DOPO I PESANTI TAGLI DELLA FINANZIARIA, LA SOTTOSCRIZIONE DEL CONTRATTO DI LAVORO DERIVA ESCLUSIVAMENTE DA UN GESTO DI RESPONSABILITA’ VERSO IL PERSONALE - di Eliseo Taverna, Daniele Tisci e Maurizio Dori
DOPO I PESANTI TAGLI DELLA FINANZIARIA, LA SOTTOSCRIZIONE DEL CONTRATTO DI LAVORO DERIVA ESCLUSIVAMENTE DA UN GESTO DI RESPONSABILITA’ VERSO IL PERSONALE.
di Eliseo Taverna, Daniele Tisci e Maurizio Dori*
La manovra finanziaria è stata fortemente criticata perché ha colpito duramente la Pubblica Amministrazione ed in particolar modo alcuni settori vitali di essa, tra cui il comparto difesa e sicurezza. Il grosso della manovra ha scaricato, dunque, i suoi nefandi effetti su lavoratori che guadagnano mediamente 1200 euro al mese, ai quali lo Stato richiede un’esclusività d’impiego, una disponibilità incondizionata che comprime diritti costituzionali fondamentali - garantiti a tutti gli altri cittadini italiani - e persino il sacrificio della propria vita a difesa della collettività.
Non c’è da meravigliarsi, dunque, se le Organizzazioni Sindacali delle Forze di Polizia ad ordinamento civile decisero di portare in piazza il loro personale: era necessario evitare che si sovvertissero i principi costituzionali di equità e di giustizia economica e sociale che dovrebbero caratterizzare le scelte di chi ci governa. Per gli stessi motivi anche il Co.Ce.R. della Guardia di Finanza, in rappresentanza dei finanzieri, decise di parteciparvi.
Alcuni mesi fa in un articolo del corriere della sera “La manovra è sufficiente non ci sarà un bis” vennero riportate le seguenti parole del Ministro dell’Economia, anche con riferimento alle proteste delle Forze dell’Ordine attuate in quei giorni precedenti: “la reazione non sembrava legata all’entità delle riduzioni, spesso di 100-200 euro su stipendi alti o comunque prestigiosi, ma sulla lesa intoccabilità”.
Dobbiamo desumere che queste sono le considerazioni ricorrenti che la classe politica ha di noi. Dopo la grave ingiustizia del mancato avvio della previdenza complementare per il comparto difesa e sicurezza che avrebbe dovuto attenuare gli effetti economici devastanti conseguenti alla rivisitazione del sistema pensionistico italiano avvenuto negli anni novanta - consumatasi sotto gli occhi indifferenti di molti autorevoli politici, ma anche di alcuni sindacalisti - oggi ci tocca ingoiare un altro boccone amaro.
Una manovra finanziaria, che in barba alla specificità d’impiego del personale appartenente al comparto difesa e sicurezza, tra le principali novità prevedeva:
1. il blocco del rinnovo contrattuale per gli anni 2011, 2012 e 2013 durante i quali verrà corrisposta esclusivamente la vacanza contrattuale, che é pari all’inflazione programmata;
2. il blocco degli adeguamenti stipendiali del personale non contrattualizzato per gli anni 2011, 2012 e 2013;
3. che per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della P.A. non può superare, in ogni caso, il trattamento in godimento nell’anno 2010.
