"REBUS" FERIE PER L'UNITA' D'ITALIA. LA FESTA PER I 150 ANNI RISCHIA DI COSTARE UN GIORNO DI RIPOSO (Il Sole24Ore)

venerdì 11 marzo 2011


Il Sole24Ore, 05/03/2011

Pubblico Impiego.

«REBUS» FERIE PER L'UNITà€ D'ITALIA


La festa per i 150 anni rischia di costare un giorno di riposo

«Riposo obbligatorio» il 17marzo, e un giorno libero in meno nel resto dell'anno . Si risolve così peri 3,5 milioni di dipendenti pubblici la decisione di chiudere gli uffici nel 150esimo dell'Unità  nazionale, che dopo le polemiche politiche ha creato più di un inghippo per decidere come applicare il giorno di riposo.
Un decreto snello, di un unico articolo e apparentemente destinato a decadere senza essere convertito in legge, non è infatti riuscito a evitare il consueto corto-circuito interpretativo. Il meccanismo individuato per evitare che la Festa si traducesse in un costo è stato quello della compensazione con la «festività  soppressa» del 4 novembre, giorno
della vittoria nella prima guerra mondiale, ma nel ginepraio dei contratti pubblici questa strategia non è passata liscia.
Un problema in più si è registrato in regioni ed enti locali, che in virtù dei meccanismi del loro contratto (si veda Il Sole 24 Ore del 4 marzo)avrebbero potuto veder «regalato» al proprio personale un giorno di ferie in più . Il decreto, però, prevede espressamente che il 150esimo non deve produrre «nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica» e al comune di Novara, per prevenire eventuali contestazioni della Corte dei conti, hanno scritto in una circolare che il 17 marzo avrebbe «assorbito» uno dei quattro giorni liberi comunque previsti dal contratto.
L'idea non è stata accolta in silenzio, il personale ha protestato, l'Anci ha chiesto chiarimenti e la Funzione pubblica ha lasciato la parola ai testi ufficiali, pubblicando sul sito la relazione tecnica al Ddl di conversione del decreto : «Il giorno festivo al calendario aggiunto quest'anno - si legge nella relazione - non aumenta il numero delle giornate festive fissate dalla legge» (nel 2011 cadono di domenica ili ° maggio e Natale) e «non aumenta il numero delle giornate di astensione dal lavoro con diritto alla percezione della retribuzione», cioè appunto le festività  soppresse.
Conseguenza: «la compensazione fra 17 marzo e 4 novembre - scrive la relazione tecnica si risolve nella circostanza che i lavoratori non potranno disporre in piena libertà , secondo le loro esigenze, di tutte e quattro le giornate di ripos o compensativo, essendo sostanzialmente previsto l'obbligo ex lege che uno di questi riposi cada nella giornata del 17 marzo» .
Tutto bene? No. I sindacati, dal canto loro, denunciano «l'ennesimo pasticcio», che «scarica i costi sui lavoratori», come sostiene per esempio Benedetto Attili, segretario generale della Uil Pa . Il documento citato da Palazzo Vidoni, però, sulla scorta del decreto sembra aprire un problema in più; nell'elenco delle festività  soppresse, entra il 14 novembre ma scompare il 29 giugno, festa dei santi Pietro e Paolo, che invece è contemplato dalla legge 54/1977. Di conseguenza il meccanismo individuato per la compensazione sembra incepparsi.

G.Tr.

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