I RISCHI DI UN PATTO SOCIALE CHE ESPLODE CON FORZE DELL'ORDINE PRIVATE DEI DIRITTI - dI Eliseo Taverna e Daniele Tisci
venerdì 24 dicembre 2010
Uno dei cardini dell’economia politica è che vi è una intima relazione tra crisi economica e scontri di piazza. Se si vuole evitare che la prima si trasformi nella seconda, passando attraverso la crisi sociale, servono politiche che favoriscano le condizioni dei ceti più deboli.
I gravi fatti che si sono verificati nella città  di Roma alcuni giorni orsono, lasciano intravedere che l’instabilità  politica che sta vivendo il Paese è la prima causa delle manifestazioni di piazza in cui, comuni cittadini che hanno una chiara percezione dei propri diritti, esternano il profondo malessere che si trovano a vivere.
A queste masse di cittadini informate e motivate, si aggiungono, purtroppo, orde di violenti, che con i loro comportamenti criminali mettono in pericolo la vita della gente ed anche un bene costituzionalmente garantito: il diritto sacrosanto di manifestare pubblicamente (e civilmente) il proprio pensiero.
Costoro, però, con il loro comportamento inqualificabile rischiano di fare il gioco dei potenti che, trincerandosi dietro il sentimento di paura e di sgomento che i loro atti suscitano nella gente comune, blindano le città  frapponendo - tra loro e “gli altri”- barriere umane di onesti cittadini che vestono con dignità  ed onore la divisa.
Le sequenze fotografiche, che mostrano il finanziere malmenato con inaudita violenza, giacente a terra quasi privo di sensi, ripetutamente colpito al volto con calci, hanno fatto il giro del mondo.
Eppure, il finanziere, da eroico servitore dello Stato, ma prima ancora da servitore della gente - fonte di sovranità  da cui deriva ai governanti il potere di legiferare e governare - nonostante fosse gravemente ferito, ha tenuto un comportamento esemplare.
Ha difeso se stesso e l’arma individuale con caparbia resistenza e nonostante abbia rischiato di soccombere, evidentemente sostenuto dalla certezza di una straordinaria capacità  di reazione derivatagli dallo specifico addestramento al quale sono sottoposti i baschi verdi, nonchà © dall’esperienza acquisita negli anni, ha evitato che l’irreparabile potesse avvenire. Perchà © il collega, da perfetto operatore di una Forza di polizia, aveva ben chiaro in sà © che la vita umana è sacra, anche quando questa appartiene ad un violento che dimostra di avere disprezzo per la sua stessa vita, oltre che per quella di altri innocenti. Una cosa è certa, però, nemmeno ad esso o ad altri che svolgono lo stesso mestiere può essere richiesto di buttare al vento la propria.
Stigmatizziamo, quindi, fermamente le parole di coloro, che probabilmente per secondi fini, hanno espresso perplessità  sull’operato del nostro collega, perchà © il suo comportamento non ha mai messo in pericolo la sua stessa vita, quella dei suoi colleghi e della zona che era stata loro affidata. Il suo comportamento è servito, invece, ad evitare che i fatti di Roma si trasformassero in un nuovo G8.
Le immagini delle donne e dei bambini fuggenti e terrorizzate – colpevoli solo di trovarsi lì per caso – i negozi devastati ed i mezzi delle forze dell’ordine fumanti e roventi sono ancora impressi negli occhi di tutti.
Bisognerebbe interrogarsi, invece, sull’opportunità  e sull’atteggiamento politico sempre più frequente e, per certi versi, addirittura illiberale di diversi Stati europei occidentali che tendono a svuotare il parlamento del potere legiferante e a depotenziare le parti sociali, legittimamente e costituzionalmente riconosciute, il cui scopo primario è proprio quello di prevenire i conflitti sociali, nonchà © di calmierarne gli effetti . Un potere legiferante, che istituzionalmente dovrebbe essere affidato al Governo solo in via sussidiaria, ma che nei fatti diviene invece l’apice del potere esecutivo, è di fatto il motivo che allontana le politiche dei governanti dalle esigenze del popolo sovrano, poichà © quest’ultimo non si riconosce in norme imposte che sono solo l’espressione di una parte politica. Il popolo ha l’esigenza di avere un controllo democratico diretto o indiretto sull’operato dei propri governanti.