4. Efficacia - ai soli fini giuridici - delle progressioni di carriera, comunque denominate, intervenute negli anni 2011, 2012 e 2013 per tutto il personale, sia esso contrattualizzato che non;
5. Il passaggio - a decorrere dal 2011 - al sistema di calcolo previsto per il TFR in luogo di quello applicato per l’erogazione dell’attuale TFS (al riguardo, peraltro, ancora non è chiaro se si riuscirà a far computare l’indennità mensile pensionabile come elemento della retribuzione utile ai fini del conteggio);
6. Prelievo di circa 670 milioni di euro, da tempo accantonati, per il riordino delle carriere per il personale del comparto, per destinarli a copertura della manovra;
7. La rideterminazione in pejus delle risorse stanziate per corrispondere l’indennità di comando terrestre prevista dall’art 52 del DPR 164/2002, (nonostante il personale interessato sia portatore di un diritto oggettivo, ribadito da numerose sentenze emesse dagli organi giurisdizionali. Provvedimenti, peraltro, che in diversi casi hanno nominato specifici “commissari ad acta” che, a fronte dell’inadempienza della Pubblica Amministrazione, avrebbero dovuto dare esecuzione al giudicato;
8. Il differimento della corresponsione della buonuscita per importi superiori ai 90.000 euro lordi;
Grazie, esclusivamente alle forti azioni di protesta da parte dei Co.Ce.R. e delle OO.SS., in sede di conversione del decreto legge 78/2010 sono state apportate le modifiche all’art. 9 comma 1 e le parole il trattamento stipendiale accessorio in godimento nell’anno 2010 sono state sostituite dalle seguenti: ordinariamente spettante per l’anno 2010 al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d’anno, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo per le progressioni di carriera comunque denominate, maternità, malattia, missioni svolte all’estero, effettiva presenza in servizio. All’art. 9 dopo il comma 2 è stato inserito, inoltre, il comma 2 bis che prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 Dicembre 2013 l’ammontare complessivo delle risorse annualmente destinate al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2 del decreto legislativo 165/2001 non può superare il corrispondente importo dell’anno 2010 ed è comunque automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio. E’ stato inserito, infine, l’art. 11 bis che prevede l’istituzione di un fondo con una dotazione di 8O milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2011 e 2012, destinato a misure perequative per il personale interessato ai tagli di cui all’art. 1 comma 21 (blocco ai fini economici delle progressioni di carriere ed automatismi stipendiali). Quest’ultima previsione dovrebbe salvaguardare i benefici derivanti dalle variazioni della dinamica retributiva, dalle progressioni di carriera e dai passaggi tra aree. In merito si continuano ad esprimere forti dubbi poiché le modalità attuative del fondo non sono ancora chiare, le somme stanziate non sono sufficienti a soddisfare le finalità ipotizzate dal legislatore e, quindi, necessitano di una consistente integrazione. Manca, inoltre, la totale copertura economica del fondo per l’anno 2013.
In pratica, è stato l’epilogo di una favola raccontata da persone di Governo, che ha visto uomini di legge manifestare in piazza e costretti anche ad agire - in alcuni momenti - ai limiti della legalità per salvaguardare la dignità dei colleghi e delle proprie famiglie. Purtroppo, le nostre dure prese di posizione sono servite solo a limitare i danni e questo è ancora più grave perché dimostra che ormai siamo ad un punto di non ritorno. In tutta questa vicenda, infatti, una sola cosa è emersa chiaramente: l’indifferenza della politica a non voler tener conto delle legittime richieste delle parti sociali, se non addirittura una chiara volontà di voler depotenziare gli strumenti di tutela del personale.
Conquiste, cancellate in un solo colpo, ma frutto di anni di costanti trattative che miravano ad ottenere qualche miglioramento economico per persone che svolgendo il lavoro del finanziere, del poliziotto, del carabiniere non hanno semplicemente scelto una professione, ma hanno fatto una vera e propria scelta di vita. Non privilegi di casta come qualcuno ha lasciato intendere.
Questo non è soltanto il pensiero di persone che hanno il compito di rappresentare - con obiettività e senso della misura – gli interessi del settore al quale appartengono ma è anche la convinzione di cento autorevoli economisti appartenenti ad Atenei ed Enti di ricerca italiani ed esteri che con un documento unitario sostengono: omissis “ è bene tuttavia chiarire che l’ostinazione con la quale si perseguono le politiche depressive non è semplicemente il frutto di fraintendimenti generati da modelli economici la cui coerenza logica e rilevanza empirica è stata messa ormai fortemente in discussione nell’ambito della stessa comunità accademica. La preferenza per la cosiddetta “austerità” rappresenta anche e soprattutto l’espressione di interessi sociali consolidati. Vi è infatti chi vede nell’attuale crisi un’occasione per accelerare i processi di smantellamento dello stato sociale, di frammentazione del lavoro e di ristrutturazione e centralizzazione dei capitali in Europa. L’idea di fondo è che i capitali che usciranno vincenti dalla crisi potranno rilanciare l’accumulazione sfruttando tra l’altro una minor concorrenza sui mercati e un ulteriore indebolimento del lavoro. Occorre comprendere che se si insiste nell’assecondare questi interessi non soltanto si agisce contro i lavoratori, ma si creano anche i presupposti per un’ incontrollata centralizzazione dei capitali, per una desertificazione produttiva del mezzogiorno e di intere micro regioni europee, per processi migratori sempre più difficili da gestire e in ultima istanza per una gigantesca deflazione da debiti, paragonabile a quella degli anni trenta.
