PROROGHE PER DECRETO LEGGE DEGLI ORGANISMI DELLA RAPPRESENTANZA MILITARE, PIà™ PANCIA CHE TESTA NELLE PROTESTE DI ASSOCIAZIONI E COMITATI: DA DOVE VIENE DAVVERO IL MALCOSTUME E COSA SI DOVREBBE FARE - di Daniele Tisci ed Eliseo Taverna

lunedì 14 marzo 2011

Pubblichiamo un interevento dei delegati Cocer Gdf Daniele Tisci e Ediseo Taverna. Il titolo è della redazione del sito.


In questi giorni abbiamo assistito ad un sacrosanto levarsi di scudi da parte delle associazioni, dei comitati e dei partiti politici di settore, sull’ennesima proroga della rappresentanza, che il Governo ha attuato con il cosiddetto decreto “mille proroghe”.
 
Circa il rinnovo ope legis di un mandato elettivo, la dottrina ritiene, in modo pressochà© uniforme, che se l’anticipazione delle elezioni non è considerata contraddittoria rispetto alla logica democratica, un prolungamento è invece normalmente escluso, in quanto limiterebbe il diritto-dovere dei rappresentanti di rimettersi al giudizio dell’elettorato al termine del mandato.
 
Ciò posto, bisogna evidenziare, tuttavia, che la presa di posizione contro la proroga, giunta anche attraverso le associazioni ed i comitati, benchà© sacrosanta, sembra essere maturata più di pancia che di testa.
 
E ci spieghiamo: è giustissimo prendere una posizione decisa e netta contro la proroga, tra l’altro la seconda di questo mandato della Rappresentanza militare, ma nel far ciò, bisogna concretizzare l’interesse e la mobilitazione che si sta creando intorno al problema per formalizzare nell’appello, oltre alla richiesta del ritiro della norma, anche una mini-riforma del sistema che eviti il ripetersi di simili criticità .
 
Non è condivisibile, pertanto, così come sta avvenendo, intraprendere una battaglia finalizzata esclusivamente a demonizzare l’attuale proroga e tutti i delegati indistintamente. Manca una strategia che, individuate le criticità , pretenda dal legislatore i correttivi adeguati per risolvere concretamente e definitivamente il problema.
 
Detto ciò, vale la pena di affrontare subito il problema di una eventuale dimissione di massa da parte dei delegati contrari alla proroga del mandato. Quali sarebbero gli effetti di tale azione?
 
Considerando l’inesistenza di norme che prevedano automatismi di caduta degli interi Consigli in caso di dimissioni massicce, è evidente che l’abbandono del mandato da parte dei soli delegati del Cocer interforze (EI, AM, MM, CC, GDF) contrari alla proroga, altererebbe sfavorevolmente gli attuali equilibri. E’ ragionevole ritenere, infatti, che coloro i quali hanno chiesto ed ottenuto la proroga del mandato, non lascerebbero libera la poltrona che occupano. In ogni caso, in assenza dell’intera rappresentanza della Guardia di finanza e magari anche dell’Aeronautica, chi andrebbe a perorare sui tavoli istituzionali le istanze di democratizzazione dell’attuale sistema?
 
E vale la pena di ricordare ancora una volta, anche a costo di essere ripetitivi, la rilevanza dei temi sui quali si sono concretizzate le disarmonie di pensiero delle singole sezioni Cocer di questo decimo mandato:
 
·       Cocer GDF e AM per organismi professionali o sindacali autonomi ed esterni all’Amministrazione, gli altri per una riforma della rappresentanza militare strutturata internamente;
·       Cocer GDF e AM contro la norma trappola della specificità , altri a favore a prescindere dai contenuti della stessa;
·       Cocer GDF e AM convinti della necessità  di modifiche normative di rango primario alla manovra finanziaria, altri fiduciosi nella dichiarata volontà  politica della maggioranza di attenuare gli effetti per il comparto.
 
Come si potrebbe permettere a costoro di decidere le sorti del personale dell’intero comparto?
 
Ed allora bisogna affrontare il problema in radice e chiedersi perchà© alcuni Cocer sembrano aver rappresentato, nell’attuale mandato, più gli interessi della parte datoriale (Governo e Stati Maggiori), che quelli della base che li ha eletti. Questo è il punto su cui bisogna focalizzare l’attenzione!
 
Non è sufficiente, benchà© sacrosanto, gridare allo scandalo per la proroga, bisogna accostare alla protesta la richiesta di meccanismi che rendano effettiva la rappresentanza degli interessi professionali del personale militare!
 
Il sistema proposto dal legislatore del ’78 ha offerto ai militari un modello di rappresentanza pseudo-democratico; una scatola svuotata nei suoi contenuti dall’assenza delle comuni garanzie di tutela e di responsabilità  dei delegati nei confronti dell’elettorato che qualsiasi modello “civile” propone, invece, con piena costanza e perseveranza.
 