Con questo modo negativo di agire l’atto politico, che deve essere frutto dell’arte di attuare le volontà  della maggioranza adattandola il più possibile alle esigenze delle minoranze, rischia di assumere le vesti di una politica autoritaria e dà  luogo, sempre più frequentemente, alla volontà  del popolo di manifestare e di reagire.
Ovviamente, esempi di condotte negative che arrivano da buona parte della classe politica non aiutano certo a governare questi delicati processi. Ciononostante, pur comprendendo questi fenomeni di disagio non solo giovanile ma di buona parte della società  e l’instabilità  economica di chi vive il precariato ed ha sempre meno certezze, la nostra democrazia non può assolutamente essere indulgente nei confronti di chi delinque con azioni di violenza gratuita, mettendo a repentaglio la vita di persone innocenti.
I violenti che senza scrupoli, scientemente si organizzano con lo specifico intento di compiere danneggiamenti, disposti anche a picchiare sino alla morte gente inerme e ad accanirsi nei confronti delle forze dell’ordine, devono essere assicurati alla giustizia con norme stringenti che non permettano loro alcuno scampo.
Non sono tollerabili norme che consentano a chi usa questa violenza inaudita contro le forze dell’ordine, inermi cittadini e mette a ferro e fuoco un’intera città  di essere rimesso subìto in libertà  .
Non possiamo non mettere in evidenza, però, come le politiche economiche poste in essere in questo primo decennio del ventunesimo secolo rispondano sempre più a logiche che sembrano privilegiare al reddito da lavoro, il reddito d’impresa, assicurando a pochi le ricchezze dei tanti. Anche dal punto di vista sociale, le tutele dei lavoratori appaiono sempre più aggredite da politiche che tendono a destabilizzare gli impianti normativi esistenti, ai quali si deve l’equilibrio tra il potere datoriale e la forza lavoro. E’ proprio da quest’equilibrio che dipende la stabilità  economica e sociale di un Paese.
Lo dimostrano anche le norme dell’ultima finanziaria, che hanno colpito duramente le retribuzioni delle forze dell’ordine, costrette peraltro a subirle passivamente. Non certo persone privilegiate, ma appartenenti ad un ceto sociale medio – basso che ogni giorno lavorano ed operano in condizioni disagiate rischiando anche la propria vita.
Queste scelte sono il frutto di politiche economiche che rispondono esclusivamente a principi ragionieristici, che mal si adattano alle norme primarie della Repubblica ed ancor meno alle esigenze operative ed organizzative degli addetti della sicurezza.
Illogicamente, infatti, nel momento in cui la politica chiama il personale del comparto a prestazioni lavorative sempre più frequenti, dure e moralmente dolorose, l’imposizione di un tetto sulle retribuzioni annuali, che si somma ai nefandi effetti del congelamento dei contratti, alla validità  delle promozioni ai soli fini economici ed alla privazione per gli appartenenti alla componente militare, anche del diritto di espressione, trasforma il poliziotto da lavoratore (per la verità  un condizione sociale rimasta incompiuta) ad una sorta di suddito dello Stato, che per pochi spiccioli deve rischiare la propria vita.
Una cosa è certa. Non si possono assolutamente tollerare rivendicazioni basate sulla violenza, ma quando migliaia e migliaia di persone manifestano democraticamente il proprio dissenso, chi governa deve avere la capacità  di spiegare e far condividere loro la bontà  delle riforme che s’intendono attuare, anche recependo le esigenze delle masse.
