o più frequentemente dall’Egitto”»

Che armi utilizzano i militari libici?
«Kalashnikov e fucili mitragliatori».

Lei esclude che si tratti di armamenti italiani?
«Con la massima certezza: abbiamo provveduto personalmente a smontare le dotazioni prima di portare le motovedette in Libia. Del resto noi possiamo salire a bordo soltanto senza armi e in abiti civili, proprio perché operiamo in uno Stato estero. E’ la garanzia che abbiamo di poter pretendere che anche da noi accada sempre la stessa cosa».

Quanto incide quello che è accaduto nel vostro rapporto con i marinai libici?
«C’è sempre stata collaborazione e non credo che le cose cambieranno anche perché sin dall’inizio loro ci hanno assicurato che è stato un terribile incidente. Noi viviamo in una base confortevole – basti pensare che si tratta di un ex villaggio vacanze – e non abbiamo mai avuto problemi. Sono certo che continuerà così».

Fiorenza Sarzanini
 


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