Non bisogna essere degli studiosi dei sistemi rappresentativi per capire che il riconoscimento delle guarentigie ai delegati è solo il mezzo attraverso cui si concretizza, almeno potenzialmente, l’interesse collettivo che essi rappresentano. Le cosiddette guarentigie, tuttavia, da sole non sono sufficienti, perchà© potrebbero tradursi in privilegi, se non accompagnate da un concreto sistema di responsabilizzazione dell’eletto nei confronti dell’elettore.
 
E’ questo il campo subdolo su cui agisce la proroga della rappresentanza, che punta a delegittimare ancora di più l’istituto sottraendo all’elettore il diritto di giudicare l’operato del delegato rispetto alle richieste formulate dalla base. 
Non è un caso allora se gli Stati Maggiori della Difesa - che tanto peso hanno avuto nella formulazione della legge che concepì la rappresentanza militare - vollero sin da subito anestetizzare l’unica garanzia riconosciuta al delegato (il divieto di trasferimento) attraverso una rielaborazione restrittiva della norma primaria avvenuta già  con il regolamento di attuazione. E non è un caso, se sin da subito, fu violato il diritto dell’elettorato di giudicare il risultato ottenuto dai propri eletti al termine del mandato attraverso la negazione aprioristica della possibilità  di rinnovare il mandato elettorale.
 
Fu evitato in questo modo che il giudizio “di popolo”, potesse dare sostanza alla rappresentanza militare.
 
La proroga ed il divieto di rieleggibilità  fungono, infatti, come una leva, che trasferisce il potere “di vita o di morte” del delegato, dall’elettore alla sua controparte: gli Stati maggiori ed il Governo.
 
E’ dunque questo il punto su cui bisogna porre l’attenzione. In attesa che una classe politica illuminata - lontana dal feroce lobbysmo che l’ha particolarmente distinta in questi ultimi anni - possa dare piena legittimità  agli interessi professionali dei lavoratori in divisa, riconoscendo ad essi, oltre ai principi appena espressi anche quello della libera iniziativa, che si sostanzia in organismi esterni (libere associazioni, associazioni professionali di categoria e sindacati) dal contesto ordinamentale delle Amministrazioni.
 
Nel frattempo, però, bisogna dare piena attuazione al principio di rappresentanza, attraverso il divieto esplicito (c’è purtroppo l’esigenza di esplicitare il principio in una norma scritta) di prorogare i mandati elettivi ed attraverso il riconoscimento della piena rieleggibilità  dei candidati, che possa prevedere, anche come momento di transizione, dei limiti solo negli organismi di vertice, ma che al contempo riconosca la necessità  di non disperdere, nell’interesse generale, le esperienze già  maturate all’interno della rappresentanza. Sarà  poi l’elettore a decidere se quelle esperienze sono meritevoli - oppure no - di essere rinnovate nel successivo mandato.
 
La nostra proposta concreta, è di promuovere una celere miniriforma che punti, già  dopo l’approvazione, ad andare a nuove elezioni senza attendere il termine stabilito dall’ultima proroga e che preveda, nell’interesse generale, i seguenti capisaldi:
 
1)   professionalizzazione della rappresentanza, attraverso la piena rieleggibilità  negli Organismi di base ed intermedi e massimo per due/tre mandati consecutivi nel Consiglio centrale;
2)   riduzione del mandato a tre anni, in modo da renderlo organico alla durata del contratto di lavoro che, oramai, ha durata triennale;
3)   adozione di un sistema elettorale analogo a quello contenuto nell'articolo 87 della legge 121/81 che risponda ai principi di elezione democratiche (elezioni libere, competitive, ricorrenti e corrette).
4)   istituzione di un sistema di sfiducia che, con meccanismi di equilibrio e garanzia, consenta di sfiduciare interi consigli o singoli delegati;
 
Siamo convinti che il compito dei delegati in carica, delle associazioni e dei comitati sia quello di dire no alla proroga degli organismi di rappresentanza, ma anche quello, più edificante, di valorizzare le proteste, convogliandone l’alto potenziale su azioni tese a risolvere concretamente il vuoto di rappresentatività .
  
Riteniamo che ciò debba essere fatto, formalizzando chiaramente le richieste del “movimento” in atti compiuti. Non ci possiamo più permettere che la rabbia del personale sia usata restando fine a se stessa. Formalizzare nell’appello gli obbiettivi che il Comitato si prefigge è un atto di trasparenza e di chiarezza verso i firmatari e verso tutto il personale su cui si riversano le scelte fatte da chi ha la titolarità  di rappresentanza.
 
E’ questo il motivo che sinora ci ha impedito di partecipare all’iniziativa del Comitato art. 52, che abbiamo contribuito a far nascere quali convinti assertori di un’esigenza di cambiamento che è oramai irrimandabile.
 
Attendiamo una seria e responsabile presa di coscienza che possa vederci tutti uniti nell’interesse comune.
 
 
DANIELE TISCI
ELISEO TAVERNA
Delegati Cocer Guardia di Finanza

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