DOPO I COMANDANTI GENERALI DALL'INTERNO, VANNO RAFFORZATI I SISTEMI IMMUNITARI DI FINANZA E CARABINIERI: NESSUN INCARICO IN ENTI PUBBLICI MAGISTRATURE E AZIENDE PRIVATE AI GENERALI DI CORPO D'ARMATA PER ALMENO DUE ANNI DALLA PENSIONE - di Giuseppe Fortuna

martedì 28 giugno 2011

DOPO I COMANDANTI GENERALI DALL’INTERNO VANNO RAFFORZATI I SISTEMI IMMUNITARI DI FINANZA E CARABINIERI: NESSUN INCARICO IN ENTI PUBBLICI MAGISTRATURE E AZIENDE PRIVATE AI GENERALI DI CORPO D’ARMATA PER ALMENO DUE ANNI DALLA PENSIONE – di Giuseppe Fortuna

In un interessante studio dello scorso anno, l’Appuntato della Guardia di Finanza Francesco Santoro ha ricordato come negli anni sessanta del secolo scorso si sia animato negli Stati Uniti un dibattito relativo al controllo democratico dei vertici militari. Nonostante in quel paese generali e ammiragli non avessero mai fornito occasioni per dubitare della loro correttezza, intellettuali del rango del sociologo Charles Wright Mills e dell’economista John Kennet Galbraith richiamarono l’attenzione sui pericoli derivanti dall’eccessiva concentrazione di potere in ambienti politici, industriali e militari, così come dalla convergenza di interessi tra industria e difesa nel cosidetto “complesso militare-industriale”.


La vicenda della cosidetta “P4”, approdata da ultimo alla ribalta giudiziaria, come anche altre notizie rimbalzate negli ultimi anni sui media nazionali e locali, stanno dando la misura di quanto sia necessario affrontare anche da noi questo delicatissimo tema, specialmente se si considera che in Italia a importanti organizzazioni militari, come Guardia di Finanza e Carabinieri, l’ordinamento attribuisce fondamentali funzioni di polizia giudiziaria, polizia di sicurezza e polizia economico-finanziaria.

A noi ovviamente non interessano, in questa sede, i fatti penali di cui si discute. Abbiamo fiducia nella giustizia, auspichiamo sia fatta completa luce su quanto avvenuto e ci auguriamo che i finanzieri, di ogni grado, coinvolti nell’inchiesta possano dimostrare la liceità , oltre che la completa correttezza dei rispettivi comportamenti.

Veniamo invece alle riflessioni di sistema che ci competono, anche considerando che le Fiamme Gialle sono state oggetto, a partire dal 2001, di importantissime innovazioni che ne hanno completamente revisionato compiti, funzioni e struttura e che, nel 2010, hanno visto per la prima volta la nomina di un comandante generale proveniente dai ranghi interni invece che dai generali di corpo d’armata dell’Esercito, come avvenuto qualche anno fa anche per i cugini della Benemerita.

Che valutazioni dare di tali innovazioni? Quali opportunità  si sono aperte e quali rischi, se ce ne sono, sta correndo il Corpo?

Partiamo dalle principali notazioni positive. La prima è che il livello di cultura e di professionalità  degli uomini e delle donne della Guardia di finanza si è alzato, in questi ultimi venti anni, in misura davvero elevata, tanto che oggi gli ambìti istituti di formazione del Corpo licenziano ispettori con la laurea breve e ufficiali con quella specialistica. La seconda, come si legge ogni giorno sui giornali, è che quando l’autorità  giudiziaria deve svolgere indagini economiche e patrimoniali complesse deve necessariamente ricorrere alla Guardia di finanza. La terza notazione è che poichà© il Corpo, come abbiamo spiegato in altre occasioni, a nostro avviso è sotto e male impiegato dall’autorità  politica nella prevenzione e nel contrasto all’evasione, l’istituzione, da una parte, ha fortemente e opportunamente rafforzato le capacità  di intelligence (cioè di contatto e ricerca informazioni) a livello sia nazionale che internazionale e, dall’altra, si è messa a disposizione e viene impiegata con crescente intensità  da regioni, enti locali e autorità  indipendenti, fornendo a tali nuovi protagonisti della dialettica sociale un supporto operativo e professionale che è diventato per loro insostituibile.

