DELEGATI, ELETTORI E CITTADINI UNITI PER VINCERE INSIEME LA BATTAGLIA DEI DIRITTI, DELLA TRASPARENZA E DELLA DEMOCRAZIA NEL MONDO MILITARE - di Giuseppe Fortuna

sabato 26 febbraio 2011

DELEGATI, ELETTORI E CITTADINI UNITI PER VINCERE INSIEME LA BATTAGLIA DEI DIRITTI, DELLA TRASPARENZA E DELLA DEMOCRAZIA NEL MONDO MILITARE - di Giuseppe Fortuna

E proroga fu. La seconda consecutiva per gli Organismi della rappresentanza militare del decimo mandato è diventata legge. Gli anni, da quattro sono diventati sei. Il cinquanta per cento in più. Un terzo di mandato privo di alcuna legittimazione democratica. Per decisione del governo. Cioè della parte datoriale. Alla faccia dell’articolo 52 della Costituzione e dell’articolo 18 della legge 382 del 1978.

 

Certo, c’è sempre la speranza che il Presidente della Repubblica, che è anche il capo supremo delle Forze Armate, non firmi, come gli ha chiesto il neonato (ma già  urlante) “Comitato Articolo 52 Militari tra la Gente”.

 

Ma non si può chiedere troppo a Napolitano. C’è la crisi, ci sono alle porte esodi biblici di gente affamata e massacrata in casa propria, c’è uno scontro istituzionale mai visto nella storia repubblicana, c’è un attacco frontale e devastante alla Carta fondamentale di cui Lui è il supremo garante. Non si può chiedere l'impossibile al Presidente. Fa già  tantissimo. E dobbiamo ringraziarlo. Con stima e affetto infiniti.

 

Quindi, la responsabilità  del futuro di migliaia di famiglie e di un pezzo importante della democrazia italiana sta sulle nostre spalle. Siamo noi che dobbiamo rimboccarci le maniche e pretendere che sia attuata integralmente, e integralmente rispettata, la Costituzione. Siamo noi: cittadini militari e cittadini comuni. E dobbiamo farlo usando tutti i mezzi legittimi a nostra disposizione. Che dobbiamo essere consapevoli che sono numerosi e formidabili. La mobilitazione sociale e culturale, la sensibilizzazione a tappeto dei media, il coinvolgimento di tutte le componenti vive e vitali della società  civile (che sono tante e in fortissima crescita nell’era di internet), i ricorsi all’autorità  giudiziaria e alla Corte Costituzionale per cancellare disposizioni palesemente illegittime.

 

Quindi, organizziamoci e partiamo.

 

Per prima cosa bisogna vedere quali sono le forze in campo e individuare amici e avversari.

 

Noi riteniamo che la prima a contrastare l’apertura ai diritti nel mondo militare e l’attuazione dell’articolo 52 della Costituzione sia la lobby politico, militare e industriale che fa capo al gruppo Finmeccanica, il quarto al mondo in materia di armamenti e sistemi d’arma, una potenza economica straordinaria con disponibilità  finanziarie infinite che fornisce beni e servizi allo Stato per miliardi di euro all’anno. Semplicemente un colosso.

 

Precisiamo subito che le lobby sono naturali e legittime in democrazie complesse come quelle moderne. Ma le democrazie evolute le individuano, le fanno emergere, le fanno operare alla luce del sole. E specialmente fissano regole per prevenire distorsioni e condizionamenti e operare i necessari riequilibri.

 

Va ricordato che già  negli anni Sessanta sorse negli Stati Uniti un vivace dibattito politico relativo al controllo democratico dei militari. Sebbene le forze armate di quel paese certamente  non avessero mai fornito spunti per dubitare della loro lealtà , intellettuali del rango del sociologo Charles Wright Mills e dell’economista John Kennet Galbraith richiamarono l’attenzione sui pericoli derivanti dalla eccessiva concentrazione del potere in elità©s di politici, industriali e militari, così come dalla convergenza di interessi tra industria e difesa nel cosidetto “complesso militare-industriale” (si veda in merito il bel lavoro di Francesco Santoro in http://www.ficiesse.it/home-page/3868/comandare-nel-consenso_-la-rappresentanza-degli-interessi-del-personale-nell'organizzazione-militare_--rappresentatività -e-controllo-democratico-nell'organizzazione-militare---di-francesco-santoro).