La classe politica, però, deve fare una volta per tutte anche un’altra scelta: attuare, nei confronti delle Forze di polizia, politiche economiche e sociali che da troppo tempo sono inattuate.
ELISEO TAVERNA
DANIELE TISCI
Delegati Co.Ce.R. Guardia di Finanza
I gravi fatti che si sono verificati nella città  di Roma alcuni giorni orsono, lasciano intravedere che l’instabilità  politica che sta vivendo il Paese è la prima causa delle manifestazioni di piazza in cui, comuni cittadini che hanno una chiara percezione dei propri diritti, esternano il profondo malessere che si trovano a vivere.
A queste masse di cittadini informate e motivate, si aggiungono, purtroppo, orde di violenti, che con i loro comportamenti criminali mettono in pericolo la vita della gente ed anche un bene costituzionalmente garantito: il diritto sacrosanto di manifestare pubblicamente (e civilmente) il proprio pensiero.
Costoro, però, con il loro comportamento inqualificabile rischiano di fare il gioco dei potenti che, trincerandosi dietro il sentimento di paura e di sgomento che i loro atti suscitano nella gente comune, blindano le città  frapponendo - tra loro e “gli altri”- barriere umane di onesti cittadini che vestono con dignità  ed onore la divisa.
Le sequenze fotografiche, che mostrano il finanziere malmenato con inaudita violenza, giacente a terra quasi privo di sensi, ripetutamente colpito al volto con calci, hanno fatto il giro del mondo.
Eppure, il finanziere, da eroico servitore dello Stato, ma prima ancora da servitore della gente - fonte di sovranità  da cui deriva ai governanti il potere di legiferare e governare - nonostante fosse gravemente ferito, ha tenuto un comportamento esemplare.
Ha difeso se stesso e l’arma individuale con caparbia resistenza e nonostante abbia rischiato di soccombere, evidentemente sostenuto dalla certezza di una straordinaria capacità  di reazione derivatagli dallo specifico addestramento al quale sono sottoposti i baschi verdi, nonchà © dall’esperienza acquisita negli anni, ha evitato che l’irreparabile potesse avvenire. Perchà © il collega, da perfetto operatore di una Forza di polizia, aveva ben chiaro in sà © che la vita umana è sacra, anche quando questa appartiene ad un violento che dimostra di avere disprezzo per la sua stessa vita, oltre che per quella di altri innocenti. Una cosa è certa, però, nemmeno ad esso o ad altri che svolgono lo stesso mestiere può essere richiesto di buttare al vento la propria.
Stigmatizziamo, quindi, fermamente le parole di coloro, che probabilmente per secondi fini, hanno espresso perplessità  sull’operato del nostro collega, perchà © il suo comportamento non ha mai messo in pericolo la sua stessa vita, quella dei suoi colleghi e della zona che era stata loro affidata. Il suo comportamento è servito, invece, ad evitare che i fatti di Roma si trasformassero in un nuovo G8.
Le immagini delle donne e dei bambini fuggenti e terrorizzate – colpevoli solo di trovarsi lì per caso – i negozi devastati ed i mezzi delle forze dell’ordine fumanti e roventi sono ancora impressi negli occhi di tutti.
Bisognerebbe interrogarsi, invece, sull’opportunità  e sull’atteggiamento politico sempre più frequente e, per certi versi, addirittura illiberale di diversi Stati europei occidentali che tendono a svuotare il parlamento del potere legiferante e a depotenziare le parti sociali, legittimamente e costituzionalmente riconosciute, il cui scopo primario è proprio quello di prevenire i conflitti sociali, nonchà © di calmierarne gli effetti . Un potere legiferante, che istituzionalmente dovrebbe essere affidato al Governo solo in via sussidiaria, ma che nei fatti diviene invece l’apice del potere esecutivo, è di fatto il motivo che allontana le politiche dei governanti dalle esigenze del popolo sovrano, poichà © quest’ultimo non si riconosce in norme imposte che sono solo l’espressione di una parte politica. Il popolo ha l’esigenza di avere un controllo democratico diretto o indiretto sull’operato dei propri governanti.
