NOTAZIONI A MARGINE DELL'INTERROGAZIONE DELL'ON. DI PIETRO SUL SIGNORAGGIO E RISCHI DI UN'EUROPA DOMINATA DAI BANCHIERI E ORFANA DELLA POLITICA - di Gaetano Insinna

mercoledì 08 giugno 2011

Quale futuro ci riserva l’europeismo dei banchieri?

 Leggendo vari articoli sul tema emerge inequivocabilmente che non si può più aumentare il debito pubblico. Il nostro debito pubblico è ormai vicino ai duemila miliardi e per procedere all’annullamento del deficit in tre anni bisognerà  trovare immediatamente 40 miliardi.

 Indipendentemente dai rimedi reali o virtuali che il ministro riterrà  di dover adottare per evitare il default, mi preme sottolineare che dobbiamo vigorosamente opporci a qualunque ulteriore prolungamento del blocco stipendiale triennale per rispettare gli obblighi derivanti dall'adesione dell'Italia al Trattato di Maastricht. Abbiamo già  dato abbastanza.

 Traendo spunto dalle riflessioni di un collega che incita tutti Noi ad avere il coraggio di dichiarare apertamente che: “il debito pubblico (oggi pari a 1900 mld di euro per un rata annuale di 70 mld di euro da corrispondere a banchieri e, in minoranza, di altri vari detentori di BOT) altro non è che una tremenda truffa ai danni del popolo privato, ormai da tempo remoto, della propria sovranità  monetaria”, mi permetto di fare anch’io una riflessione sul tema.

 Secondo l'agenzia di rating Standard&Poors l'indebitamento dello Stato italiano, pari al 120% del Pil, è “preoccupante”, soprattutto se si considera che la Grecia, l’Irlanda ed il Portogallo hanno chiesto aiuto all’Europa con percentuali inferiori.

 Prima di riportare integralmente l’interrogazione dell’Onorevole Di Pietro al Ministro dell’Economia e delle Finanze, voglio affermare che nella storia degli stati è sempre arrivata prima l’unità  politica e poi quella monetaria. Questa ultima rappresenta il completamento del processo di unificazione conferendo al potere neo-costituito il “diritto” sovrano di emettere il contante.

 Nell’Europa disunita la pluralità  delle valute, non solo a causa dei disagi noti a tutti coloro che attraversando le diverse frontiere erano continuamente costretti ad effettuare operazioni di “echange” e di “wechsel”, creava problemi soprattutto a quegli operatori che, commerciando col continente, erano quotidianamente coinvolti nelle incertezze dei valori di scambio delle singole divise nazionali.

 Questi ed altri inconvenienti hanno portato i teorici e gli operatori a proporre nell’ambito comunitario l’adozione di una stessa moneta.

 Maastricht non ha solo contribuito a dividere l’Europa ma rischia di frustrare qualsiasi intenzione unificatrice lasciando fuori dalla porta molti europei. Ci sta, infatti, proponendo un nord Europa prospero e selettivo ed un sud Europa destinato ad affondare nelle complicazioni di una nuova e sempre più allargata meridionalità .

 Con l’adesione diacronica alla moneta comune sono state gettate le fondamenta di due aree separate da un trauma economico, inasprite da un costante litigio politico e destinate per l’avvenire ad essere avversarie l’una dell’altra. Trasformando l’idea unificatrice in un groviglio di parametri, in un sistema di tabù produttivi (quote latte) e in un codice di tributi e di penalità  (le multe CEE) ha finito col fare dell’Europa un progetto irritante destinato all’avversione del comune cittadino europeo.

 Maastricht, se ha un fondamento il nostro discorso, è destinata a far slittare con volontaria e/o involontaria gradualità , col tiro alla fune dei contrapposti interessi, il progetto unitario verso una eutanasica fine. La “patria europea” che ci vuole elargire si profila costituita da alcune pingui corporazioni di mangiatori di baccalà  che, unitamente agli squali della Bundesbank, tendono ad avere in mano tutte le carte necessarie per aspirare al controllo economico del continente.

 Con il pretesto di unirci monetariamente qualcuno ha voluto e vuole creare una spaccatura incolmabile capace di indurci a rinunciare all’unità  politica.

 A parte le suddette considerazioni, questa Europa fondata sul dictat dei banchieri, che comincia dalla moneta, mi spaventa poichà© contiene in sà© il germe delle lacerazioni destinate ad emergere quando l’inadempimento dei più deboli (vedi la Grecia oggi e gli altri domani) determinerà  l’affronto della esclusione e l’inimicizia del contratto irrimediabilmente infranto.