 

Tal genere di convergenze di interessi sono operative anche nell’Italia dei giorni nostri? La risposta è sì. Nelle società  di Finmeccanica sono presenti molti dirigenti che sono stati ufficiali e dirigenti anche di vertice delle Forze Armate e di Polizia e vi lavorano parenti e affini di personalità  politiche nazionali e di esponenti militari.

 

Lo ha documentato molto bene un servizio, apparso sul Sole 24 Ore il 26 aprile 2008 disponibile integralmente alla pagina http://www.ficiesse.it/home-page/4482/articolo-del-sole-24-ore-del-26_4_2008-su-finmeccanica_-sui-rapporti-con-le-gerarchie-di-partiti-e-forze-armate-e-sulle-assunzioni-di-alti-ufficiali-in-pensione-e-figli-di-politici-e-militari-_di-gianni-dragoni), che reca un lungo elenco di parenti e affini di politici nazionali e vertici militari in servizio o da poco in pensione impiegati nelle aziende del gruppo.

àˆ normale ciò che emerge dall’articolo del Sole? Perchà© non si impone almeno l’incompatibilità  ad accettare incarichi per sà© e per i propri familiari a chi riveste o ha rivestito cariche in istituzioni che acquistano armamenti, sistemi d’arma, aerei, elicotteri, navi, motovedette, radar e quant’altro. Perchà© non dicono nulla sul punto i codici deontologici?

 

Ci sono poi i parlamentari che provengono dal mondo militare. Ex vertici degli stati maggiori, ex comandanti generali, ex comandanti di reparti delle Forze Armate che sono deputati e senatori nelle Commissioni Difesa e presenti in entrambi gli schieramenti. Ramponi e Cirielli a destra, Angioni e ora Del Vecchio a sinistra, per limitarci ad alcuni dei più noti. Ufficiali e militari che tra loro si rispettano (come è giusto e normale che sia). Ma che spesso concordano anche in tema di diritti dei cittadini militari (e questo è molto meno normale per chi sta tra i progressisti e chi tra i conservatori). Come quella volta che l’allora aennino Ramponi arrivò ad affermare che lo straordinario sarebbe non un diritto ma  “uno strumento di comando” e il diessino Angioni si dichiarò assolutamente d’accordo. O quando nella scorsa legislatura venne presentato un testo unificato bipartisan di riforma della legge della rappresentanza militare che oltre a vietare il diritto di associazione, la contrattazione e la tutela individuale di conciliazione prevedeva anche, addirittura, nell’era di internet, quale unica fonte di informazione della base elettorale, la modalità  ottocentesca dell'affissione delle delibere (figuriamoci dei verbali di seduta) dei Cobar, Coir e Cocer nelle bacheche di reparto (quel testo era firmato anche da esponenti del PD che per fortuna successivamente hanno fatto marcia indietro).

 

Va osservato, poi, che mentre da una parte deputati e senatori con le stellette, sia di destra che di sinistra, sono competenti e attivissimi, dall’altra ci sono uomini e donne “comuni”: avvocati, insegnanti, agenti di commercio, funzionari di partito. Tutte persone degnissime, ma che non di rado sbarcano in quelle Commissioni per caso, se non dichiaratamente come ripiego. “Era al mio primo incarico da parlamentare e non sapevo dove andare – ci confessò l'onorevole Lavagnini quando lo intervistammo nel 2003 al Colonna Palace Hotel di piazza Monte Citorio –, così accettai che il partito mi collocasse in Commissione Difesa, dove ora mi trovo benissimo e sono diventato addirittura vicepresidente”.