Questo per sottolineare quanto sia importante non disperdere e non indebolire un patrimonio prezioso del nostro paese com’è certamente la Guardia di Finanza.

La principale novità  negativa, invece, secondo noi, è rappresentata dal fatto che la carriera degli ufficiali dipende, oggi, dalla capacità  di entrare in contatto e ricevere appoggi e consenso negli ambienti di potere, politici e industriali, esterni che possono influire su incarichi e posizioni dopo l’uscita dal Corpo. Insomma, il problema approfondito da Mills e Galbraith nell’America degli anni sessanta.

Fino a dieci anni fa, infatti, al termine della carriera, un generale della Guardia di finanza poteva aspirare al massimo al prestigio dell’incarico di presidente dell’Associazione degli ex appartenenti: l’Associazione nazionale Finanzieri d’Italia (ANFI) o, se aveva voglia e forze per ricominciare praticamente daccapo, metteva su uno studio da avvocato o da commercialista.

Oggi è cambiato molto e chi è riuscito a farsi apprezzare all’esterno ed è riuscito a stabilire buoni rapporti con gli ambienti che contano riesce ad avere presidenze, vicepresidenze, consulenze e contratti anche da centinaia di migliaia di euro in aziende pubbliche e private, oppure a essere nominato consigliere di Stato o della Corte dei Conti. Insomma, prospettive interessanti, che noi crediamo però – ed è questo il punto–potrebbero costituire almeno un potenziale rischio per l’indipendenza e la terzietà  dell’istituzione di appartenenza.

Si dirà  che in passato nella stessa situazione si trovavano i comandanti generali provenienti dall’Esercito. Vero. Ma facciamo un caso limite: quale favore avrebbero potuto chiedere politici o industriali, a un generale dell’Esercito in cambio della nomina a numero 1 della Gdf? Al massimo, di cercare di avere un occhio di riguardo per gli affari del potentato di appartenenza o qualche altro favore di piccolo cabotaggio, come, chessò, lo spostamento di un istituto di istruzione. Ma in questa ipotesi di scuola, il generale dal quale ci si aspettava “riconoscenza” avrebbe comunque dovuto superare la diga dei generali (allora di divisione) della Guardia di finanza riuniti nel supremo organo consultivo del Corpo: il “Consiglio Superiore”. Consiglio i cui componenti, potrebbero oggi quanto meno essere (legittimamente) interessati a ricoprire la massima carica interna.

Ecco perchà©, a nostro avviso, l’attuale fioritura di incarichi d’ogni sorta e natura per Carabinieri e Finanzieri di massimo grado, specialmente ora che i comandanti generali provengono dai ranghi interni, deve cessare al più presto, perchà© indebolisce i sistemi immunitari del Corpo e dell’Arma.

Pensiamo a norme di legge e deontologiche che prevedano un rigido sistema di incompatibilità  e chi è stato al vertice massimo di organizzazioni militari o di polizia non dovrebbe, per almeno due anni dopo il collocamento in congedo, rivestire incarichi di qualunque natura, neppure a titolo gratuito, in enti pubblici o in aziende come quelle del grupo Fimeccanica, nà© diventare giudice amministrativo o contabile. Magari i generali di corpo d’armata vadano in pensione un po’ più tardi, ma quando arriva il giorno fatidico si dedichino finalmente ai nipotini. Per il bene del paese.

 

GIUSEPPE FORTUNA
Vicepresidente dell'Associazione
Finanzieri Cittadini e Solidarietà - Ficiesse
Presidente del Comitato Articolo 52
- Militari tra la Gente
giuseppefortuna@hotmail.com
+393402813453

 

 


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