 Finchà© cercheremo di fondare la nostra unità  sui calcoli dei ragionieri, i conti non torneranno e la vera Europa non si farà . L’aritmetica addiziona i propri addendi con la precisione che esclude i miracoli. Questa ultima non potrà  mai moltiplicare nà© i pani nà© i pesci. Solo la fede dei popoli può creare questo miracolo.

 Per far agire questa fede dobbiamo togliere di torno gli affaristi e tutti coloro che, come gli gnomi di Maastricht, ostacolano il nostro cammino. Gli economisti devono avere nella nostra battaglia il posto che in ogni esercito compete alle salmerie. Spetta ai politici la creazione delle condizioni necessarie e sufficienti per garantire a tutti i cittadini europei paritetici diritti e tutele sottraendoli, così, dai corporativismi famelici.

 Sul piano delle tutele però la politica continua ad essere cieca, muta e sorda, accorciando col Milleproroghe i tempi di prescrizione, sta cercando di salvare ancora una volta le banche dalle cause legali intentate dai cittadini contro l’anatocismo.

 L’anatocismo perpetrato dalle banche ai danni dei clienti consiste nella registrazione trimestrale degli interessi passivi ed annuale per quelli attivi. A fronte di tale operazione gli interessi passivi si accumulano e sono più “pesanti” a fine anno.

 Politica ed economia si intrecciano tra loro e sono in un certo senso inscindibili. L’economia da sola però rientra nella competenza degli economisti e dei tecnici ma non può surrogarsi nà© alla politica nà© ai metodi della politica. E’ l’aspetto politico che deve avere, perciò, precedenza assoluta su quello economico, senza essere asservita ai desiderata dei banchieri e dei poteri forti.

 La responsabilità  politica sulla crisi che ci sovrasta è dovuta sostanzialmente alle falsificazioni dei bilanci dei governi, ai mancati controlli della Bce, all’eccessivo indebitamento delle banche private sui mutui spazzatura ed ai mancati controlli degli istituti di vigilanza. Il salatissimo conto, stante l’impunità  dei suddetti “fenomeni da baraccone”, sarà  sostanzialmente pagato dai noi cittadini. Lo slogan è sempre lo stesso: “Tanto paga Pantalone”.

 Se, come affermato dalla Corte dei Conti, "è impraticabile qualsiasi riduzione della pressione fiscale” e se, come affermato da Tremonti, “non si devono opprimere le imprese, i professionisti, i commercianti e gli artigiani, perchà© non cominciamo a verificare i banchieri, gli assicuratori ed i petrolieri?

 GAETANO INSINNA

 

 

INTERROGAZIONE DI PIETRO.

 

Al Ministro dell’Economia e delle Finanze. Per sapere. Premesso che:

 

l’emissione della moneta è obbligatoriamente collegata alla generazione del signoraggio che è rappresentato dal guadagno e dal potere in mano al soggetto predisposto alla creazione della moneta. Il signoraggio, dunque, è l'insieme dei redditi derivanti dall'emissione di moneta. Il premio Nobel Paul R. Krugman, nel testo di economia internazionale scritto con Maurice Obstfeld, lo definisce come il flusso di “risorse reali che un governo guadagna quando stampa moneta che spende in beni e servizi”;

 

storicamente, il signoraggio era il termine col quale si indicava il compenso richiesto dagli antichi sovrani per garantire, attraverso la propria effigie impressa sulla moneta, la purezza e il peso dell’oro e dell’argento;

 

oggi, invece, alcuni studiosi di economia imputano al moderno signoraggio una dimensione che va ben al di là  di una semplice tassa, in quanto il reddito monetario di una banca di emissione è dato solo apparentemente dalla differenza tra la somma degli interessi percepiti sulla cartamoneta emessa e prestata allo Stato e alle banche minori e il costo infinitesimale di carta, inchiostro e stampa sostenuto per produrre denaro. Apparentemente, in quanto, de facto, il signoraggio moderno è eclissato nella contabilità  dall'azione illecita della banca emittente che pone al passivo il valore nominale della banconota. In buona sostanza, la Banca dichiara di sostenere per la produzione della carta moneta un costo pari al suo valore facciale (euro 100 per una banconota del taglio di 100 euro);

 

le Banche Centrali sono le istituzioni che raccolgono sia la ricchezza, sia il profitto da signoraggio che dovrebbero essere trasferiti, una volta coperti i costi di coniatura, alla collettività  rappresentata nello Stato;