 

Come mai in Commissione Difesa i neofiti della vita parlamentare si trovano subito bene, anche se la materia militare è oggettivamente tra le più complesse e oscure per chi non proviene da quegli ambienti? La risposta è semplice. Perchà© deputati e senatori vengono subito avvicinati, uno ad uno, dagli stati maggiori e dai comandi generali, che gli mettono vicino i loro uomini, i loro uffici legislazione e i reparti sul territorio per fornire informazioni e documenti e soddisfare qualunque esigenza in una materia così complessa. Ripetiamo, ancora una volta, è giusto che sia così e che Ã¨ legittimo. Ma è chiaro che in tal modo si stringono rapporti di vicinanza, di solidarietà , di stima e talvolta anche di amicizia. E se non si conosce la materia c'è un inevitabile, sebbene magari involontario, condizionamento.

 

Sindacato, associazionismo per i militari? Per carità , onorevole Pdl, sarebbe lo sfascio per la coesione delle Forze armate. In Germania, in Francia e in Spagna, si va da quella parte? Per non dire dell’Olanda e dei soliti paesi scandinavi? Ma l’Italia è un’altra cosa! Si figura lei un carabiniere sindacalista? Dove andremmo a finire? Associazionismo libero? Dio ce ne scampi, senatore PD, così comanderanno le associazioni d'arma, tutta gente da sempre di destra, chi ve lo fa fare?

 

Condizionamenti anche in buona fede, per carità , ma pur sempre condizionamenti. E forti. Ricordo tanti anni fa, da capitano dell’Ufficio stampa del Comando generale della Guardia di finanza, ebbi modo di parlare piuttosto a lungo con l’allora segretario generale della Uil Giorgio Benvenuto. Ebbene lo convinsi – almeno così mi sembrò – che il sindacato nelle Forze armate fosse assolutamente da evitare perchà© pericoloso per la coesione interna. Lo pensavo veramente a quei tempi, perchà© da quando avevo diciott’anni avevo assimiliato le “pillole di saggezza” dell’Accademia, tra cui quella secondo la quale “i sindacati hanno rovinato l’Italia” (d’altra parte, non è forse per questo che nelle scuole militari si entra a diciott’anni?)

 

Veniamo ai delegati della rappresentanza militare.

 

Ci sono due tipi di rappresentanti del personale. O meglio, ce ne sono tre:

-        quelli che ritengono che i consigli della rappresentanza militare dovrebbero continuare ad essere completamente interni alle amministrazioni (chissà  perchà© poi la chiamano “rappresentanza militare forte”);

 

-        quelli che sono per una rappresentanza da attribuire a organismi esterni ed autonomi (e qui ci si divide ulteriormente tra sindacalisti e associazionisti);

 

-        e poi gli agnostici, cioè quelli che semplicemente se ne fregano del problema della rappresentanza (a volte per onesto convincimento, altre perchà© hanno da pensare ad amici, buffet e tessere di cinema, teatri, stadi).

 

Parliamo delle prime due posizioni che, lo sottolineiamo subito, sono anch'esse, tanto per cambiare, assolutamente legittime.

 

I sostenitori della rappresentanza militare forte (?) sono quelli in linea con la logica della legge del 1978. Gli organismi "sono amministrazione". Le delibere, ad esempio quelle del Cocer, devono rimanere su carta intestata Comando Generale o Stato Maggiore, bisogna aiutare i comandanti di riferimento a capire quello che è meglio per il personale, cercare di convincerli a prendere decisioni nella direzione giusta, rimanendo però sempre in rapporto di subordinazione e di cordialità . Se non si ottengono risultati positivi, bisogna insistere e se la cosa proprio non va ci si arrende. Cari rappresentati, non è colpa nostra, accontentiamoci di quello che passa il convento, "ha dda passa’ ‘a nuttata!"