Con questo modo negativo di agire l’atto politico, che deve essere frutto dell’arte di attuare le volontà  della maggioranza adattandola il più possibile alle esigenze delle minoranze, rischia di assumere le vesti di una politica autoritaria e dà  luogo, sempre più frequentemente, alla volontà  del popolo di manifestare e di reagire.
Ovviamente, esempi di condotte negative che arrivano da buona parte della classe politica non aiutano certo a governare questi delicati processi. Ciononostante, pur comprendendo questi fenomeni di disagio non solo giovanile ma di buona parte della società  e l’instabilità  economica di chi vive il precariato ed ha sempre meno certezze, la nostra democrazia non può assolutamente essere indulgente nei confronti di chi delinque con azioni di violenza gratuita, mettendo a repentaglio la vita di persone innocenti.
I violenti che senza scrupoli, scientemente si organizzano con lo specifico intento di compiere danneggiamenti, disposti anche a picchiare sino alla morte gente inerme e ad accanirsi nei confronti delle forze dell’ordine, devono essere assicurati alla giustizia con norme stringenti che non permettano loro alcuno scampo.
Non sono tollerabili norme che consentano a chi usa questa violenza inaudita contro le forze dell’ordine, inermi cittadini e mette a ferro e fuoco un’intera città  di essere rimesso subìto in libertà  .
Non possiamo non mettere in evidenza, però, come le politiche economiche poste in essere in questo primo decennio del ventunesimo secolo rispondano sempre più a logiche che sembrano privilegiare al reddito da lavoro, il reddito d’impresa, assicurando a pochi le ricchezze dei tanti. Anche dal punto di vista sociale, le tutele dei lavoratori appaiono sempre più aggredite da politiche che tendono a destabilizzare gli impianti normativi esistenti, ai quali si deve l’equilibrio tra il potere datoriale e la forza lavoro. E’ proprio da quest’equilibrio che dipende la stabilità  economica e sociale di un Paese.
Lo dimostrano anche le norme dell’ultima finanziaria, che hanno colpito duramente le retribuzioni delle forze dell’ordine, costrette peraltro a subirle passivamente. Non certo persone privilegiate, ma appartenenti ad un ceto sociale medio – basso che ogni giorno lavorano ed operano in condizioni disagiate rischiando anche la propria vita.
Queste scelte sono il frutto di politiche economiche che rispondono esclusivamente a principi ragionieristici, che mal si adattano alle norme primarie della Repubblica ed ancor meno alle esigenze operative ed organizzative degli addetti della sicurezza.
Illogicamente, infatti, nel momento in cui la politica chiama il personale del comparto a prestazioni lavorative sempre più frequenti, dure e moralmente dolorose, l’imposizione di un tetto sulle retribuzioni annuali, che si somma ai nefandi effetti del congelamento dei contratti, alla validità  delle promozioni ai soli fini economici ed alla privazione per gli appartenenti alla componente militare, anche del diritto di espressione, trasforma il poliziotto da lavoratore (per la verità  un condizione sociale rimasta incompiuta) ad una sorta di suddito dello Stato, che per pochi spiccioli deve rischiare la propria vita.
Una cosa è certa. Non si possono assolutamente tollerare rivendicazioni basate sulla violenza, ma quando migliaia e migliaia di persone manifestano democraticamente il proprio dissenso, chi governa deve avere la capacità  di spiegare e far condividere loro la bontà  delle riforme che s’intendono attuare, anche recependo le esigenze delle masse.
La classe politica, però, deve fare una volta per tutte anche un’altra scelta: attuare, nei confronti delle Forze di polizia, politiche economiche e sociali che da troppo tempo sono inattuate.
ELISEO TAVERNA
DANIELE TISCI
Delegati Co.Ce.R. Guardia di Finanza