FINMECCANICA, L'ARSENALE DI STATO. STORIA DI UN COLOSSO DA GUERRA (Il Fatto Quotidiano)

venerdì 03 dicembre 2010

L’arsenale di Stato: Storia di un colosso da guerra


di Giorgio Meletti

In un certo senso Silvio Berlusconi ha ragione quando dice che indagare sulla Finmeccanica è suicida. Basta chiarire per chi è suicida. E innanzitutto bisogna partire dal significato della parola Finmeccanica, che ai più dice poco. àˆ una società  quotata in Borsa, controllata dal governo italiano, che nel 2009 ha fatturato 18 miliardi di euro, e dà  lavoro a 77mila persone, 43mila delle quali in Italia. àˆ una holding operativa dentro la quale c’è il meglio della tecnologia tricolore. Fa di tutto: aerei, elicotteri, automazione industriale, centrali elettriche convenzionali e nucleari, treni, autobus. Nello scrigno Finmeccanica ci sono alcuni dei più gloriosi marchi industriali: Breda, Ansaldo, Agusta. Ma soprattutto Finmeccanica è l’arsenale della Repubblica italiana. La nostra fabbrica di armi. Mitragliatrici, cannoni, carri armati, siluri, navi da guerra, missili, caccia bombardieri, elicotteri da combattimento, autoblindo, radar, sistemi di puntamento. Tutto ciò che serve a spararsi addosso, da qualsiasi distanza, la Finmeccanica lo produce. E cerca di vendere le sue armi a chiunque nel mondo, per la semplice ragione che più ne produci e smerci meno costano. Nelle contorsioni della geopolitica magari capita che vendi le armi a chi poi le usa contro di te. Nel 1986, quando il dittatore libico Gheddafi in un momento di nervosismo fece sparare due missili contro l'isola di Lampedusa (e per fortuna finirono in mare) si scoprì che i lanciatori libici erano stati addestrati dai centri specializzati della Finmeccanica a Sestri Ponente, periferia di Genova.

Ma la vera criticità  di Finmeccanica è che il suo principale cliente è lo stesso governo italiano che la possiede. I treni li comprano le Fs, le centrali elettriche l’Enel che è statale, le armi, ovviamente, il ministero della Difesa. Per cui non solo il gruppo guidato dal pencolante Pierfrancesco Guarguaglini sforna oggetti di grande delicatezza strategica, ma è anche un polmone tra i più ricchi della spesa pubblica. In settori dove non c’è concorrenza. E dove nessuna persona normale ha un’idea neppure approssimativa di quale possa essere il prezzo giusto di un cannone. Sarà  per questo che la storia di Finmeccanica si intreccia da sempre con le più accese o torbide lotte di potere. Negli anni ’70 il presidente della Finmeccanica si chiamava Camillo Crociani. Fuggì in elicottero dalla sua villa di San Felice Circeo per sfuggire all’arresto: era coinvolto nello scandalo Loockheed (tangenti per l’acquisto degli aerei da trasporto Hercules C130). Crociani, ex insegnante di educazione fisica con laurea in ingegneria honoris causa, se ne andò in Messico con la bella moglie Edoarda Vesselovsky, ex attricetta conosciuta con il nome d’arte Edy Vessel. Morì poco dopo, e la Vessel ereditò la Vitrociset, società  di famiglia attiva nella gestione e manutenzione dei radar. La Vitrociset è stata fino a poco tempo fa fornitrice pressochà© unica dei servizi all’Enav, l’ente pubblico che gestisce il controllo dei voli sui cieli italiani. Poi ha ceduto all'Enav stesso il ramo d’azienda della manutenzione. Ma per decenni l’Enav, oggi al centro dell’inchiesta che vede Marina Grossi, moglie di Guarguaglini, indagata per corruzione, ha foraggiato con appalti miliardari le senili fortune della signora Vessel. E nel frattempo è stato uno dei luoghi privilegiati per grandi e piccole porcherie di politici di tutti gli schieramenti. D’altra parte chi vorrebbe risparmiare sulla sicurezza dei nostri cieli? E quindi si spende e si spande, nessuno controlla e chi ci prova viene messo in fuga. Tanto per dare un’idea, una persona onesta come Massimo D’Antona, mandato dal governo Prodi a commissariare l’Enav, prima di essere ucciso dalle Brigate Rosse fu messo in fuga dal tanfo di malaffare che si respirava nel palazzone di via Salaria.

Quando si dimise, il 20 giugno del ‘98, il Corriere della Sera pubblicò questa breve notazione: “Le dimissioni arrivano dopo un lungo braccio di ferro con il presidente Luciano Mancini e con gli altri consiglieri su una raffica di assunzioni e promozioni, in odore di clientelismo, che da settimane paralizzano l'attività  del consiglio. Tra i candidati alla successione, personaggi come Bruno Tagliaferri, della segreteria del deputato di An Adolfo Urso, l’ex deputata leghista Diana Battaggia, oggi vicina a Mario Baccini (Ccd), e il figlio di Giuseppe Pisanu di Forza Italia”. Battaggia e Baccini si sono sposati in seguito, mentre Guarguaglini e Grossi erano già  coniugi quando lui l'ha nominata amministratore delegato della Selex Sistemi Integrati. Ã Ë† anche vero che Finmeccanica, per farsi perdonare la fabbricazione di armi letali, ha sempre un occhio di riguardo per i valori della famiglia. La lista dei politici che hanno piazzato un figlio nel gruppo è sterminata, e pure lunga è la lista dei generali che con una mano comprano armi da Guarguaglini e con l’altra allungano il curriculum del congiunto. Il che è anche utile agli equilibri del Paese, si potrebbe dire ironicamente, perchà© un pezzo importante della classe dirigente ha piazzato un osservatore di fiducia dentro l’arsenale della Repubblica. Ma molti militari ottengono anche direttamente incarichi nel gruppo. Così l’ammiraglio Guido Venturoni è entrato anche nel consiglio d’amministrazione mentre suo figlio Paolo veniva assunto per gli uffici di Bruxelles. E il generale Guido Bellini ha fatto l'accoppiata tra la presidenza di una controllata e un posto di lavoro per il figlio Andrea. E poi tra gli ingaggiati di rango del gruppo Finmeccanica ci sono l'ingegner Elio Mastella, figlio del ras di Ceppaloni, l’ingegner Davide Marini, figlio di Franco ex presidente del Senato, Guglielmo Cucchi, figlio del generale Giuseppe Cucchi, ex segretario generale del Cesis (servizi segreti), Andrea Brancorsini, genero di Niccolò Pollari ex capo del Sismi. E di chi è figlia Fabiana Gallitelli? Del comandante generale dei Carabinieri, che di nome fa Leonardo. Emiliano Sarmi è invece figlio dell’amministratore delegato di Poste Italiane, che di nome fa Massimo. Gruppo che compra i sistemi di automazione postale da un grande polo industriale pubblico che si chiama... Avete indovinato: Finmeccanica... 

(Il Fatto Quotidiano di Domenica 28 Novembre 2010)

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