Il Governo italiano ha finora attuato una politica tesa ad agevolare questo pericoloso avvitamento deflazionistico. E le annunciate ulteriori strette di bilancio associate all’insistente tendenza alla riduzione delle tutele del lavoro non potranno che provocare altre cadute del reddito, dopo quella pesantissima già fatta registrare dall’Italia nel 2009. Si tenga ben presente che sono altamente discutibili i presupposti scientifici in base ai quali si ritiene che attraverso simile politiche si migliora la situazione economica e di bilancio e quindi si ci salvaguarda da un attacco speculativo. Piuttosto, per questa via si rischia di alimentare la crisi, le insolvenze e quindi la speculazione.
Quale monito per il futuro è opportuno ricordare che nel 1992 l’Italia fu sottoposta a un attacco speculativo simile a quelli attualmente in corso in Europa. All’epoca i lavoratori italiani accettarono un gravoso programma di austerità, fondato soprattutto sulla compressione del costo del lavoro e della spesa previdenziale. All’epoca, come oggi, si disse che i sacrifici erano necessari per difendere la lira e l’economia nazionale dalla speculazione. Tuttavia, poco tempo dopo l’accettazione di quel programma, i titoli denominati in valuta nazionale subirono nuovi attacchi. Alla fine l’Italia uscì comunque dal sistema monetario Europeo e la lira subì una pesante svalutazione. I lavoratori e gran parte della collettività pagarono così due volte: a causa della politica di austerità e a causa delle merci importate. L’esperienza storica insegna che per contrastare efficacemente la deflazione bisogna imporre un pavimento al tracollo del monte salari, tramite un rafforzamento dei contratti nazionali, minimi salariali, vincoli ai licenziamenti e nuove norme generali a tutela del lavoro e dei processi di sindacalizzazione. Soprattutto nella fase attuale, pensare di affidare il processo di distruzione e di creazione dei posti di lavoro alle sole forze del mercato è analiticamente privo di senso oltre che politicamente irresponsabile. Bisogna istituire un sistema di fiscalità progressiva coordinato a livello europeo, che contribuisca a invertire la tendenza alla sperequazione sociale e territoriale che ha contribuito a scatenare la crisi. Occorre uno spostamento dei carichi fiscali dal lavoro ai guadagni di capitale ed alle rendite, dai redditi ai patrimoni, dai contribuenti con ritenuta alla fonte agli evasori, dalle aree povere alle aree ricche dell’Unione.
Il Centro Studi di Economia Reale, presieduto dal Sen. Prof. Mario Baldassarri, Presidente della Commissione Finanze e Tesoro del Senato - illustre economista - ha sostenuto: “la manovra di correzione dei conti pubblici produce un effetto di freno sull’economia pari all’ 1 per cento del Pil rispetto agli andamenti tendenziali 2011-2013, con la conseguente riduzione di oltre 100 mila posti di lavoro ed un innalzamento di circa mezzo punto percentuale nel tasso di disoccupazione.
L’obiettivo di riduzione del debito pubblico sotto il 3% non sarà raggiunto. Il deficit rimarrebbe, infatti al 3,3 %”. Per evitare l’effetto freno della manovra serve un sostegno allo sviluppo con maggiori elementi di equità sociale”.
Nei fatti è accaduto il contrario: in una società ingiusta è stata varata una finanziaria altrettanto iniqua che ha colpito esclusivamente le classi sociali più deboli (tra le quali le forze di polizia) ma ha salvaguardato i redditi di persone che nel settore privato guadagnano dieci volte di più dello stipendio di un finanziere, ma soprattutto di coloro che traggono importanti profitti dalle rendite finanziarie. Per non parlare poi della corruzione, della lotta all’evasione e all’elusione fiscale. Mali endemici, che da sempre condizionano fortemente l’economia della società, talvolta anche sostenuti da scelte non sempre ben ponderate adottate da uomini delle Istituzioni.
Non c’é, inoltre, nemmeno la volontà di allargare gli spazi di democrazia nell’ambito dell’ordinamento militare anzi, al contrario, con una serie d’iniziative politiche si sta cercando di limitare anche la libertà di espressione del personale. Ne sono un chiaro esempio il disegno di legge con il quale il Governo si appresta, in sordina, a rivisitare l’istituto della Rappresentanza Militare riproponendo - a distanza di trent’anni – un modello inadeguato, arcaico ma soprattutto privo di quelle necessarie innovazioni, ormai vitali, che dovrebbero garantire il giusto equilibrio e la necessaria democrazia all’interno di ogni luogo di lavoro. Per non parlare poi, dell’emanazione del codice dell’ordinamento militare, Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66, i cui effetti devastanti potrebbero concretizzarsi a breve e privare, quindi, il personale di quella libertà di espressione costituzionalmente garantita al “cittadino-militare” e, a suo tempo, ribadita dalla legge 382/78. Ecco, ad esempio, nella parte in neretto una delle modifiche apportate, fortemente restrittive: i militari possono liberamente pubblicare loro scritti, tenere pubbliche conferenze e comunque manifestare pubblicamente il proprio pensiero, salvo che si tratti di argomenti a carattere riservato di interesse militare, di servizio o collegati al servizio per i quali deve essere ottenuta l’autorizzazione).