 

tale signoraggio è il cosiddetto signoraggio primario poichà© deriva dall’abilità  che possiede la Banca Centrale di emettere moneta stampandola e immettendola nel mercato. Si tratta del signoraggio che sta a monte di tutto il sistema monetario, poichà© si colloca nel momento di emissione della moneta;

 

questo processo non è però l’unico che permette l’aumento della massa monetaria in circolazione nel circuito economico. Esiste, infatti, un secondo meccanismo attraverso il quale cresce la base monetaria in circolazione, il cosiddetto signoraggio secondario o credit creation;

 

il signoraggio secondario è il guadagno che le banche commerciali ricavano dal loro potere di aumentare l’offerta di moneta estendendo i loro prestiti sui quali ricevono interessi e, negli ultimi decenni, con l’introduzione di nuovi strumenti finanziari quali, ad esempio, i derivati;

 

con riferimento al sistema monetario attuale, da anni si discute sia in ambito accademico sia in ambito sociale sulle incongruenze relative alla proprietà  del valore della moneta al momento della sua emissione: un valore che, in buona sostanza, non verrebbe riconosciuto in capo al suo creatore, ovvero la collettività , il popolo, ma che piuttosto le verrebbe sottratto;

 

considerato che:

 

principio fermo di ogni democrazia è che la “sovranità ” appartiene al Popolo e la nostra Carta Costituzionale sancisce chiaramente questo principio all’articolo 1;

 

ne consegue che derivazione diretta di tale sovranità  è anche la sovranità  monetaria, che determina il potere di chi detiene il controllo della moneta e del credito;

 

essendo il popolo a produrre, consumare e lavorare, la moneta, sin dal momento in cui viene emessa da una qualsiasi Banca Centrale dovrebbe, in linea di principio, come affermato da molti studiosi, diventare proprietà  di tutti i cittadini che costituiscono lo Stato, il quale però non detiene il potere di emettere moneta;

 

la distorsione alla base della sovranità  monetaria è stata oggetto di uno studio da parte del Procuratore Generale della Repubblica Bruno Tarquini che sul punto ha scritto il libro “La banca , la moneta e l’usura”, edizione Controcorrente, Napoli, 2001. Secondo il procuratore Generale Bruno Tarquini, lo Stato avrebbe avuto i mezzi tecnici per esercitare in concreto il potere di emettere moneta e per riappropriarsi di quella sovranità  monetaria che avrebbe permesso di svolgere una politica socio - economica non limitata da influenze esterne, ma soprattutto liberandosi di ogni indebitamento;

 

anche il Professor Giacinto Auriti, docente fondatore della Facoltà  di Giurisprudenza di Teramo, ha compiuto numerosi studi sulla sovranità  monetaria e sul fenomeno del signoraggio;

 

in particolare, il Professor Giacinto Auriti ha sostenuto che l'emissione di moneta senza riserve e titoli di stato a garanzia per la realizzazione di opere pubbliche non creerebbe inflazione in quanto corrisposto da un eguale aumento della ricchezza reale, e che le banche centrali ricaverebbero profitti indebiti dal signoraggio sulla cartamoneta, dando origine in tal modo al debito pubblico;

 

altra denuncia compiuta dal Professor Giacinto Auriti è quella relativa alla totale assenza al livello giuridico di una norma che stabilisca in maniera univoca di chi sia la proprietà  dell’euro all’atto della sua emissione. Per tali ragioni, ad avviso del Professor Auriti, risulterebbe impossibile individuare chi sia creditore e chi debitore nella fase della circolazione della moneta e i popoli europei non sapranno mai se siano “creditori” (in quanto proprietari) o “debitori” (in quanto non proprietari) per un valore pari a tutto l’euro che viene messo in circolazione:

 

se alla luce di quanto descritto dalla presente interrogazione il Governo non intenda intervenire, anche nelle competenti sedi europee, per verificare la compatibilità  delle teorie elaborate dal Procuratore Generale della Repubblica Bruno Tarquini e dal Professor Giacinto Auriti con il Trattato di Maastricht e il principio costituzionale della sovranità  monetaria, anche al fine di chiarire quale sia la proprietà  dell’euro al momento della sua emissione, la natura giuridica della moneta emessa dalla banche commerciali e, infine, la reale efficacia degli strumenti di controllo a disposizione della Banca Centrale sulla massa monetaria messa in circolazione dalle banche commerciali.

 

 


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