 

Favorevoli a questa visione sembrano essere, se abbiamo capito bene, gli attuali Cocer di Carabinieri, Esercito e Marina. Basta leggere, per rendersene conto, le ultime delibere diffuse prima dell’inserimento della seconda proroga nel decreto “mille proroghe” (scusate il bisticcio), come quella del Cocer dell'Arma: noi abbiamo dato <<ampia dimostrazione di serietà  equilibrio e moderazione in tutte le circostanze in cui si è trattato di aiutare il Governo nella ricerca di quelle soluzioni che potessero permettere al paese di mitigare i negativi effetti della attuale sfavorevole congiuntura finanziaria>>. Insomma,  Cocer che sostengono, stimolano, incitano, auspicano. Cioà©, la logica della vecchia 382. 

 

I sostenitori del sindacato e/o dell’associazionismo sono convinti, invece, che la disciplina del ’78 si sia fortemente evoluta in questi ultimi trent’anni. Nei Consigli si parla e si deve parlare di tutto, bisogna rimanere in stretto contatto con i rappresentati, inviare e-mail per informarli, chiedere loro cosa ne pensano, sapere se condividono le decisioni assunte, prendersi in prima persona la responsabilità  delle posizioni sposate in assemblea e dei risultati ottenuti. Poi se un delegato è stato bravo viene riconfermato, altrimenti va a casa.

 

A questa seconda categoria appartengono i Cocer di Guardia di Finanza e Aeronautica Militare.

I finanzieri sono addirittura scesi in piazza con striscioni con su scritto <<DIRITTI SINDACALI PER LA GUARDIA DI FINANZA>>. Una cosa che non s’era mai vista prima e che anche per questo li qualifica come bravi e coraggiosi. Al nostro parere, per questo e molti altri motivi, il miglior Cocer o quanto meno uno dei migliori, della storia del Corpo.

I colleghi dell’Arma Azzurra nono sono da meno perchà© hanno sempre parlato nei loro comunicati con una chiarezza esemplare, dritti ao sodo, senza giri di parole. Hanno preso posizioni coraggiose e hanno anche loro fatto convocare, come i finanzieri, i delegati degli organismi confluenti per discutere con loro democraticamente il da farsi e creare il massimo consenso e le sinergie. Complimenti anche a loro.

 

Cosa vogliono queste due sezioni Cocer? Sta scritto e lo si può leggere chiaramente nei documenti delle adunanze plenarie pubblicati sui siti. I rappresentanti dei professionisti militari devono essere organizzati in strutture esterne, autonome e pluraliste. Tali strutture devono funzionare con metodo rigorosamente democratico, i Consigli non devono essere subordinati ai comandanti, i presidenti devono essere eletti, bisogna avere riconosciuta la competenza alla contrattazione di primo livello, quello nazionale, come anche ai livelli territoriali. E poi la tutela individuale di conciliazione, le garanzie di inamovibilità , la libertà  di espressione, la possibilità  di organizzare in via autonoma la tutela legale, nessun ostacolo all’informazione verso l’esterno e tanto meno verso la base. he vuol dire trasparenza totale sull’attività  svolta, sulle posizioni assunte da ciascun delegato, sulle decisioni prese e sul perchà© vengono prese. In modo che ogni delegato debba rispondere al suo elettorato, non alla gerarchia. 

 

A questo punto, la domanda sorge spontanea: quale impostazione è quella più conforme al disposto costituzionale dell’articolo 52 (l’ordinamento delle Forze armate è informato allo spirito democratico della Repubblica)?  Quella delle Sezioni Esercito, Marina e Carabinieri o quella di Aeronautica e Guardia di finanza? E, ciò che più conta,  come la pensano sul punto i militari elettori? La maggioranza condivide o no la posizione dei rispettivi Cocer? Perchà© non glielo si chiede, magari con un referendum, come si fa in democrazia?

 

E qui viene al pettine il nodo della scandalosa proroga degli Organismi e dell’esigenza di una loro rilegittimazione democratica.

 

A noi sembra che si siano create due potenti convergenze di interessi politici che hanno convinto il governo a forzare la mano per bloccare il fisiologico processo democratico di rinnovo del mandato.