Se questo è il trattamento che lo Stato ci ha riservato, dobbiamo pretendere di essere considerati come tutti gli altri lavoratori: a questo punto ci concedano la possibilità di svolgere il secondo lavoro, di non avere obblighi al di fuori dell’orario di servizio, né altri legati allo specifico status.
E’ chiaro che nei prossimi mesi saremo tutti costretti a fare una profonda riflessione, che risvegli le coscienze sopite e porti a chiedere con forza cambiamenti radicali in quei settori vitali per il personale. Anche se questo dovrà passare per una stagione di rivendicazione e conflitti.
Il Governo, ovviamente, dovrà assumersi la responsabilità morale delle scelte che ha già fatto e di quelle che farà in futuro, di fronte ai 450.000 operatori del comparto difesa e sicurezza e delle proprie famiglie.
E’ stato, pertanto, esclusivamente un gesto di responsabilità verso il personale che rappresentiamo che ci ha indotto a sottoscrivere la sera del 16 Settembre scorso - presso Palazzo Vidoni, sede della Funzione Pubblica - alla presenza del Ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta e dei competenti Sottosegretari di Stato, il contratto di lavoro relativo al biennio economico 2008/2009, per il comparto difesa e sicurezza.
E’ il caso di ricordare che in origine le risorse stanziate erano pari a:
• 78 milioni di uro per l’anno 2008 e 116 milioni di euro a decorrere dal 2009 per la corresponsione della vacanza contrattuale;
• a decorrere dal 2009, in aggiunta ai citati 116 milioni di euro, erano stati stanziati ulteriori 586 milioni per l’adeguamento delle retribuzioni medie al tasso d’inflazione programmata.
Un contratto ormai scaduto da anni, a suo tempo non sottoscritto dalle Organizzazioni Sindacali e dai Co.Ce.R., in quanto le risorse previste erano inadeguate e di gran lunga inferiori a quelle stanziate per i precedenti contratti.
A seguito delle dure prese di posizione attuate dalle OO.SS. e da questo Consiglio Centrale di Rappresentanza che sfociarono in una manifestazione pubblica svoltasi a Roma il 28 ottobre 2009 e che vide la presenza di più di 40.000 appartenenti alle Forze di polizia, il Governo stanziò ulteriori 100 milioni di euro - con decorrenza 2010 - al fine di riconoscere la rivendicata specificità della funzione e del ruolo del comparto.
Nonostante ciò, non si sottoscrisse il contratto e si continuò l’azione a tutela delle retribuzioni del personale, sia con l’intento di rivendicare ulteriori risorse che potessero equiparare gli aumenti proposti a quelli percepiti negli anni precedenti, sia per limitare gli effetti devastanti derivanti dai tagli ipotizzati dal Governo con la manovra finanziaria correttiva dei conti pubblici.
Grazie, quindi, a queste prese di posizione si ottennero ulteriori 100 milioni per il rinnovo contrattuale 2008/2009, (peraltro successivamente salvaguardato dal blocco dei rinnovi contrattuali) e limitati gli effetti dei tagli attuati dalla finanziaria.
E’ del tutto evidente che esclusivamente la necessità di dover salvaguardare il potere di acquisto delle retribuzioni dei finanzieri, ulteriormente erose dalle misure negative della finanziaria, ci ha portato alla sottoscrizione del contratto.
Al di là di questa scelta, però, rimane comunque invariato il giudizio profondamente negativo sull’esiguità delle risorse appostate per il contratto 2008/2009, sul blocco salariale per gli anni 20011-2012 e 2013 nonché sui drastici tagli e provvedimenti apportati dalla manovra finanziaria.
Per espressa volontà dei Co.Ce.R. e delle OO.SS., pertanto, è stato concluso nel giro di pochissimi giorni l’iter concertativo delle procedure contrattuali, appunto per mettere in condizione il Dipartimento della Funzione Pubblica e, quindi l’Autorità politica, di perfezionarne il percorso legislativo, in modo da poter corrispondere - salvo imprevisti di natura giuridica - gli aumenti concordati ed i relativi arretrati nel mese di Novembre p.v..
In questi giorni, infatti, dopo l’avvenuta deliberazione da parte Consiglio dei Ministri, l’accordo è stato recepito in un Decreto del Presidente della Repubblica e successivamente verrà sottoposto al giudizio degli organi di controllo (Ragioneria e Corte dei Conti), dopodiché verrà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e, quindi, reso esecutivo.
Durante le fasi contrattuali si è deciso di spalmare quasi la totalità delle somme a disposizione sul parametro stipendiale e sull’indennità mensile pensionabile, al fine di evitare una dispersione delle risorse - di per sé già esigue - che se da un lato avrebbe portato la creazione di nuovi istituti o la rivalutazione di altri già esistenti per singole categorie o fasce di personale, dall’altro avrebbe abbassato notevolmente l’importo dell’aumento stipendiale medio mensile spettante al singolo dipendente sulle voci stipendiali fisse.
Ovviamente, l’aumento riassorbirà la vacanza contrattuale percepita e gli importi lordi saranno soggetti ad imposizione fiscale ed alla specifica ritenuta assistenziale e previdenziale.
L’aggiornamento economico dei parametri e dell’indennità mensile pensionabile, pertanto, comporterà un aumento mensile medio netto procapite che oscillerà tra i 40 euro per un Finanziere ed i 50/55 euro per il Luogotenente. Mentre l’importo netto degli arretrati spettanti sarà pari ad una cifra che oscillerà tra gli 870 euro per un Finanziere ed i 1170 per un Luogotenente.
E’ stata effettuata – così come espressamente richiesto dalla parte pubblica, che al riguardo ha posto una specifica pregiudiziale per la conclusione delle trattative - una minima rivalutazione del costo dell’ora di lavoro straordinario al fine di ottenerne almeno l’equiparazione al costo dell’ora di lavoro ordinario. Ovviamente, le risorse necessarie sono state sottratte dal contratto, come avvenuto peraltro nella precedente concertazione. Questa scelta ha creato una dura presa di posizione da parte del Co.Ce.R. della Guardia di Finanza che, da sempre, sostiene che il lavoro straordinario essendo un’esigenza dell’Amministrazione deve avere, necessariamente, uno specifico stanziamento di risorse.
Per quanto concerne le somme residuali del contratto non utilizzate - insufficienti ad apportare per tutte le Amministrazioni le rivalutazione di istituti già esistenti - le stesse sono confluite nel Fondo per l’efficienza dei servizi istituzionali (cosiddetto premio produzione/incentivante). In tal modo ogni singola Amministrazione potrà deciderne l’uso ritenuto più consono.
Le somme, per la Guardia di Finanza, ammontano a:
a) euro 250.000,00, per l’anno 2008;
b) euro 4.789.000,00, per l’anno 2009;
C) euro 3,348.000,00 a decorrere dal 31 dicembre 2009 ed a valere per l'anno 2010.
Gli importi di cui alle lettera a), b) e c) non comprendono gli oneri contributivi e l'IRAP a carico della Stato. Gli importi di cui alle lettere a) e b) non sono strutturali e, quindi, non hanno effetto trascinamento negli anni successivi.
Parte integrante del contratto, inoltre, è lo specifico impegno che i Co.Ce.R. e le OO.SS. sono riusciti a far sottoscrivere alle Autorità politiche presenti, che potenzialmente rafforza le sottonotate promesse, già fatte assumere al Governo in relazione della precipua specificità del personale appartenente al comparto difesa e sicurezza, in relazione alla manovra finanziaria di cui alla legge 122/2010, di conversione in legge del D.L. 78/2010:
1. delineare le voci retributive non rientranti nel tetto di cui all’art. ,1 comma 9 e 21 concernenti il totale riconoscimento economico e giuridico delle progressioni di carriera e degli automatismi stipendiali;
2. prevedere un ulteriore finanziamento delle risorse aggiuntive, necessarie per dare piena attuazione alle finalità del fondo con finalità perequative, previsto dall’art. 8 comma 11 bis della citata manovra finanziaria e finalizzato ad attribuire agli aventi diritto - senza decurtazioni – gli effetti economici derivanti da promozioni o da variazioni della dinamica salariale.
Rientra, infine, negli impegni di Governo la necessità di avviare, in tempi brevi, un tavolo tecnico presso il Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione che dia impulso all’istituzione di forme di previdenza complementare in ambito comparto difesa e sicurezza.
Roma, 30.09.2010
*Delegati Co.Ce.R. Guardia di Finanza