 

Il primo motivo è la volontà  di chiudere la partita della riforma della legge sulla rappresentanza militare in modo gradito agli stati maggiori e alla lobby di cui abbiamo parlato. Infatti, con l'attuale mandato all’interno dell’attuale Cocer Interforze prevalgono, per la prima volta dopo molti anni, i delegati favorevoli per la rappresentanza militare forte (??),. Ecco, allora, l'esigenza della proroga  e di accelerare la riforma prima che tale equilibrio cambi di nuovo.

 

E' democrazia? A noi sinceramente non sembra.

 

Il secondo motivo è la contingenza in cui si trova il presidente Berlusconi, che dispone di una maggioranza risicata in Parlamento e forse, dopo gli scandali di questi ultimi mesi, teme di non averla affatto nel Paese. Berlusconi non si può permettere che al coro rumoroso di dissensi che si solleva da mesi da tutti i sindacati delle Polizie civili (compresi quelli come il SAP tradizionalmente vicini al centrodestra) si aggiungano i nuovi delegati Cocer che potrebbero essere troppo autonomi e indipendenti dalle gerarchie. Se anche i Cocer arrivassero ad affermare liberamente che si sta portando al disastro il sistema sicurezza e difesa ci sarebbe un dazio probabilmente esiziale in termini di consenso elettorale. E allora: Fra’, che te serve? Con tutto quello che segue.

 

Che bisogna fare? Se abbiamo capito bene il senso degli ultimi documenti diffusi dai Cocer di Guardia di finanza e Aeronautica, bisogna agire contestualmente su più fronti.

 

Innanzi tutto, vanno convocate appena possibile le ADUNANZE PLENARIE per ottenere, a proroga intervenuta, una rilegittimazione dalla platea elettorale più ampia possibile, che poi è quella rappresentata da tutti i delegati in carica dell'attuale mandato. D'altra parte la proroga è legge dello Stato finche la Corte Costituzionale non la abroga ex tunc.

Se ci si dimette si fa il gioco dei fautori della rappresentanza militare forte (???). Perchà© se qualcuno si alza, è ben possibile che la sedia finisca per essere occupata da chi porta avanti i desiderata della parte datoriale, o magari da un agnostico. E si sa che un buon sindacalista, quando ha dietro il consenso dei suoi, non molla mai e non si alza mai dal tavolo prima della controparte.

 

Contemporaneamente, bisogna sensibilizzare finalmente e a tappeto la società  civile, dalle persone comuni agli intellettuali, dalle comunità  internet alle forze sociali. Tutti devono capire che stiamo parlando di pace e di democrazia, che non ci sono soltanto in gioco stipendi, previdenza e diritti dei professionisti militari, ma che c’è il rischio di derive culturali e organizzative di tipo autoritario, se non neofascista.

 

Allo stesso tempo bisogna partire subito con i ricorsi all’autorità  giudiziaria da parte di rappresentanti di ogni categoria e di ogni Forza Armata ai quali la proroga impedisce il diritto di elettorato passivo,.

 

Chiudiamo con una parola sulla rieleggibilità . Chi è per l’autonomia e l’indipendenza dei rappresentanti dei lavoratori non può che essere favorevole, in linea di principio, alla rieleggibilità  piena. E noi siamo, infatti, in linea di principio, per la rieleggibilità  piena. Ma proprio l’esperienza di questo ultimo mandato, il primo con parziale rieleggibilità , con il fenomeno invero imbarazzane delle cordate elettorali, ci ha confermato che la rieleggibilità  è dannosa se rimane assente un'altra condizione: quella del PLURALISMO.

Se non c’è pluralismo, sindacale o associativo, la rieleggibilità  piena significherebbe SINDACATO GIALLO. E della peggior specie. 
 

 

GIUSEPPE FORTUNA

Presidente del Comitato

Articolo 52 – Militari tra la Gente

Direttore del sito www.ficiesse.it

giuseppefortuna@hotmail.com

06.4742965 – 340.2813453

 


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